È iniziato il 25 ottobre, a Firenze il convegno internazionale 'Per l'Europa del lavoro e della crescita', organizzato congiuntamente dalla Cgil, dall'Associazione Bruno Trentin e dalla Fondazione Friedrich Ebert, rappresentata dal suo responsabile in Italia Michael Braun. Ai lavori, che proseguono fino a domani (le conclusioni sono affidate a Susanna Camusso, segretario generale della Cgil), partecipano tra gli altri 22 ospiti stranieri tra sindacalisti, economisti e rappresentanti dei partiti socialisti e progressisti europei, provenienti da 6 differenti paesi oltre all'Italia.

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Sono presenti al Palazzo dei Congressi inoltre con proprie delegazioni anche rappresentanti dei sindacati dei Paesi Baschi e della Renania Palatinato, gemellati con la Cgil Toscana, che svolgeranno nei prossimi giorni una serie di incontri bilaterali per lo sviluppo di progetti comuni.

I lavori sono stati aperti da Alessio Gramolati, segretario generale Cgil Toscana, secondo il quale l’Europa deve tornare ad essere modello di coesione. Gramolati ha sottolineato il “no alla de contrattualizzazione” e un “sì a maggior democrazia in Europa”.

Dopo l’intervento di Gianfranco Simoncini, assessore della Regione Toscana, ha preso la parola Michael Braun, presidente della Fondazione Ebert Italia. “L'anno scorso questa analoga iniziativa si intitolava ‘uscire dal tunnel’ – ha detto Braun -. Qualcosa è accaduto: non c'è più Berlusconi, non c'è più Sarkozy. Ma aumentano le divergenze, c'è divaricazione crescente, rigore, tasse. Sappiamo a cosa è dovuto, alla cancelliera Merkel”. Ma “esiste un'altra Germania”, ha detto Braun, quella della Spd, che insieme ai socialisti francesi e al Pd di Bersani sta “definendo una linea comune per l'Europa”.

Fausto Durante, del segretariato Europa Cgil, ha ricordato lo sciopero dei sindacati europei del 14 novembre: “Stiamo discutendo in Italia cosa fare, anche con altri Paesi. La Ces è orientata a concentrare in unico giorno tutte le iniziative. Anche Cisl e Uil spero siano coerenti con le scelte prese in Europa dei sindacati europei. Occorre unitarietà del mondo del lavoro”. Durante ha sottolineato alcuni “principi fondamentali”: l’“opposizione a misure di austerità. Consolidare l’alleanza tra i sindacati europei per fermare lo smantellamento dello stato sociale”. Inoltre il “Patto di stabilità va allentato per liberare risorse per crescita e produttività”.

Nel suo intervento Klaus Busch, dell’università di Osnabrük, ha sottolineato che “l'indebitamento eccessivo è stata la causa” della crisi, peggiorata dal fatto che “l'Europa non ha un'unione politica”. Secondo lo studioso andrebbero prese alcune misure: 1) Un “new deal”. Attuare programmi ecologici, coordinare autorità con Stati meridionali. 2) Gli Eurobond. 3) Un “governo economico europeo”, secondo Busch è “fondamentale”, perché “la gestione comune del debito evita falle e permette di uscire a tempo debito dalla crisi”.

Michael Sommer, presidente del DGB, la confederazione sindacale tedesca, ha detto che o “l’Europa sarà sociale o non ci sarà Europa. Ora siamo di fronte a un bivio” e “c'è una contraddizione nel movimento sindacale europeo: vediamo diversi interessi ma emergenze diverse. Non è un problema del vertice dei sindacati, ma è una forma di difesa dei propri interessi interni”. Ma bisogna “capire cosa fare nell'interesse dei lavoratori per salvare Europa comune. Se perdiamo questa idea perderemo i nostri lavoratori e lavoratrici. “Una istituzione ha detto Sommer - non può essere salvata se la sua idea fallisce: non posso salvare l’Europa senza modello sociale.” Il Fiscal Compact “concordato contro Lisbona, Maastricht e Roma” è un “passo verso la distruzione del modello sociale”.

Sommer ha ricordato che oggi il 25% dei lavoratori tedeschi sono in povertà, in seguito alle riforme del lavoro di socialdemocratici e verdi (Agenda 2000). “Oggi la Germania è guarita? Forse sì, ma ci sono state amputate braccia e gambe. Abbiamo accordato politiche di riduzioni e fatto accordi per lavorare”, ma al prezzo di sacrifici e concessioni. “In Germania – ha concluso - è difficile organizzare qualcosa per il 14 novembre e dobbiamo trovare le alternative. Stamani ho parlato con altri sindacati e avremo coinvolgimenti dei rappresentanti nei comitati aziendali, dei delegati. Più di quanto pensavo in partenza. Possiamo farcela e sarà una tappa fondamentale sulla strada comune verso il futuro”.

Marcel Grignard, della segreteria nazionale CFDT, il sindacato francese, ha ricordato che “in Europa c'è una cosa che ci accomuna, l'aumento della disoccupazione e della precarietà, crescerà ancora nel 2013 con la crescita di populismi e demagogia e un conseguente rischio per la democrazia. In Francia è successo qualcosa, c'è stata la vittoria di Hollande. Hollande ha proposto ai sindacati di affrontare i problemi con il dialogo sociale prima che il Parlamento affrontasse gli stessi problemi in termini legislativi. Ci siamo incontrati ed abbiamo trovato un accordo, che sarà molto difficile far passare nel paese e fra gli altri sindacati. I problemi sono iniziati prima della crisi, quando con l'entrata nell'unione dei paesi dell'est si sono create le condizioni per il dumping sociale. La globalizzaione prima e la crisi poi hanno aggravato il tutto”. “Quando aumentano le disuguaglianze – ha proseguito - aumentano anche i rischi per il sindacalismo europeo. Non abbiamo niente da dire in proposito? No, a livello teorico abbiamo delle risposte, la fine dell'austerità è una. Ci mancano proposte concrete, obbiettivi precisi che valgano per tutti i lavoratori di tutti i paesi, che rispondano alle domande dei lavoratori. Se questo non avverrà negli anni a venire il modello sociale scricchiolerà e l'Europa diventerà attore marginale del mondo.”

Georges Dassys, presidente del GSEE greco, ha ricordato che “l'austerità porta a recessione e a misure sbagliate. Perché a livello mondiale non possiamo esprimerci con unica voce? Perché preferiamo gli accordi bilaterali? Spero – ha detto - che tra Ces e sindacati troviamo una linea comune perché non credo sia possibile pretendere accordi dagli altri se non ci mettiamo d'accordo noi”.

Ignacio Fernandéz Toxo, segretario generale delle Comisiones Obreras spagnole, ha definito “storica” l’iniziativa europea comune del 14 novembre. “È un passo avanti da completare con altri passi, senza aspettare troppo. Dopo quattro anni e mezzo di crisi si fa un'azione comune. Una giornata di azione e solidarietà”. In Spagna “austerità e riduzioni di spesa determineranno un 2013 peggiore del durissimo 2012. Quest'anno ci saranno più di sei milioni di disoccupati. Le protezioni sociali hanno limiti e milioni di persone saranno senza alcun tipo di protezione. La disoccupazione giovanile è arrivata quasi al 53%. Lo scoppio della bolla immobiliare ha creato disastri nell'occupazione e nella tenuta del welfare. In Europa (in particolare riguardo a Grecia Italia Portogallo Spagna) la crisi è politica, alimentare, sociale; non solo economica”.

“Nei paesi in crisi cresce l’antipolitica – ha proseguito Toxo -, e c’è anche il tentativo di limitare l’azione sindacale”. Il “modello sociale in ognuno dei Paesi deve essere corretto grazie alla presenza del pubblico in economia e nei servizi. Per iniziare una nuova fase la soluzione è: più Europa. Una cessione di sovranità all’ Europa su altre basi per preservare il modello sociale europeo. Il movimento sindacale deve occupare gli spazi lasciati vuoti. È importante muoversi e il nuovo paradigma deve considerare il lavoro come base, punto centrale per la redistribuzione della ricchezza”.
 
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