I diritti dei lavoratori sono in caduta libera. In tutto il mondo. È quanto si evince dall’edizione 2018 del Global right index, curata dalla Confederazione internazionale dei sindacati (Ituc). Il Rapporto, che giunge al suo quinto anno, analizza lo stato di salute di 142 paesi sulla base di 97 indicatori riconosciuti a livello internazionale, in base ai quali valutare dove i diritti dei lavoratori sono meglio protetti dalla legge e nella pratica.

I risultati chiave del Rapporto parlano chiaro. Molti paesi escludono i lavoratori dal diritto del lavoro - dai lavoratori migranti, dai dipendenti del settore pubblico agli addetti delle attività commerciali con piattaforma –, e il 65% dei paesi inibiscono a intere categorie le coperture e tutele legislative.

Altre note dolenti:
- l'87% dei paesi ha violato il diritto di sciopero;
- l'81% dei paesi nega la contrattazione collettiva ad alcuni o a tutti i lavoratori;
- 54 dei 142 paesi analizzati negano o limitano la libertà di parola e libertà di riunione;
- il numero di paesi in cui i lavoratori sono esposti a violenza fisica e minacce è aumentato del 10% (da 59 a 65) e comprende Bahrain, Honduras, Italia e Pakistan;
- i paesi in cui i lavoratori sono arrestati e detenuti sono aumentati da 44 nel 2017 a 59 nel 2018;
- i sindacalisti sono stati assassinati in nove paesi: Brasile, Cina, Colombia, Guatemala, Guinea, Messico, Niger, Nigeria e Tanzania.

Sono tre le tendenze globali che destano l’allarme maggiore: riduzione degli spazi democratici, strapotere aziendale incontrollato, influenza della legislazione.

La democrazia è sotto attacco nei paesi che non garantiscono il diritto delle persone di organizzarsi, parlare e agire. Il Brasile ha approvato leggi che negano la libertà di associazione, la Cina ha limitato la libertà di parola e l'esercito è stato usato per sopprimere le dispute sul lavoro in Indonesia”: questa la sintesi fatta da Sharan Burrow, segretario generale dell’Ituc.

Il lavoro dignitoso e i diritti democratici – prosegue Burrow – si sono indeboliti in quasi tutti i paesi, mentre la disuguaglianza ha continuato a crescere. Ciò è stato alimentato dal comportamento oltraggioso di molte società multinazionali, come Samsung, le cui pratiche anti-sindacali negano ai lavoratori la libertà di associazione e i diritti di contrattazione collettiva, come mostrato nei documenti interni della società sequestrati dai loro uffici in Corea. E il potere aziendale di Amazon continua a crescere senza controllo”.

Attacchi alle libertà civili, arresti arbitrari, detenzione di lavoratori, erosione della contrattazione collettiva e crescente criminalizzazione del diritto di sciopero - ha aggiunto Burrow -: questa è una minaccia globale per la democrazia e la sicurezza. I governi devono agire nell'interesse dei lavoratori. Devono cambiare le regole per fermare le violazioni e porre fine all'avidità delle imprese”.

Il Rapporto elenca i dieci paesi peggiori per i diritti dei lavoratori nel 2018: Algeria, Bangladesh, Cambogia, Colombia, Egitto, Guatemala, Kazakistan, Filippine, Arabia Saudita e Turchia. Anche Haiti, Kenya, Macedonia, Mauritania e Spagna hanno visto la loro classifica peggiorare nel 2018 con un aumento degli attacchi ai diritti e ai diritti dei lavoratori.

Medio Oriente e Nord Africa sono anche quest’anno le regioni peggiori quanto al trattamento dei lavoratori, col sistema della “kafala” nel Golfo che ancora rende schiave milioni di persone. L'assoluta negazione dei diritti fondamentali dei lavoratori è rimasta in vigore in Arabia Saudita. Il conflitto in Libia, Palestina, Siria e Yemen ha portato alla rottura dello stato di diritto e alla negazione del diritto di trovare un lavoro decente. Le proteste pacifiche sono state violentemente represse e i tentativi di formare un movimento operaio indipendente sono stati sistematicamente schiacciati dalle autorità in Algeria e in Egitto, denuncia il Rapporto Ituc.

Anche in Asia-Pacifico le condizioni si sono deteriorate (aumento della violenza e degli arresti, criminalizzazione del diritto di sciopero, detenzione di attivisti e dirigenti sindacali). Tutti e 22 i paesi della regione hanno violato la contrattazione collettiva e il diritto di sciopero. Licenziamenti di massa si sono verificati in Indonesia, dove 4.200 lavoratori sono stati mandati a casa dall'operatore minerario Pt Freeport. In Myanmar 184 membri del sindacato sono stati licenziati. In Cambogia 558 lavoratori sono stati licenziati dopo uno sciopero alla Gawon Apparel Factory.

In Africa i lavoratori sono stati esposti a violenze fisiche nel 65% dei paesi della regione. Le proteste in Nigeria sono state violentemente represse dall'esercito, e un lavoratore è stato ucciso da uomini armati sconosciuti durante uno sciopero.

In Europa il 58% dei paesi ha violato i diritti di contrattazione collettiva e tre quarti dei paesi hanno violato il diritto di sciopero.

Le Americhe rimangono afflitte dal clima pervasivo di estrema violenza e repressione nei confronti dei lavoratori e dei membri del sindacato – denuncia l’Ituc –. Solo in Colombia 19 sindacalisti sono stati assassinati l'anno scorso: un drammatico aumento rispetto agli 11 dell'anno precedente.

La sfida per i governi è governare per le persone, non per gli interessi aziendali, e fare leggi che rispettino le norme internazionali del lavoro e mantenere aperto lo spazio democratico che dà ai lavoratori voce nella loro comunità e nei luoghi di lavoro. Senza questo ci troviamo di fronte a un mondo insicuro e frammentato”, ha concluso Burrow.

(D.O.)