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Parole che pesano come macigni: “Ci sono direttori generali che da vent’anni sono nello stesso posto, e da incensurati gestiscono la cosa pubblica con metodo mafioso”. A pronunciarle il 9 luglio, in riferimento alla mala gestione della cosa pubblica in Calabria da parte dei quadri della Pa, il magistrato Nicola Gratteri, attualmente capo della Procura di Catanzaro, in occasione di un’iniziativa pubblica a Reggio Calabria. Una denuncia pesante, arricchita da un passaggio ancora più duro e netto: “Prima ancora della politica e della ’ndrangheta, il problema della Calabria sono i quadri della pubblica amministrazione”.
Una sentenza senza appello, suffragata dall’autorevolezza indiscussa del magistrato. Gratteri, infatti, prima di arrivare a occupare la poltrona di procuratore capo di Catanzaro, ha costruito la sua figura di magistrato nella lotta contro gli ’ndranghetisti, dal traffico di droga ai sequestri di persona. Un impegno che lo costringe da anni, da quasi trenta, a vivere sotto scorta. Tutte ragioni per le quali le parole di Gratteri non possono cadere nel vuoto. Anche perché, oltre a intercettare una posizione storica del sindacato, ovvero l’esigenza della rotazione per chi ricopre incarichi dirigenziali nella Pa, si inscrivono nelle disposizioni dell’Anac per il piano anticorruzione.
“Non possono esistere dirigenti della pubblica amministrazione inamovibili, per ragioni legate alla necessità di esercitare una sana e corretta amministrazione, che vuol dire anche lotta alla corruzione e al malaffare, che in ruoli di vertice delicati può insinuarsi”, spiega la Funzione pubblica Cgil. Per questo, aggiunge la Fp, “ha ragione Gratteri, ma le sue parole devono chiamare in causa anche la politica: la rotazione degli incarichi dirigenziali è un criterio previsto dalla stessa legge Bassanini, così come dalla Brunetta, ed è uno strumento per rendere efficiente ed efficace l’organizzazione del lavoro”.
Con il piano anticorruzione dell’Anac viene adesso inserito l’obbligo di rotazione. “Dopo il fallimento della ‘previsione’, imporre un obbligo può essere una chiave che non solo in luoghi sensibili e in incarichi delicati può prevenire e combattere l’insinuarsi di fenomeni illegali, ma anche, su un versante strettamente sindacale, può essere lo strumento per migliorare l’organizzazione del lavoro, rispondendo così al bisogno di offrire servizi pubblici migliori, attraverso il contributo fattivo delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici”. Per questo la Fp Cgil, nel segmento dell’affermazione della legalità come assoluta precondizione, si schiera dalla parte di Gratteri.