PHOTO
La mappatura delle attività e dei servizi erogati dalle Leghe Spi sul territorio dell’Emilia Romagna è al centro dell’indagine “Un viaggio tra le Leghe Spi”. Commissionata dallo Spi regionale e curata dall’Ires Emilia Romagna, la ricerca è stata realizzata con la consapevolezza che le Leghe rappresentino il termometro sociale attraverso cui il sindacato raccoglie ed elabora i fabbisogni dei pensionati e delle pensionate. Ed è proprio per valorizzare la centralità della Lega che si è scelto di non offrire uno strumento di indagine calato dall’alto, ma di percorrere le traiettorie della ricerca-azione coinvolgendo 200 rappresentanti in circa 30 gruppi di discussione, attraverso cui costruire l’indagine a cui hanno partecipato 230 Leghe a livello regionale, ovvero l’82,4% dell'universo regionale.
Ogni Lega ha in media un numero pari a 1.500 tesserati, ma scomponendo il dato per territorio sindacale emergono due diversi modelli organizzativi: un modello capillare, caratterizzato da una maggiore frequenza di Leghe con meno di 500 tesserati, e uno estensivo, caratterizzato da una presenza di Leghe con più di 3mila tesserati. Ogni Lega ha in media 6,6 volontari/collaboratori, e circa due Leghe su tre hanno un’organizzazione a prevalenza di volontari, evidenziandone l’importanza non solo organizzativa, ma anche strategica. Dove prevalgono i volontari l'organico medio a disposizione della lega è superiore a 8, mentre dove prevalgono i collaboratori si ferma a una media di 3,4. Non solo. Oltre il 55% delle Leghe in regione vive una tensione organizzativa, ovvero ha un rapporto tra organico e tesserati superiore a uno su 200, con punte massime nelle Leghe di pianura.
Rimanendo nell'ambito organizzativo, vale la pena sottolineare come le aperture delle sedi principali coprano circa un terzo del potenziale settimanale e come, in generale, la frequenza delle aperture dipenda più dal numero di tesserati che dalla dimensione dell'organico. Mutuando dal campo economico sembra che le aperture siano trainate più dalla domanda (tesserati) che dall'offerta (organico), esaltando la vocazione al servizio delle Leghe, ma lasciando emergere rischi di eccessiva tensione organizzativa. Nonostante questo, le maggiori criticità organizzative avvertite dalle Leghe non si rifanno tanto a fattori hard, quali la dimensione del bacino di tesserati, quanto a fattori soft, riconducibili alla mancanza di un ricambio generazionale e alla distanza tra giovani e grandi anziani rispetto al senso di appartenenza sindacale.
Le Leghe sono quotidianamente attive su diversi fronti: erogazione di servizi individuali, contrattazione sociale, tesseramento e proselitismo, e progettazione e realizzazione di attività di socializzazione e offerta culturale. Sull’intero territorio regionale le Leghe Spi si contraddistinguono dunque per essere un importante punto di riferimento per la popolazione anziana: tra i servizi più frequentemente erogati ritroviamo l’ascolto di problematiche individuali e l’erogazione di informazioni sui diritti degli anziani. Tali elementi si inscrivono in un quadro più ampio, che vede le Leghe impegnate nel supporto a diverse attività afferenti alla vita quotidiana dei pensionati, come la lettura delle bollette e il disbrigo di altre questioni burocratiche. Ma le Leghe Spi rivestono un ruolo fondamentale anche nell’organizzazione sindacale nel suo complesso, svolgendo attività di supporto sia ai servizi della Cgil che alle categorie, attraverso la gestione degli appuntamenti, rispondendo al centralino della struttura sindacale, con il controllo e il recupero dei modelli Obis M, Ops e Red.
Le Leghe Spi, insieme principalmente alla Cgil confederale, sono anche impegnate nell’azione di contrattazione sociale territoriale con le amministrazioni locali. I temi maggiormente discussi, a conferma di quanto emerge nell’ultimo Osservatorio nazionale sulla contrattazione sociale, sono principalmente quelli socio-assistenziali, tariffari e fiscali. A cambiare con la crisi sono i temi a latere: arretrano i temi relativi alle politiche dell’infanzia, adolescenza e istruzione, e quelli della mobilità e dell’ambiente, mentre avanzano i temi relativi alla sicurezza urbana e alle politiche di sviluppo e del lavoro. A livello regionale la concretizzazione della negoziazione sociale risulta essere eterogenea: a fronte di circa un 30% di Leghe che non svolge contrattazione sociale, e di un 26 che svolge una negoziazione sostanziale e riesce a raggiungere accordi, troviamo diversi gradi di formalizzazione che si muovono da momenti puramente informativi alla sottoscrizione di verbali d’accordo.
L’impossibilità di realizzare a pieno l’azione contrattuale è vissuta in termini ancor più negativi se si considera il bagaglio informativo sulle condizioni di vita dei propri pensionati posseduto dalle Leghe, costruito attraverso uno scambio continuo con la popolazione locale e in alcuni casi anche con attori istituzionali. Il parziale coinvolgimento delle Leghe in sede di negoziazione rischia dunque di generare un sottoutilizzo di tale bagaglio informativo, rendendo ulteriormente critico uno scenario che vede comunque un ridimensionamento delle aspettative a fronte dei margini negoziali imposti dai vincoli di bilancio. Ma c’è di più. Insieme ai vincoli di bilancio, l’altro fattore prioritariamente avvertito come criticità in tema di contrattazione è il progressivo accentramento dei processi contrattuali, soprattutto nelle Leghe dei comuni più grandi, o rientranti in unioni di comuni, che insegue, secondo una logica di isomorfismo istituzionale, lo spostamento verso l’alto dei centri decisionali della pubblica amministrazione.
In tema di socializzazione e offerta culturale, l’80% delle Leghe Spi è impegnato in una molteplicità di iniziative gestite in autonomia, prevalentemente le feste, che vengono organizzate per i tesserati, ma molto più spesso, circa 3 casi su 4, in collaborazione con altri attori territoriali, valorizzando al meglio il lavoro di networking. La maggiore interlocuzione per lo svolgimento delle attività di socializzazione avviene con l’amministrazione locale, l’Auser, i Centri sociali e l’Anpi, mentre in genere poche relazioni sono state costruite con partiti politici e parrocchie. Così come per le aperture, anche in questo caso le attività di socializzazione e culturali rispondono più a un’esigenza di domanda che di offerta, ovvero sono spiegate più dal numero di iscritti che dalla dimensione dell’organico. Da rilevare, inoltre, come la performance della socializzazione raggiunga livelli decisamente più alti quando è costituito e funzionante il Coordinamento donne, a testimonianza di come le iniziative, per nascere, necessitino anche di soggetti formalizzati.
L’indagine rileva non marginali criticità in tema di tesseramento e proselitismo, legate principalmente alle modalità di distribuzione delle tessere, su cui non si tace una persistente quota in giacenza, e alla riforma Fornero. Nella sola Emilia Romagna tra il 2010 e il 2014 il calo dei pensionati è stato di circa 56mila unità, di cui 38mila beneficiarie di trattamenti di pensioni di vecchiaia e anzianità. A fronte delle criticità presenti nello svolgimento delle proprie attività, le Leghe si sono dimostrate propositive verso il futuro dell’organizzazione. Pur consapevoli delle difficoltà presenti, hanno sottolineato l’esistenza di spazi di miglioramento, soprattutto nel campo delle attività di socializzazione e di contrattazione, che secondo le Leghe hanno un peso non adeguato all’interno della propria organizzazione.
Dai risultati della ricerca è emerso come la Lega Spi sia un’unità sistemica, dunque un’unità organizzativa composita, in cui tutte le articolazioni operative sono tra loro fortemente intrecciate. Ogni intervento su un asse operativo (contrattazione, tesseramento, organizzazione, socializzazione e servizi) produce inevitabilmente effetti su tutti gli altri assi. Ma in questa logica sistemica, a generare maggior beneficio contemporaneamente su tutti gli assi sono investimenti orientati a strutturare e valorizzare le iniziative di socializzazione e offerta culturale. I dati, quindi, sembrano suggerire che la capacità della Lega di stare nel territorio e fare sistema con gli altri attori territoriali non solo aumenta l’attrattività della Lega stessa in termini di iscritti, ma migliora le performance sui servizi e sulla contrattazione territoriale.
L’investimento in socializzazione e dunque in una valorizzazione del rapporto tra la Lega e il territorio sembra dialogare con tutte e due le anime culturali della Lega, ovvero pro servizio o pro soggetto politico. Da una parte, lo sviluppo di relazioni sul territorio, come abbiamo visto, non nega una performance di servizio, anzi la rafforza. Dall’altra, la capacità di fare rete sul territorio e di guardare al proprio iscritto, o all’anziano, non solo come beneficiario di un servizio, ma anche di politiche culturali e di attivazione sociale, è obiettivo proprio di un soggetto politico.
Sebbene le attività di socializzazione sembrino giocare un ruolo così determinante, l’indagine ci restituisce una situazione media regionale in cui è proprio l’asse della socializzazione a registrare il più alto punteggio di criticità. Quello che si profila essere una scelta strategica in prospettiva sembra negarsi quindi nel presente. Questo suggerisce che lo sforzo organizzativo da compiere non sarà marginale e sicuramente non potrà essere preso in carico dal solo Spi, ma da tutta l’organizzazione sindacale, ripartendo da un dialogo più dinamico con le stesse categorie sindacali, anche in virtù di quel credito organizzativo che lo Spi può vantare nei confronti di chi rappresenta i lavoratori attivi. Dialogo che diventa sempre più impellente anche a fronte delle recenti iniziative normative volte a stimolare la diffusione del welfare aziendale decentrato. Per evitare l’esasperazione di un welfare corporativo diventa sempre più urgente un’attività di coordinamento tra contrattazione aziendale e territoriale e, quindi, tra categorie sindacali, Spi e confederazione.
Davide Dazzi e Assunta Ingenito sono ricercatori dell’Ires Emilia Romagna