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Rendere visibile l’impatto del lavoro sulla salute, portando alla luce le reali dimensioni del vasto fenomeno delle malattie professionali. È questo l’obiettivo dell’European Trade Union Institute (Etui), il centro di ricerca della confederazione dei sindacati europei, che di recente ha organizzato a Bruxelles un seminario, assieme all’associazione belga Sante e Solidaritè, cui hanno partecipato numerosi sindacalisti e ricercatori (provenienti principalmente da Belgio, Francia, Olanda, Spagna e Italia), cha ha visto la presentazione di sette progetti di ricerca orientati appunto all’emersione delle patologie derivanti dal lavoro.
Un’emersione ancora difficile, ha evidenziato il direttore del Dipartimento Salute e sicurezza dell’Etui Laurent Vogel, rimarcando come le cifre ufficiali delle malattie professionali rappresentino solo la punta dell’iceberg del fenomeno. I dispositivi esistenti, ha spiegato, non prendono infatti in considerazione le condizioni reali del lavoro, la dimensione di genere, oppure i lavoratori andati in pensione o quelli esclusi dal lavoro a causa dello stato di salute. Vogel ha dunque auspicato una maggiore collaborazione tra ricercatori e lavoratori, sottolineando come le conoscenze di quest’ultimi siano troppo spesso ignorate, con la conseguenza di avere un quadro delle condizioni di lavoro spesso assai diverso dalla realtà.
Tra i sette progetti di ricerca era presente la vasta indagine sulle malattie professionali condotta dall’Inca Cgil, a partire dal 2008, in collaborazione con il Dipartimento Salute e sicurezza della Cgil nazionale e delle diverse categorie sindacali (ha infatti riguardato numerosi settori: calzature, edilizia, pesca, automobile, grane distribuzione, trasporti, sanità). L’indagine ha avuto un triplice obiettivo: valutare lo stato di salute dei lavoratori ed evidenziare le patologie correlate; realizzare una prevenzione più coerente in modo da trasformare le condizioni della produzione; inserire patologie o settori di attività nelle tabelle di legge. La ricerca si è avvalsa di un questionario auto-somministrato: per facilitare la raccolta dei dati è stato utilizzato uno schema corporeo, costruito sul modello dello “Standardized Nordic questionnaire for analysis of muscoloskeletal symptoms”, nel quale il lavoratore doveva indicare le zone del proprio corpo dolorose al termine di un turno di lavoro o sede di problemi di salute che perdurano da più di un anno.
Sono stati presentati, in particolare, i risultati di tre diverse indagini: la prima condotta in uno stabilimento di macellazione e preparazione di pollame, la seconda fra gli addetti alla pesca (che ha coinvolto il 7 per cento dei lavoratori dell’universo indagato), la terza tra i conducenti di mezzi pesanti. I risultati sono stati lusinghieri: nel primo caso si sono ottenute oltre 100 domande di riconoscimento di malattia professionale e si sono realizzati interventi sia di tipo ergonomico sia di tipo organizzativo (tempi e orari di lavoro); nel secondo caso, centrato sulla marineria di Taranto, lo studio ha portato a denunciare 144 malattie professionali, di cui 47 già riconosciute; l’indagine sui trasporti, infine, ha portato nel novembre scorso all’inserimento dell’ernia discale fra le malattie di probabile origine professionale per i conducenti di mezzi pesanti.
Molto interessanti sono anche le altre ricerche. Da segnalare, anzitutto, è lo studio sui tumori professionali dei portuali di Nantes-Saint Nazaire (che registra un traffico annuo di oltre 26 milioni di tonnellate), realizzato dagli stessi lavoratori. La ricerca, condotta fra coloro in attività dal 1992, ha evidenziato un eccesso di tumori al polmone, alla prostata e al rene (sette decessi su dieci sono stati dovuti a una forma tumorale, e più di un terzo dei malati lo era per una neoplasia). Questi dati sono stati poi approfonditi da un gruppo di esperti, che ha rilevato la poliesposizione ai cancerogeni (almeno quattro a persona) dei lavoratori, derivanti da cereali trattati con pesticidi, legni tropicali impregnati di fungicida, frutta e legumi trattati con conservanti, esposizione a concimi sia sciolti sia in sacchi (fosfati, nitrati, solfato di ferro).
Le altre ricerche, infine. In Belgio, un’inchiesta fra i lavoratori di pulizie, grande distribuzione e manutenzione industriale della regione di Charleroi ha mostrato un rischio significativo per le patologie del sistema mano-braccio, tanto da portare al riconoscimento di settori a rischio per quanto riguardo i movimenti ripetitivi a carico degli arti superiori. In Olanda, paese sprovvisto di un sistema di riconoscimento delle malattie professionali, la confederazione sindacale Fnv ha creato un servizio di sostegno per le vittime di malattie legate al lavoro allo scopo di ottenere il risarcimento in sede giudiziaria. Nella Comunità autonoma delle Asturie, al nord della Spagna, il sindacato delle Commissioni Obreras ha identificato 680 possibile casi di tumori di origine professionale: il 5,6 per cento di questi è stato riconosciuto a titolo di malattia professionale, mentre l’11,7 a titolo di patologia legata al lavoro.
* Coordinatore medico-legale Inca Cgil nazionale