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Il 7 aprile i lavoratori dei servizi pubblici si fermano in Lombardia per l’intera giornata. Una mobilitazione territoriale, la prima, indetta dai sindacati per chiedere il rinnovo dei contratti di lavoro – bloccati da sette anni – e ribadire una serie di questioni centrali che riguardano la qualità del lavoro e delle prestazioni offerte ai cittadini. Il concentramento è previsto per le 9.30 davanti alla stazione centrale di Milano, in piazza duca d'Aosta, da lì si articolerà poi il corteo che arriverà sotto alla sede degli uffici della Regione Lombardia dove sono previsti gli interventi.
“Insieme alle motivazioni generali – spiega Florindo Oliverio, segretario generale della Fp Cgil Lombardia nel suo intervento su RadioArticolo1 – ci sono quelle che riguardano la nostra realtà. Chiediamo alla Regione di attivare un tavolo di confronto sugli effetti della riforma del sistema socio-sanitario lombardo che è stata approvata lo scorso anno e che ha visto dal primo di gennaio 2016 la trasformazione delle vecchie aziende ospedaliere e delle Asl in nuove aziende territoriali della salute e aziende socio -anitarie territoriali. Una trasformazione che rischia di ridurre i servizi sul territorio e mortificare le professionalità acquisite dai lavoratori della sanità lombarda”.
“L'altro tema – ha aggiunto – riguarda l'entrata in vigore dal 25 novembre delle normative europee in materia di orario di lavoro. Stimiamo che occorre nei prossimi tre anni avviare una vertenza per aumentare gli organici della sanità lombarda. Per rispettare la normativa europea che prevede turni di riposo giornaliero di 11 ore tra un turno e l'altro, il non superamento delle 48 ore settimanali di lavoro effettivamente effettuato, comprensivo degli straordinari, e il rispetto dei 52 riposi settimanali su base annua, e mantenere gli stessi servizi, i direttori generali delle aziende pubbliche hanno specificato che occorrerebbe assumere 3.000 nuovi lavoratori. La Regione non ha intenzione di assumere e c’è il rischio di esternalizzazione e privatizzazione di alcuni servizi o, peggio, la soppressione di alcuni di essi”.
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La terza questione che abbiamo posto alla base di questa motivazioni, ha detto Oliverio, “riguarda gli assetti istituzionali. Non soltanto perché la legge Madia prevede la riduzione di molti degli uffici delle amministrazioni centrali sul territorio lombardo, ma anche perché di recente il presidente Maroni ha diramato un documento con il quale trasforma le attuali 12 province in 8 cantoni, mutuando dal modello elvetico la riorganizzazione del sistema delle autonomie in Lombardia. Tutto questo, ovviamente, produrrà dei contraccolpi sia negli assetti sia nei servizi verranno garantiti ai cittadini. Temiamo duri colpi ai livelli occupazionali e mobilità forzosa dei lavoratori pubblici della Lombardia”.
La Fp Cgil sta tenendo proprio in queste ore numerose assemblee nei posti di lavoro per spiegare le ragioni della mobilitazione. Ma sono state organizzate anche tante iniziative nelle città, con volantinaggi nei mercati e nei luoghi di aggregazione. “Il clima che si respira – ha attaccato il sindacalista – è quello di una forte arrabbiatura. Non solo per le risorse che mancano, ma anche per questo voler omologare, da parte del governo, tutto il lavoro pubblico ai casi deplorevoli portati agli onori della cronaca, come per esempio quello dei furbetti del cartellino di Sanremo”.
Facendo così ombra alla stragrande maggioranza di lavoratori pubblici che “invece in condizioni spesso difficilissime si mettono a disposizione dei cittadini per risolvere quei problemi che proprio il potere politico non cerca di risolvere. Questa campagna mediatica denigratoria nei confronti dei lavoratori pubblici ha raggiunto livelli di insopportabilità tali per cui il clima tra i lavoratori è veramente esasperato”. Per questo, ha concluso Oliverio, è importante “la mobilitazione a scacchiera decisa da Cgil, Cisl e Uil e che, iniziando dalla Lombardia, si concluderà con lo sciopero regionale del Lazio il prossimo 25 maggio. Non ci dovremo arrestare fino a che non si otterranno risultati concreti. Risultati che speriamo possano cominciare a vedersi già il prossimo 4 aprile, quando si dovrebbe definire l'accordo quadro per definire i nuovi comparti di contrattazione con l'Aran. Subito dopo bisognerà far partire le trattative vere e proprie per i rinnovi dei contratti collettivi nazionali di lavoro per i singoli settori e per i quali abbiamo chiesto incrementi retributivi di 150 euro mensili a regime e che però devono avere anche profondamente rinnovate le parti normative”.