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In Italia, il settore del falso vale 7 miliardi e 100 mila posti di lavoro. Al suo interno, s'intrecciano tutte le sue attività criminali, il lavoro nero, sottopagato e sfruttato, i prestiti usurai, lo sfruttamento e l'incentivazione dell'immigrazione clandestina. Lo ha detto il segretario generale della Cgil Campania, Giuseppe Spadaro, introducendo il convegno "L'industria del falso nella rete globale. Un fenomeno letale per la società civile", promosso da Cgil Campania e Ficiesse.
"Quello che c'inquieta maggiormente – ha precisato il dirigente sindacale – è il 'nuovo' mercato del falso, che passa per la rete, che spesso sembra addirittura autorizzato su piattaforme che hanno un aspetto di legalità. C'è tutto un pezzo del mondo del lavoro nel settore tessile, dove diminuiscono gli addetti 'ufficiali', ma resiste la produzione, che è difficile da individuare e dove non si riesce a intervenire. Il falso, non di rado, nasce dalla stessa filiera ufficiale del tessile, del calzaturiero e della pelle. I grandi marchi generano una lunga filiera di committenti, alla fine della quale i prezzi sono spesso irrisori e si scaricano sui lavoratori, ai quali si applicano o contratti pirata o, nella maggior parte dei casi, nessun contratto. Ci siamo trovati anche di fronte a casi in cui i lavoratori immigrati, anche con permessi di soggiorno regolari, fossero sfruttati da loro compatrioti che avevano acquisito le commesse".
"Chi effettua controlli, Inps, Asl o Carabinieri – ha aggiunto il sindacalista –, non necessariamente comunica con gli altri, e dati fondamentali per la scoperta e la lotta al lavoro nero vanno dispersi. Probabilmente, bisognerebbe ragionare anche su progetti speciali, con il coinvolgimento delle parti interessate, organizzazioni sindacali e datoriali. In Campania, nel 2005, grazie alla collaborazione tra sindacati e ispettorato del lavoro, furono controllati e scoperti centinaia di call center con migliaia di lavoratori, molti dei quali regolarizzati. Bisognerebbe provare forme simili e strutturate di collaborazione, mirate a tutto il settore, dove negli anni abbiamo maturato un patrimonio di conoscenza e del quale spesso siamo terminali di denuncie".
"Percorso nel quale – secondo l'esponente Cgil – andrebbero coinvolti anche gli enti locali, che hanno la possibilità di verificare l'esistenza di attività illecite e in qualche caso pericolose per la salute, non solo dei lavoratori, ma anche degli abitanti dei territori interessati, oltre a portare alla luce fenomeni di evasione significativi".
Fabrizio Battistelli, ordinario di sociologia all'università La Sapienza di Roma, ha ricordato che settori come quello della moda sono stati "individuati come obiettivo, nel quale ambiti presenti nella zona grigia fra illegalità e legalità o esplicitamente criminali hanno fatto investimenti. La ricchezza prodotta con questa modalità è solo apparente. Il rapporto costi-benefici dimostra che tutto ciò non conviene a un'economia nel suo complesso, agli imprenditori onesti, al territorio. Occorre ricostruire una coscienza civile sui reati di natura commerciale. Il paradosso del falso è che crea poco allarme sociale".
Nel corso del convegno, sono intervenuti Francesco Zavattolo, segretario generale Ficiesse, che ha citato le recenti inchieste della Dia sul fenomeno, Luciano Brancaccio, dell'Università Federico II di Napoli, Daniele De Martino, dirigente polizia postale e comunicazioni per la Campania, Luigi Giamundo, delegato per l'industria moda e fashion di Confindustria Campania, che ha denunciato la concorrenza sleale subìta dalle 11.000 imprese del settore presenti in Campania.
"L'affermazione di una cultura della legalità – ha affermato Giuseppe Massafra, segretario confederale Cgil, concludendo il convegno – è un passaggio cruciale per cercare di ricostruire una prospettiva della nostra società. La contraffazione viene considerata un atto di delinquenza senza vittima e spesso come una forma più leggera di reato. Un fenomeno che sta crescendo in maniera vertiginosa, non localizzabile, che ha dimensioni globali. Un pezzo di economia che non ha conosciuto crisi, anzi che è continuamente in crescita e che produce un danno notevole in termini di entrate erariali e posti di lavoro persi".