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I primi giorni di agosto sono stati caratterizzati da turbolenze sui mercati finanziari. A patire sono stati soprattutto i titoli bancari, anche se il sistema creditizio italiano non è uscito con le ossa rotte dagli stress-test messi in atto a fine luglio. Secondo quanto ha affermato in una recente intervista il governatore della Banca d'Italia Visco, però, le banche sono imprese come le altre, e in quanto tali devono fare affari, possono limitare i costi e, grazie alle nuove tecnologie, ridurre il personale.
“Le banche sono sì un'industria privata, ma hanno un impatto sull'economia e sulle persone e quindi rappresentano un bene comune. La logica del solo profitto che può valere in chi vende automobili, ad esempio, non può valere per il settore del credito. Indubbiamente il sistema bancario deve produrre ricavi, ma deve anche immaginare di farli a beneficio del Paese”. È stato questo il commento di Agostino Megale, segretario generale della Fisac Cgil, ai microfoni di Italia Parla su RadioArticolo1.
Per quanto riguarda il personale, invece, secondo Megale, “Visco ha ragione quando dice che le condizioni attuali del sistema bancario derivano dalla cattiva finanza americana e inglese che si è scaricata anche sul sistema industriale italiano, e che poi ci ha fatto perdere il 25% della produzione e un milione e mezzo di posti lavoro. Tutto questo, però, ora si riversa sul sistema creditizio, anche tutto ciò era ampiamente prevedibile. L'Italia ha perso 5 punti di Pil, ma anche se eravamo sottoposti allo stress derivante dallo spread non mettemmo in sicurezza il sistema, come fecero Spagna e Irlanda realizzando una bad bank di sistema. Bene che se ne siano accorti ora, meglio tardi che mai”.
“Per riaprire i rubinetti del credito alle imprese però – ha continuato il segretario Fisac – bisogna prima risolvere il problema delle sofferenze. Come insegna il piano Montepaschi, si deve immaginare un piano a livello di sistema, con un concorso del privato e del pubblico che metta in sicurezza tutto il settore per far ripartire la crescita. Ma, a differenza di quanto ha detto Visco, più che ridurre i costi, bisogna produrre ricavi. Se si opera solo sul taglio dei costi, l'unica strada è percorribile resta quella di chiudere altri sportelli e ridurre ancora l'occupazione. Finora abbiamo gestito 48.000 esuberi e abbiamo fatto entrare nel mercato del lavoro 12.000 giovani con il fondo per l'occupazione giovanile, ma nessuno si sogni di ricorrere ai licenziamenti. Più che altro, mi piacerebbe che il governo, che ha reso disponibile il fondo sugli esuberi per 7 anni, mettesse in campo un intervento per alleggerire i costi.”
“Eppure – conclude Megale, senza giri di parole – se qualcuno pensa di utilizzare la legge 223 (la legge del 1991 che disciplina il licenziamento collettivo in un contesto di crisi ndr) si troverà a fare i conti con uno sciopero generale della categoria. Per fare ricavi, invece, si deve immaginare un modello di banca che allarghi il suo servizio alla consulenza, alla politica industriale, che metta insieme crisi e innovazione digitale, per fare meglio il servizio che serve al paese”.