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Lamborghini, Sorin, Tim e Perugina: quattro aziende, quattro grandi gruppi industriali a confronto con l'innovazione: in alcuni casi sulla strada giusta, in altri con esuberi, tagli e risultati drammatici per le tutele dei lavoratori. Se ne è parlato oggi, al Teatro Dal Verme di Milano, nel panel dal titolo "Contrattare la condizione del lavoro nella digitalizzazione", nel corso della conferenza di programma della Cgil (qui lo speciale di Rassegna).
Giuseppe Amendola, delegato Lamborghini, ha illustrato la situazione della sua azienda. "Da noi il progetto 'sistema duale' è nato nel 2013 - ha detto -, dalla forte volontà del gruppo e grazie all'impegno dei lavoratori. Col finanziamento di 2,3 milioni di euro è partita la formazione duale: un percorso di due anni in cui i ragazzi passano in azienda circa mille ore, seguiti da due tutor. Alla fine la norma consentiva di assumere il 25 per cento dei giovani lavoratori, mentre gli altri sono riusciti comunque a trovare un impiego sul territorio. La formazione è essenziale nell'azienda in cui si svolge, dunque, ma anche per ottenere più facilmente un posto nel mondo del lavoro fuori".
Alessio Ghigliotti è delegato della Sorin. "Nella nostra azienda - ha esordito - abbiamo dovuto gestire le uscite volontarie. In una seconda fase, noi stessi abbiamo aiutato la proprietà a capire se i singoli addetti erano nel posto giusto, quello a loro più adatto. Ora facciamo formazione per digitalizzare le linee di produzione: siamo riusciti a eliminare la carta. Abbiamo formato le persone su alcuni temi che sembrano scontati ma non lo sono, per esempio la conoscenza della lingua inglese, essenziale per la digitalizzazione visto che l'informatica è tutta in inglese". Ogni cambiamento va comunque negoziato: per raggiungere risultati virtuosi l'elemento essenziale "resta sempre la contrattazione".
Così Guido Biagini, delegato della Tim: "Noi siamo un caso di scuola di cosa non si deve fare: lasciando tutto alla regolazione del mercato, negli ultimi vent'anni l'azienda è scivolata verso il baratro. Ha saltato una generazione, i dipendenti di oggi sono tutti maturi. Solo ora Tim si pone il problema di come digitalizzarsi. Attualmente c'è il terzo piano di riorganizzazione in tre anni, ma purtroppo noi non ci fidiamo più dell'interlocutore. L'ultimo piano sembra una mera operazione finanziaria: la nostra difficoltà al tavolo, quindi, non è solo governare l'innovazione ma anche cercare di garantire i diritti delle persone".
La situazione della Perugina è stata illustrata dal delegato Luca Turcheria: "Nestlé Perugina esce dai contratti di solidarietà con 210 esuberi. Poi investe 60 milioni di euro su Perugia, di cui 45 per esportare il brand nel mondo, insieme a 15 milioni per ridisegnare la fabbrica. Su questo c'è un accordo sindacale. Dopo oltre un anno - però - arriva l'annuncio che si chiude una fabbrica in Inghilterra e porta in Polonia per tagliare i costi. Il senso è questo: Nestlé guadagna meno delle aspettative, dice, quindi sceglie di tagliare l'asset del cioccolato. Da lì a poco hanno annunciato 360 esuberi strutturali". Turcheria ha concluso: "Oggi affrontiamo colossi industriali che dichiarano esuberi, anche se non sono in crisi: nel frattempo gli ammortizzatori sociali stanno per scadere, a permettere tutte queste dinamiche sono le leggi italiane che gradualmente hanno devastato il mercato".