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Il processo per l’abolizione del manicomio come istituzione totale – distruttiva e irriformabile, così la definiva Basaglia – era cominciato molto tempo prima, già negli anni sessanta. Ma fu la legge 180 a sancire una svolta radicale. Migliaia di uomini e di donne internati in manicomio furono da quel momento, seppur gradualmente, liberati, impedendo che altri vi fossero rinchiusi. A partire dal 13 maggio del 1978 – giorno dell’approvazione della norma (domenica prossima ricorre dunque il quarantennale) – alle persone con disturbi mentali furono così restituiti diritti, dignità e cittadinanza.
Non fu una conquista isolata, la legge 180. Maturò durante un lungo periodo di lotte sociali e sindacali. Sempre nel 1978 – seppure anno terribile, funestato dal terrorismo brigatista culminato nell’assassinio di Aldo Moro – furono approvate tre leggi pilastro nel campo dei diritti sociali e civili: accanto alla riforma Basaglia, appunto, la legge 194 per la maternità consapevole e l’autodeterminazione delle donne e la legge 833 di riforma sanitaria, che abolì le mutue e affermò il diritto universale alla salute.
Far vivere la legge 180 non è stata una passeggiata. Per chiudere effettivamente i manicomi ci son voluti vent’anni e un decreto definitivo, quello del ministro Rosy Bindi nel 1999. È stata una legge ostacolata, parzialmente attuata e persino tradita. Ancora oggi molte strutture residenziali sono luoghi di custodia più che di cura, dove si pratica la vecchia contenzione meccanica o quella nuova dei farmaci; come denuncia la campagna “E tu slegalo subito”, che abbiamo promosso con altre associazioni. E ancora vive lo stigma della pericolosità sociale per il matto. Mentre molte persone sofferenti e i loro familiari, non ricevendo risposte tempestive, si sentono abbandonati. Anche così si tradisce la 180.
Eppure essa resta un formidabile motore di trasformazione delle istituzioni e di affermazione dei diritti civili e sociali delle persone più vulnerabili. Grazie alla legge 180, l’Italia è considerata dall’Organizzazione mondiale della sanità il Paese che dispone della legislazione più avanzata per la tutela della salute delle persone con disturbi mentali. Lo dimostra l’esistenza, a livello locale, di numerose esperienze positive che aiutano le persone a restare nel proprio ambiente di vita; tutte guidate dai Dipartimenti di salute mentale, ma nelle quali vive la partecipazione delle persone malate e dei loro familiari e il contributo delle associazioni e della cooperazione no profit.
Non solo. Nelle esperienze in questione si è ridotta la spesa verso residenze e comunità, troppe volte diventati cronicari, e si sono spostate le risorse verso tutto ciò che può agire sui determinanti di salute, garantendo diritti: abitazione, lavoro, inclusione sociale, con servizi nel territorio aperti h 24 e accesso tempestivo alle cure (in cui ci sono anche i buoni farmaci).
Oggi il modo migliore per celebrare la legge 180 è sfuggire alla retorica. È importante invece mobilitarsi per affermare principi e obiettivi della riforma Basaglia: con un rilancio e una riqualificazione dei servizi di salute mentale – sofferenti per mancanza di risorse e di personale (come segnala anche l’ultimo rapporto del ministero della Salute) – e più in generale delle politiche sanitarie e sociali, insieme a una ripresa della battaglia culturale per sradicare lo stigma, che associa pericolosità e follia, emarginando e discriminando le persone con disturbi mentali e i loro familiari. La stessa chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari, conquistata da pochi mesi, deve essere sviluppata per superare la logica manicomiale, come prevede la legge 81/2014, approvata nel solco della legge 180.
Per queste ragioni, per il quarantesimo anniversario della legge 180, abbiamo organizzato con un ampio cartello di associazioni una manifestazione a Roma, l’11 e 12 maggio. Una manifestazione con un titolo chiaro, che è insieme slogan e obiettivo di mobilitazione: Diritti, libertà, servizi per la salute mentale. Per l’occasione abbiamo lanciato un appello rivolto al Parlamento, al governo, alla Conferenza delle Regioni e all’Anci, affinché si organizzi una Conferenza nazionale sulla salute mentale.
Un’iniziativa che sarà chiamata a valutare lo stato delle politiche, dei servizi e del lavoro per assicurare il diritto alla salute mentale e a percorsi di cura orientati alla guarigione possibile, con un aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza e un nuovo Piano nazionale per la salute mentale. Perché servono azioni concrete. Per questo la Cgil ha scelto parole importanti nello slogan dedicato al quarantesimo della legge 180: “Più liberi, più umani. mai più manicomi, salute mentale: diritti, dignità”; ma soprattutto ha scelto di continuare a impegnarsi perché queste parole diventino realtà.
Stefano Cecconi è responsabile Politiche della salute Cgil nazionale; Rossana Dettori è segretario confederale Cgil