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Stamattina il segretario generale della Camera del lavoro di Milano, Massimo Bonini, ha postato su Facebook gli screenshot degli insulti che sono stati pubblicati nella pagina della Cgil Milano dopo la partecipazione alla manifestazione di “Europa senza muri”, contro il vertice Salvini/Orban, e un suo commento con cui sostanzialmente dice “Basta, reagiamo”. Leggere uno dopo l’altro quegli attacchi che tracimano rabbia e violenza, spesso sconnessi, imprecisi, il che lascia presupporre che siano stati scritti d’impeto, di pancia, dovrebbe farci riflettere tutti. Dentro e fuori dalla Cgil.
La prima volta che è accaduto sulla pagina Facebook della Cgil nazionale abbiamo pensato a un attacco condotto attraverso troll e bot, ma non era esattamente così. Per comprendere meglio cosa accade, facciamo un passo indietro. Troll in inglese significa mostri, ma su internet sono profili falsi usati per provocare, per infiammare con un linguaggio violento e aggressivo le conversazioni. I bot non c’entrano niente con i Buoni ordinari del tesoro, sono programmi di intelligenza artificiale basati su algoritmi che usano parole chiave e riescono ad elaborare risposte o interventi apparentemente congruenti o in qualche caso molto congruenti, pensate a Siri, l’assistente virtuale di Apple.
Oggi esistono programmi che vengono impiegati per intervenire sulle chat in rete o su Facebook e orientare l’opinione pubblica. Quando le nostre pagine o i nostri profili su Twitter finiscono sotto attacco, spesso non tutto è reale o al contrario artificiale. Dobbiamo ricordare che ormai da anni, gruppi politici, movimenti, organizzazioni stanno investendo ingenti risorse su questi sistemi che creano e distruggono consenso. Quanto e forse più dei media tradizionali perché più subdoli, in fondo abbastanza recenti da essere ancora poco “compresi” da chi guarda ai Social media come a passatempi.
Due elementi dovrebbero farci riflettere. Nei giorni scorsi sono stati diffusi i nuovi dati sull’età media degli utenti dei Social e, udite udite, si è scoperto che su Facebook si sta nettamente e rapidamente alzando. L’altro elemento di riflessione dovrebbe giungere dai ripetuti interventi dei portavoce ma anche dello stesso Zuckeberg, presidente di Facebook, circa la policy aziendale rispetto alle notizie false, le fake news, fatte circolare e rispetto a troll e bot.
Ad oggi, Facebook non intende minimamente intervenire a moderare questi fenomeni perché ritiene prioritaria la libertà di espressione e l’autoconsapevolezza dei lettori che con le loro scelte fatte di clic, commenti e condivisioni promuovono o fanno “morire” un post. Una politica tutto sommato ovvia dal momento che Facebook vive sostanzialmente di pubblicità e dei propri servizi offerti a pagamento come le sponsorizzazioni di post correttivi rispetto a una fake. Sarebbe un po’ come aspettarsi dalle aziende che producono armi, interventi che ne limitino l’impiego.
Il vero problema oggi è che questo argomento è stato largamente sottovalutato nonostante le avvisaglie ci fossero tutte, dall’esito della campagna elettorale di Trump fino agli attacchi virali e violentissimi contro la ex presidente della Camera Laura Boldrini. E forse solo dopo l’attacco al presidente della Repubblica Mattarella del 27 maggio le coscienze hanno incominciato a destarsi.
Ora che al governo ci sono le due forze che negli anni passati hanno maggiormente investito in queste strategie, corre l’obbligo di avviare una riflessione che vada al di là della sola Cgil o dei soggetti presi di volta in volta di mira, una riflessione più ampia e altrettanto veloce su come riequilibrare un sistema che riesce a trasformare narrazioni virtuali in voti e consenso reali.
Esmeralda Rizzi è responsabile Social della Cgil nazionale