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Cambiare le pensioni e dare lavoro ai giovani: questo, lo slogan che accompagnerà la giornata di mobilitazione nazionale, promossa da Cgil, Cisl e Uil, per il 2 aprile. Iniziative si svolgeranno in tutto il Paese, con centinaia di manifestazioni a livello locale. Questo, il tema dell’intervista a Morena Piccinini, presidente Inca, realizzata oggi da RadioArticolo1 (ascolta il podcast integrale).
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“Sabato sarà una giornata assai significativa, perché le pensioni sono l'emergenza sociale del momento – ha esordito la dirigente sindacale –. Il carattere unitario dell’iniziativa dimostra, seppur con alterne vicende, quanto il tema sia trasversale alle tre organizzazioni confederali, nonché pesantissimo per il futuro di milioni di italiani, perché i cambiamenti avvenuti negli ultimi anni - e non solo la legge Monti-Fornero -, hanno determinato un livello d’incertezza, malessere e disagio nelle persone, giovani e meno giovani, che le pensioni sono diventate una delle chiavi di volta dell’equilibrio sociale del Paese”.
“In primo luogo, bisogna smetterla con l’emergenza dei cosiddetti esodati: ciò significa dare una risposta strutturale alla questione. È in corso un dibattito davvero stucchevole, circa i vincoli con l'Unione europea. In realtà, non c’è alcun problema di costi, perché è molto più costoso mantenere un sistema bloccato, come l’attuale, sia per le imprese sia per i lavoratori che per il sistema pubblico, piuttosto che gestire con naturalezza uno spazio di flessibilità, peraltro previsto in modo molto esplicito nel metodo contributivo. La seconda cosa che rivendichiamo è dare valore alle pensioni in essere. La sentenza della Corte costituzionale è stata applicata dal governo nei minimissimi termini, solo al fine di evitare di ricevere un’ulteriore infrazione europea. Poi, forse, può darsi benissimo che la Consulta si pronunci di nuovo contro questi provvedimenti, ma non si può pensare, come fa Renzi, di rivalersi sui pensionati, che ricevono delle pensioni sempre più basse, usando come foglia di fico il fatto che qualche centinaia di migliaia di persone, particolarmente fortunate e con leggi ad hoc particolarmente vantaggiose, hanno pensioni altissime”, ha osservato la responsabile Inca.
“Il nostro è un Paese con pensioni povere, con persone con storie di grande precarietà e mancata contribuzione: in situazioni di gravi difficoltà economiche, gli anziani, con il loro reddito, sono il sostegno alla famiglia, ma questo non cancella il fatto che le loro pensioni siano troppo basse e che vadano protette, dietro l’ipocrisia di ritenere spesa pensionistica ciò che lo Stato reincassa a titolo di onere fiscale. È una tale cattiveria che i tedeschi non lo fanno, perché non conteggiano nella spesa pensionistica gli oneri fiscali e - guarda caso -, la Germania ha una spesa sul Pil molto più bassa dell'Italia, quando anche la nostra sarebbe pari a quella, se venisse conteggiata in modo giusto. In un sistema blindato come l’attuale, si deve aprire una finestra sull’età pensionabile: è in atto una forzatura per cui chi ha un lavoro non può uscire e impedisce la possibilità di nuove assunzioni. Invece, chi il lavoro non ce l'ha, perché l'ha perso, non rientra nel novero degli esodati, sta lì e aspetta senza retribuzione e ormai senza più ammortizzatori”, ha continuato l’esponente Cgil.
“Altro obiettivo della nostra piattaforma riguarda il welfare, capitolo doloroso della nostra storia previdenziale. Nel 2007, l’allora ministro del Lavoro Damiano introdusse il concetto di lavori usuranti, facendosi promotore di una legge e stanziando miliardi per permettere alle persone interessate di poter andare anticipatamente in pensione. Peccato che le norme applicative di quel provvedimento sono state così rigide per cui quasi nessuno è riuscito a usufruirne: né i turnisti né chi è alla catena né chi fa la notte. Alla fine, è divenuta una norma capestro, con tanti soldi che sono stati risparmiati. In realtà, non è vero che tutti hanno la medesima aspettativa di vita, perché, al di là delle statistiche, influisce moltissimo la condizione sociale, l'occupazione svolta e anche il pregresso lavorativo: tutto questo va considerato, perché nell’uniformità senza flessibilità, si rischia che chi ha un lavoro non gravoso può continuare secondo le soglie della Monti-Fornero. In caso contrario, si sta male, con danni fisici anche rilevanti, magari a casa senza niente: in quel caso, occorre uno sbocco pensionistico”, ha aggiunto la sindacalista.
“Il sistema è gravemente squilibrato a danno dei giovani. Verso di loro, abbiamo grandi responsabilità. Ci dicono: ‘Noi non andremo mai in pensione’; non è vero, ci si andrà tutti. Il punto è che se non s’interviene subito, rischiamo di avere una pensione così miserrima da non essere in condizione di viverci, e quindi si costruisce una società povera oggi, nel mercato del lavoro attuale, e povera domani, nella protezione sociale. Perciò, bisogna creare un sistema pensionistico che in futuro garantisca anche i giovani. Dobbiamo continuare a far vivere il modello a ripartizione, per cui i contributi di oggi servano a pagare le pensioni di domani. E sbaglia il governo quando lascia serpeggiare con insistenza l'idea per cui le politiche di agevolazione del lavoro possono dare una quota dei contributi versati a disposizione del reddito: è una presa in giro, perché ci lascerebbe ancora più esposti per il futuro. Questo messaggio, in apparenza così free, in realtà è una trappola infernale. Dobbiamo renderci conto che va trovato un sistema in cui la contribuzione torni ad essere un valore per tutti, non solo un costo per le imprese”, ha concluso Piccinini.