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Le trattative per i rinnovi contrattuali sono avviate, lo stanziamento nella legge di Stabilità 2018 (in attesa del varo definitivo) c’è, l’accordo del 30 novembre tra governo e sindacati indica una direzione. Insomma, ci siamo?
Il Governo ha mantenuto tutti gli impegni assunti, sia quelli economici che quelli di riforma normativa. Siamo giunti alla conclusione di un percorso iniziato sin dall’insediamento del Governo Renzi: dall’accordo sui comparti di contrattazione, alle risorse economiche progressivamente stanziate nelle precedenti leggi di Bilancio. Con quella attualmente in discussione alle Camere abbiamo stanziato le ultime risorse necessarie e assicurato la salvaguardia degli 80 euro. A questo punto le condizioni ci sono tutte: ora spetta alle parti – sindacati e Aran – lavorare a oltranza per arrivare quanto prima alla sottoscrizione del contratto. L’accordo del 30 novembre 2016 ha rappresentato indubbiamente una tappa fondamentale: non solo la base sui cui costruire il nuovo contratto di lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici, ma anche l’apertura di una fase nuova che supera la stagione della retorica dei ‘fannulloni’ – al contempo, però, assicurando sanzioni per chi sbaglia, come nel caso delle truffe sulla presenza in servizio – e si preoccupa in primo luogo dei cittadini, mettendo le amministrazioni nelle condizioni di assicurare tempi e regole certe, migliore qualità dei servizi e trasparenza.
La contrattazione torna ad essere centrale superando le rigidità imposte dalla legge Brunetta. Marianna Madia, ministro per la Semplificazione e la pubblica amministrazione, è arrivato finalmente il tempo di ridare alle lavoratrici e ai lavoratori pubblici un ruolo da protagonisti?
La scelta di Brunetta e del Governo Berlusconi fu quella di limitare quasi totalmente le relazioni sindacali. Ma questa linea si è rivelata sbagliata: non credo si possa affermare che i cittadini abbiano misurato miglioramenti significativi nella qualità dei servizi o nei tempi di risposta. Noi riteniamo che per il buon funzionamento dell’amministrazione le forme di confronto debbano essere di più e maggiormente flessibili. Occorre considerare che su alcune materie è necessaria la contrattazione, su altre è importante il confronto e altre ancora non possono che essere rimesse all’autonomia dell’amministrazione. L’importante – e lo sottolineo – è evitare ambiguità che creino le condizioni per applicazioni distorte e stalli all’azione dell’amministrazione. Il nuovo sistema di relazioni sindacali si basa su un principio semplice: la legge si occupa di fissare regole generali, mentre il contratto, che è strumento più flessibile, deve disciplinare il rapporto di lavoro all’interno del perimetro fissato dalla legge.
Il sindacato lancia una sfida: fare di questo contratto uno strumento per innovare la Pa, valorizzando le lavoratrici e i lavoratori e investendo sulla partecipazione, e nel contempo offrire servizi migliori ai cittadini. Il Governo è pronto ad accettarla?
In primo luogo è il Governo ad aver lanciato questa sfida al sindacato. Sin dall’inizio del mio mandato ho chiesto di mettere da parte le ritualità e di concentrarci reciprocamente nel proporre soluzioni concrete ai problemi dei lavoratori e dei cittadini. In questi anni abbiamo già fatto cose importanti insieme: la riduzione dei comparti di contrattazione; il confronto costruttivo sul superamento del precariato storico; l’accordo su permessi e distacchi sindacali e certamente la firma del 30 novembre. L’innovazione di rilievo di quell’intesa, oltre alla definizione della parte economica, sta nel fatto che Governo e sindacati assumono reciproci impegni su terreni come l’implementazione della riforma della Pa e l’investimento sulla produttività, anche attraverso il contrasto a fenomeni distorsivi come l’assenteismo.
C’è un tema centrale, quello dell’età media nella Pa molto alta e della forte emorragia di personale nei prossimi anni. Il pubblico impiego ha bisogno di forze fresche che diano nuova linfa. Cosa può dirci sulla stabilizzazione dei precari e quali novità ci sono sullo sblocco del turn over?
Il superamento del precariato nella Pa è un tema che ho particolarmente a cuore. Durante gli anni della crisi economica il pubblico impiego ha pagato non solo sul fronte del blocco della contrattazione ma anche su quello del reclutamento. Al blocco del turn over è conseguito un utilizzo improprio del lavoro flessibile. Si è generato un danno ingiusto a migliaia di lavoratori utilizzati in modo illegittimo. Ritengo che il nostro sia stato un intervento di giustizia ma anche di ragionevolezza finanziaria: abbiamo consentito di convertire la spesa sostenuta per contratti precari in spesa sostenibile per contratti stabili. Le amministrazioni non spendono di più, spendono meglio, riconoscendo al contempo i diritti dei lavoratori. In generale sul fronte del reclutamento abbiamo agito in due direzioni: da un lato abbiamo innalzato progressivamente il turn over dei Comuni, il livello istituzionale che più ha sofferto la contrazione delle assunzioni; dall’altro abbiamo ridisegnato il binomio reclutamento-concorsi. Nei prossimi cinque anni si verificherà un picco di pensionamenti, circa 450 mila persone. Consapevoli di ciò abbiamo costruito le premesse per assicurare un ricambio funzionale ed efficace. L’adozione del modello dei fabbisogni consentirà alle amministrazioni di assumere le professionalità davvero indispensabili a erogare servizi; nello stesso tempo, alcune innovazioni necessarie al modo di svolgere i concorsi permetteranno di effettuare selezioni migliori e più efficaci. Per questo nei prossimi mesi faremo due cose importanti: le linee guida per la redazione del piano triennale dei fabbisogni e quelle sui concorsi. In questo modo chiudiamo un cerchio consegnando alle amministrazioni gli strumenti idonei a gestire un ricambio efficace e razionale.