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L'Unitá chiude ed é come se si spegnesse, nel bene e nel male, una voce importante del mondo del lavoro. Basta scorrere le sue colonne, lungo 90 anni di vita, per trovare la viva testimonianza di quella voce sempre a sostegno delle lotte del lavoro. Era il motivo fondante della sua esistenza.
A fianco del movimento sindacale, anche quando interloquiva, raccogliendo posizioni critiche. Certo magari attenta più alle scelte della Cgil che a quelle di altre organizzazioni. Come non ricordare il sostegno dato alle prime lotte del 900 fino alla stagione dei Consigli? Tentando, magari talvolta senza riuscirvi, di rispettare il monito di quella testata (unitá) anche in vicende drammatiche come quelle derivanti, anni dopo, dallo scontro attorno alla scala mobile. Spesso gli editorialisti dell'Unitá sono stati, via via, Di Vittorio, Novella, Lama, Pizzinato, Trentin, Cofferati, Epifani,Camusso. Senza mancare l'ospitalità data a scritti e interviste di dirigenti come Carniti, Benvenuto, fino a Bonanni, Larizza, Angeletti.
Ora questa voce, con tutti i suoi difetti, le sue lacune, le sue difficoltà a rappresentare davvero angosce e speranze di un mondo frammentato e diviso, la si votrebbe tacitare. Ed é un modo per indebolire l'intero mondo del lavoro, non solo le 80 persone di quella redazione. É vero che qualcuno va dicendo che si determina un deserto per far vita se non a un giardino, almeno a un orto. E qui sembra prender corpo l'idea di un modello che potrebbe entusiasmare pigre fasce imprenditoriali e dovrebbe preoccupare molto tutti i sindacati. L'idea sarebbe quella, abbattuti tutti gli organici, dispersi gli attuali redattori, di dar vita a una ristretta cerchia di professionisti fedeli, con a disposizione una corte di precari sotto prezzo, nonché una cerchia di collaboratori pressoché gratuiti. Sarebbe un colpo di scena grandioso, un modello da copiare e diffondere.
Altro che il modello Marchionne! Sarebbe la scelta di una via a imprese non vincenti per prodotti di qualità, attraverso investimenti e innovazioni, ma affidata solo ai risparmi sulla manodopera. Il rigore tradotto in pillole. Per ottenere così un riguardoso bollettino di partito e non un possibile grande giornale di una sinistra plurale. Perché la sinistra é sempre stata plurale laddove non era dominata da dittature.
Spero di essere smentito. Colpisce però il fatto che si sia evitato accuratamente il confronto. Potevano dire a un collettivo di redattori che già aveva dato prove responsabili, sacrificando tempo e denaro (senza stipendi da mesi): siamo di fronte a una crisi fatta di debiti e copie calanti. Risolviamola insieme, tentiamo strade adeguate, chiediamo consigli, proposte, rischi finanziari.
Non lo hanno fatto. Sono ancora in tempo? Alludo a soci amministratori, a partiti di riferimento (e non solo il Pd), agli stessi sindacati. A tutti coloro che hanno a cuore la permanenza di quella voce, con tutti i cambiamenti auspicati e necessari. Oppure dicano chiaramente che quella testata, l'Unitá, è meglio lasciarla morire perché é solo un residuo novecentesco. Lo dicono già in tanti a destra, ma anche a sinistra. Sono però gli stessi che considerano un residuo da superare anche i diritti di tante persone che hanno un lavoro stabile ma traballante o infoltiscono le schiere dei precari. Accettare tutto questo significa accettare una sconfitta per la sinistra, Pd compreso, per il mondo del lavoro, per il mondo sindacale.