Peggiora la condizione del lavoro in Umbria. Lo dicono i dati dell’Osservatorio nazionale sul precariato delll’Inps, relativi ai primi 11 mesi del 2017 (gennaio-novembre). I contratti a tempo indeterminato scendono ancora, attestandosi a quota 10.054 nel periodo di riferimento (-11.4% sul 2016, -48% sul 2015). Lo rende noto, in un comunicato, Mario Bravi, presidente dell'Ires regionale.
Esplodono invece le altre forme contrattuali: tempo determinato 55.749, apprendistato 5.224 e stagionali 2.884. Il totale dei contratti attivati corrisponde a 79.991 mentre quelli cessati sono 62.825. "Di fronte a questo dato, si potrebbe incorrere in un errore profondo di valutazione, se non si tenesse conto del fatto che il 30% dei contratti ha una durata media di 1,4 giorni – spiega Bravi –. Quindi, il dato su cui riflettere è che 79.991 contratti non corrispondono affatto allo stesso numero di persone, visto che in molti casi una sola persona è costretta ad attivare 4 o 5 contratti nell’arco di 11 mesi".
Esiste dunque oggettivamente un problema di quantità del lavoro, ma soprattutto di qualità. "E la qualità del lavoro nella nostra regione è in costante peggioramento, infatti la percentuale dei contratti a tempo indeterminato sul totale dei rapporti si sta costantemente riducendo – osserva il dirigente Cgil –. Nei primi mesi del 2017 questa percentuale si attestava attorno al 20%, ora, con gli ultimi dati relativi ai primi 11 mesi del 2017, siamo scesi (tenendo conto anche delle trasformazioni) al 18,7%.Una percentuale ben più bassa della media nazionale, che si attesta al 23,4%. Inoltre, sempre per quanto riguarda il tempo indeterminato, facendo il confronto tra cessazioni e attivazioni, le cessazioni (16.353) superano di gran lunga le attivazioni(14.512). Mai c’era stato un divario così netto".
"Questa rilevazione e le nostre valutazioni, del tutto oggettive, confermano e accentuano l'allarme occupazione in Umbria, con l’esigenza inderogabile di ridare dignità e diritti al mondo del lavoro, soprattutto giovanile e femminile. Non si può costruire il futuro dell’Umbria sul lavoro povero e precario", conclude la nota.