PHOTO
I tavoli che si sono conclusi con una soluzione positiva sono pochi. Le crisi aperte al ministero dello Sviluppo economico sono ben 149, e alcune di queste (come ArcelorMittal e Alitalia) si trascinano da anni. Intanto nuove vertenze si affacciano, come quella della Berloni Cucine di Pesaro, non ancora approdata al dicastero di via Veneto: lo storico marchio di cucine, ora in mani taiwanesi, ha annunciato la messa in liquidazione e 85 persone rischiano di rimanere senza lavoro.
Il 20 novembre scorso il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, ha fatto alla Camera dei deputati il punto della situazione. Le vertenze in atto sono 149, un numero in linea con quello degli ultimi cinque anni (144 nel 2018, 165 nel 2017, 148 nel 2016, 151 nel 2015 e 160 nel 2014). Di questi, 102 (pari al 68,5 per cento) sono attivi da più di tre anni e ben 28 sono aperti da più di sette anni. Il maggior numero di tavoli (20) riguarda aziende con sedi o unità produttive in Lombardia (13,4 per cento del totale), seguono Abruzzo (11 aziende), Campania (10), Piemonte, Lazio e Toscana (9).
Partiamo da ArcelorMittal. L’incontro del 22 novembre a Roma tra il premier Conte, i ministri Gualtieri (Economia) e Patuanelli (Sviluppo economico), Lakshimi e Aditya Mittal, ha consentito una riapertura delle trattative: sarà presentato un nuovo piano industriale. Il governo ha confermato la possibilità di un intervento pubblico (si prospetta il coinvolgimento di Invitalia) e di misure sociali e ha consentito un allungamento dei tempi giudiziari, chiedendo ai commissari una dilazione dei tempi: il Tribunale di Milano ha così rinviato al 20 dicembre la causa civile nata dal ricorso d’urgenza presentato per scongiurare lo spegnimento dell’acciaieria. Fino a questa data saranno garantiti il normale funzionamento degli impianti e la continuità produttiva. Intanto sono stati tranquillizzati i fornitori, con l’avvio dei pagamenti scaduti, mentre i sindacati aspettano una convocazione, ribadendo che non accetteranno un accordo pre-confezionato né tanto meno esuberi (l’azienda ne avrebbe prospettati 5 mila, tra le ipotesi c’è che almeno una parte potrebbe tornare all'amministrazione straordinaria.
Altra grande vertenza è quella di Alitalia. La parola è tornata ai commissari: dopo mesi di annunci e indiscrezioni su possibili cordate, Patuanelli ha deciso di dare a Enrico Laghi, Stefano Paleari e Daniele Discepolo un nuovo mandato che abbia al centro l’integrità aziendale, allontanando quindi l’ipotesi ‘spezzatino’ che allarmava i sindacati. Il ministro ha incontrato l’amministratore delegato di Lufthansa Carsten Sphor, che ha manifestato interesse per un accordo commerciale, ma non al momento per l’acquisizione. Confermati l’interesse di Delta e la presenza di Ferrovie, prevista nel piano di rilancio nella logica della intermodalità. A giorni Bruxelles deciderà sull'ulteriore prestito da 400 milioni introdotto dal decreto fiscale.
C’è poi il caso della Whirlpool di Napoli, scoppiato il 17 settembre scorso, quando la multinazionale ha comunicato la decisione unilaterale di procedere alla cessione di ramo d’azienda dello stabilimento campano (che produce lavatrici) alla Prs, che si occupa di refrigerazione passiva, con il licenziamento collettivo degli oltre 400 dipendenti. Il 30 ottobre la società ritira la procedura di cessione, mentre il 27 novembre si tiene un nuovo incontro in cui l’azienda, pur ribadendo la non sostenibilità del sito, assicura la produzione fino a marzo e l’impegno a proseguire il confronto per definire rapidamente un piano condiviso in grado di garantire un futuro a lungo termine per lo stabilimento. Per ora sono stati convocati gli incontri tecnici per identificare soluzioni industriali che possano essere accompagnate anche da misure regionali. A gennaio, infine, il ministero riconvocherà la plenaria del tavolo per condividere con tutte le parti coinvolte il lavoro portato avanti negli incontri tecnici.
Da Napoli scendiamo a Bari, precisamente allo stabilimento della Bosch, dove si producono pompe diesel, che sta scontando la contrazione del mercato di questo tipo di automobili. Dopo aver usufruito di tutti gli ammortizzatori sociali, nel settembre 2018 la Bosch ha fatto ricorso al contratto di solidarietà, che scadrà nel giugno 2020. Gli esuberi richiesti sono 624, su complessivi 1.805 addetti. La prospettiva al 2022 è di un disastroso andamento industriale e occupazionale visto il crollo dell'automotive, cui appunto si aggiunge la crisi del diesel. Il 28 novembre scorso si è tenuto il tavolo al ministero dello Sviluppo economico (in contemporanea allo sciopero dei lavoratori): l’azienda non ha fatto passi avanti, mentre il dicastero ha proposto un investimento pubblico e incentivi fiscali affinché lo stabilimento sia dirottato verso nuovi prodotti.
Sempre nel campo dell’automotive si segnalano le difficoltà della Mahle, multinazionale tedesca della componentistica dell’auto (con sede a Stoccarda), che ha deciso di cessare la produzione a La Loggia (Torino) e Saluzzo (Cuneo), avviando la procedura di licenziamento collettivo per 453 lavoratori. La causa? Il trend negativo nel mercato del diesel, con conseguenti perdite consistenti di fatturato. All'incontro ministeriale del 28 novembre l’azienda ha accolto parzialmente la richiesta delle organizzazioni sindacali, sospendendo la procedura per 60 giorni, quindi fino al prossimo 7 febbraio, per trovare altre soluzioni industriali. Il governo ha espresso l’intenzione di mettere in campo ogni azione per il rilancio dei due stabilimenti, comunicando la disponibilità del Mise a incontrare il vertice tedesco. I sindacati, a questo punto, chiedono di avviare un tavolo nazionale sulla crisi strutturale del diesel nel suo complesso.
Un’altra vicenda che si trascina da tempo è quella della Mercatone Uno, il cui nuovo incontro è programmato per martedì 3 dicembre al Mise. Dopo il fallimento della Shernon Holding (che aveva rilevato il gruppo lo scorso anno), sono stati nominati i commissari straordinari. Questi hanno ricevuto 12 offerte/manifestazioni di interesse per acquisto dei rami aziendali. Le operazioni di cessione dovranno chiudersi perentoriamente entro il 31 dicembre. I lavoratori coinvolti sono 1.731 (erano 1.824 al momento della cessione), di questi poco più di 200 ha richiesto la sospensione dell’ammortizzatore sociale per effettuare attività a tempo determinato. Anche il perimetro, oggetto di cessione, è variato: dei 55 punti vendita solo 18 risultano essere di proprietà del gruppo, gli altri sono tutti di proprietà di terzi e affittati (su molti è già intervenuto lo sfratto e i contratti di locazione risultano risolti).
Nel campo della grande distribuzione c’è anche la vertenza Conad-Auchan. Il 30 ottobre scorso si è riunito al ministero dello Sviluppo economico il tavolo sul piano industriale dell’operazione di acquisizione, da parte di Conad, dei punti vendita della rete Auchan, Simply e Sma. Al 31 luglio gli addetti della rete ammontavano a 16.140, ora sono 15.773. Secondo il dicastero, sono 3.105 gli addetti da gestire con ricollocazioni nella rete Conad, mobilità incentivata, prepensionamenti, autoimprenditorialità o altri strumenti concordati. Il 21 novembre Margherita Distribuzione (la nuova denominazione sociale di Auchan Italia) ha formalmente comunicato ai sindacati l’avvio della procedura che porterà alla fusione per incorporazione nella società di tutta la galassia ricompresa nel gruppo Auchan in Italia. Per i sindacati occorre riprendere le fila di una discussione sulla ricollocazione degli esuberi che, invece, potrebbero consistere in un numero fino a 6 mila unità.
Una delle crisi più datate è quella della Blutec di Termini Imerese (Palermo), che risale dall'addio di Fiat allo stabilimento. Il 16 ottobre scorso sono stati nominati i commissari straordinari che dovranno individuare la nuova missione produttiva. Come area di crisi industriale complessa, la mobilità in deroga è stata trasformata in cassa integrazione straordinaria. Im lavoratori coinvolti sono 670, per i quali è stata prorogata la cassa integrazione, cui si aggiungono circa 300 dell’indotto. Il 28 novembre i sindaci del territorio hanno scritto una lettera aperta per dire che, visto il subentro della cassa integrazione, si possono ora prevedere altri scenari con la collaborazione e il lavoro sinergico di tutte le realtà che “si possono e si devono coinvolgere”, affinché sia affrontata come questione nazionale cui il governo deve dare massima attenzione.
Restando nel Mezzogiorno, si evidenzia la crisi del gruppo Dema. L’azienda di aerostrutture e velivoli civili, che lavora all’80 per cento per Leonardo, Strata e Bombardier, ha annunciato a ottobre nei quattro siti (Somma Vesuviana, Paulisi e due a Brindisi) 213 esuberi sui 733 dipendenti attuali. Tre anni fa aveva già fatto una ristrutturazione. Il tavolo al Mise, dopo l’ultima riunione del 30 ottobre, è aperto per trovare soluzioni. Al tavolo regionale, tenuto il 14 novembre, è stato chiesto all'azienda di presentare un piano di salvaguardia occupazionale al prossimo incontro, previsto nella prima metà di dicembre.