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Pubblichiamo un estratto dal Settimo rapporto dell’Ires Cgil Emilia Romagna sulla condizione giovanile nella regione.
In quasi tutti gli Stati europei la percentuale di giovani nella fascia d’età tra i 15 e i 34 anni sul totale della popolazione segna un netto calo negli ultimi 10 anni. In senso opposto vanno soltanto Danimarca, Lussemburgo, Norvegia e Olanda, mentre in Germania questa percentuale oscilla sempre con poche variazioni attorno allo stesso valore, 23,3%. In questo quadro, l’Italia resta sempre, se si esclude San Marino, lo Stato europeo con la più bassa quota di popolazione collocata in questa fascia d’età, seguito a distanza da Spagna, Grecia, Portogallo e Slovenia.
L’Emilia Romagna è a propria volta una delle regioni italiane con la quota più bassa, preceduta però da Liguria, Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Piemonte e, quasi alla pari, Umbria. Va segnalato tuttavia che rispetto all’anno precedente (2018) l’Italia mantiene la propria percentuale invariata e l’Emilia Romagna registra addirittura un lievissimo miglioramento, passando dal 19,0 al 19,1%.
La riduzione della quota di popolazione nella fascia d’età dai 15 ai 34 anni è la risultante di due dinamiche dalle conseguenze opposte: da un lato il calo delle nascite, molto forte in Italia e soprattutto in Emilia Romagna a partire dagli anni 80, dall’altro l’afflusso di popolazione straniera, mediamente molto più giovane di quella già residente in Italia, soprattutto a partire dai primi anni del secolo in corso. Questo ha comportato anche la crescita della percentuale di residenti stranieri sul totale della popolazione in questa fascia d’età. Si tratta di un fenomeno molto più rilevante in Emilia Romagna che nella media italiana, ma che in tutti i casi sembra essersi sostanzialmente arrestato a partire dal 2014, probabilmente per effetto sia della riduzione dei flussi migratori, sia delle aumentate acquisizioni di cittadinanza italiana.
La composizione della popolazione dei giovani di 15-34 anni rispetto al lavoro è caratterizzata da andamenti molto differenziati tra l’Unione Europea da una parte e Italia ed Emilia Romagna dall’altra. In comune c’è, come abbiamo visto, la riduzione del totale della popolazione. Ma nella media dei 28 Stati dell’Unione Europea il confronto 2008-2018 restituisce una composizione non molto modificata: aumenta di poco la quota degli inattivi e cala circa nella stessa misura quella degli occupati, mentre la percentuale dei disoccupati resta quasi invariata (da 6,7 a 6,5%).
In Italia e ancor più in Emilia Romagna, invece, la caduta della quota degli occupati è molto consistente, così come è rilevante la crescita della percentuale di disoccupati e inattivi. La percentuale di questi ultimi cresce di oltre 10 punti in Emilia-Romagna.
I dipendenti con un’età inferiore ai 35 anni sono molto più frequentemente assunti con tipologie contrattuali a tempo determinato: la percentuale sul totale degli occupati è infatti più che doppia rispetto a quella degli over 35. Questo avviene allo stesso modo sia a livello nazionale sia a livello della Regione Emilia Romagna. In quest’ultima anzi la quota di giovani assunta a tempo determinato risultava nel 2017 superiore di un paio di punti percentuali rispetto a quella nazionale, mentre era identica per i dipendenti con almeno 35 anni di età.
Dal punto di vista retributivo è evidente come esista una correlazione tra l’età del dipendente e il suo trattamento economico, anche là dove, come in Emilia Romagna, le retribuzioni sono sempre un po’ più alte rispetto alla media nazionale. La retribuzione giornaliera di chi ha meno di 35 anni di età è nella media inferiore di quasi un terzo a quella di chi ha dai 35 anni in su e di quasi un quarto rispetto alla media totale.
La media italiana dei cosiddetti Neet, cioè dei giovani che non studiano e non lavorano, è quasi doppia rispetto a quella dei 28 Paesi dell’Unione Europea. Pesano in particolare le condizioni delle regioni del Sud, alcune delle quali (Campania, Calabria e Sicilia) superano, tra i giovani con un’età tra i 15 e i 29 anni, il 35%. L’Emilia Romagna registra una delle percentuali più basse tra le regioni italiane e molto più vicina alla media europea. Tuttavia, va evidenziata la dinamica particolarmente accentuata di questa variabile nel corso dell’ultimo decennio a livello regionale.
Nel 2008 infatti l’Emilia Romagna vantava una percentuale di Neet addirittura inferiore alla media europea; poi negli anni della crisi, fino al 2014, la crescita dei Neet è stata imponente; nel successivo 2015-2016 questa percentuale è tornata a scendere e infine negli ultimi due anni si è sostanzialmente stabilizzata, riallargando la forbice con la media UE.
L’Italia resta, dopo la Romania, lo Stato di tutta l’Europa allargata (non solo quindi dell’Unione Europea) che registra la più bassa quota di laureati nella popolazione dai 30 ai 34 anni d’età. Il “distacco” si mantiene negli ultimi anni stabile attorno ai 12-13 punti percentuali: era di 11,9 punti nel 2008. Decisamente più virtuosa la condizione dell’Emilia Romagna, che soprattutto nell’ultimo anno considerato, il 2018, registra un balzo della propria percentuale di laureati, che la colloca da questo punto di vista al primo posto in Italia (insieme al Friuli-Venezia Giulia), in una posizione di quasi perfetta equidistanza tra la media europea e quella nazionale.