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Molti occhi sono puntati in questi giorni sull’Emilia Romagna: l’elezione del Consiglio regionale, che si terrà il 26 gennaio 2020, ha assunto significati che vanno molto al di là di un normale voto amministrativo. Oggi (lunedì 16 dicembre), nel corso di una presentazione pubblica alla quale parteciperà tra gli altri anche Stefano Bonaccini, presidente uscente della Regione, nonché candidato alla riconferma, Ires Emilia Romagna offrirà come ogni anno la propria fotografia della realtà regionale.
Quella che si avvicina alla scadenza elettorale è una regione per molti aspetti virtuosa, con vere e proprie punte di eccellenza, anche in campi diversi da quelli più noti – sanità, scuola d’infanzia e welfare in genere –. Ma non è certo, semmai ce ne fossero, una regione che si può permettere il lusso di dormire beata sugli allori, perché le criticità non mancano e riguardano anche temi cruciali.
La crescita dell’economia regionale nel triennio 2016-2018 è stata tangibile, complessivamente il Pil è cresciuto di quasi il 5%, oltre un punto in più della media nazionale. Anche nel 2019, in presenza di un’evidente frenata dell’economia nazionale ed europea, l’Emilia Romagna sarà probabilmente la regione italiana a crescere di più (+0,5% secondo le stime più recenti).
La crescita di questi anni è dovuta soprattutto all’ottimo andamento delle esportazioni, soprattutto di macchine, apparecchiature e mezzi di trasporto, un andamento che continua a essere molto positivo anche in un anno difficile come il 2019, tanto da rappresentare ormai circa il 42% del Pil regionale, una quota enorme, soprattutto se si considera che solo dieci anni fa, nel 2009, era di poco superiore al 27%. Questo incremento è emblematico del profondo cambiamento in corso nel sistema economico e produttivo regionale, connotato anche da una forte riduzione del numero delle imprese e dalla contestuale crescita della loro dimensione media.
Il boom delle esportazioni è stato accompagnato anche – nel triennio citato – da una netta ripresa degli investimenti, certo complessivamente insufficiente a tornare ai volumi pre-crisi, ma particolarmente indirizzata alla ricerca e sviluppo, tanto che l’Emilia Romagna primeggia con larghezza sempre maggiore tra le regioni italiane per numero di addetti in questo specifico campo e ha ormai quasi raggiunto la regione storicamente leader tra quelle italiane, il Piemonte, per incidenza della spesa in ricerca e sviluppo sul Pil.
Altro fattore determinante della crescita degli ultimi anni è stato certamente il turismo: dal 2015 al 2018 gli arrivi e le presenze sono costantemente aumentati anno su anno, benché anche in questo caso il 2019 (dati relativi ai primi 8 mesi) segnali un’inversione di tendenza e un calo nelle presenze, soprattutto nelle località costiere.
In questo quadro, il mercato del lavoro ha registrato dal 2014 un aumento sensibile degli occupati, proseguito anche nel primo semestre 2019. Il loro numero totale ha raggiunto valori mai toccati in precedenza, neanche prima della crisi. Nonostante questa crescita, tuttavia, i disoccupati, pure in calo, restano molto più numerosi rispetto al periodo pre-crisi: nel 2018 erano ancora quasi il doppio rispetto al 2008. Inoltre, e soprattutto, l’aumento degli occupati non trova piena corrispondenza nell’incremento delle ore lavorate.
A ciò concorrono diversi fattori: il ricorso alla cassa integrazione, specie straordinaria, tornato a crescere nell’ultimo anno; l’aumento della quota di contratti temporanei, giunta quasi a toccare nel 2018 il 18% di tutto il lavoro dipendente, anche se nel 2019 questa tendenza sembra essersi in parte arrestata con un lieve recupero del lavoro a tempo indeterminato; infine, la forte espansione del part time, che ha già superato nel 2018 quella stessa quota del 18%, ma in questo caso sul totale degli occupati.
Quindi più occupati, ma con meno ore di lavoro per ciascuno: questo è confermato anche dai dati delle dichiarazioni dei redditi, che nel 2017 conoscono, nella media pro capite dei lavoratori dipendenti, un calo come non avveniva dal 2009, e da quelli Inps, che confermano come ancora nel 2018 circa un terzo di loro abbia una retribuzione annua inferiore ai 15 mila euro.
Accanto agli aspetti di carattere più direttamente economico e lavorativo, ci sono poi due altri grandi capitoli densi di problematiche per il futuro: quello demografico e quello ambientale. Sul primo aspetto, l’invecchiamento della popolazione appare sempre meno efficacemente arginato dai flussi migratori esteri e interni, nonostante l’Emilia Romagna resti sul fronte estero la regione con la maggiore incidenza di popolazione immigrata (il 12,3% della popolazione) e sul fronte interno quella che più di ogni altra attrae giovani laureati. Questo pone una serie di problemi inediti, basti pensare al numero crescente di anziani che vivono soli.
Sul versante dell’ambiente e del territorio le criticità derivano da un lato dalla particolare fragilità idrogeologica di una regione nella quale non c’è Comune che non sia classificato a elevata pericolosità franosa o alluvionale e, dall’altro, da un livello di inquinamento dell’aria che deriva dalla collocazione in una delle aree geografiche, la Pianura Padana, più chiuse e quindi più inquinate d’Europa. Né possono essere soddisfacenti in proposito alcuni timidi segnali positivi, quali la tendenziale riduzione delle polveri sottili presenti nell’aria, le ormai ridotte variazioni anno su anno del consumo di suolo, la minore produzione di rifiuti e l’incremento della raccolta differenziata.
Insomma, il quadro generale ci indica che gli anni a venire saranno ancora difficili: il rallentamento dell’economia sarà fortemente intrecciato a grandi processi di cambiamento sotto l’impulso della rivoluzione tecnologica, ma anche di drammatiche emergenze ambientali e demografiche.
L’Emilia Romagna si presenta di fronte a queste sfide sicuramente con carte da giocare che altri non hanno, anche grazie agli effetti positivi del metodo praticato e delle scelte adottate nell’ambito del Patto regionale per il lavoro. Ma si presenta anche con vecchie e nuove fragilità che la obbligano a ritrovare la propria antica capacità di guardare oltre l’immediato, di sapere innovare in modo anche radicale, ma senza venir meno a quell’idea di coesione sociale, a quei princìpi di equità e di giustizia sociale, a quella capacità di integrazione che ne costituiscono da decenni i valori fondanti.
Giuliano Guietti è presidente Ires Emilia Romagna