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Il 70 per cento di chi lavora in radio o in televisione soffre di depressione, insonnia, nervosismo e ansia. Lo dicono i lavoratori che hanno partecipato a Stai in onda, la prima ricerca svolta in Italia sui precari del settore radiotelevisivo con l’intento di analizzarne condizioni di lavoro, bisogni e proposte. Promossa da Slc (il Sindacato dei lavoratori della comunicazione della Cgil) in collaborazione con l’Associazione Bruno Trentin, la rilevazione si è conclusa a inizio anno e i risultati ufficiali verranno resi noti l'11 novembre, durante un'iniziativa nella sede nazionale della Cgil.
I dati raccolti sono allarmanti. “Nelle aziende radiotelevisive – dice Barbara Apuzzo, segretaria nazionale Slc Cgil – operano migliaia di persone che contribuiscono alla creazione e diffusione dei programmi che vediamo e ascoltiamo ogni giorno. Il settore è sempre stato caratterizzato da forme di lavoro temporaneo, ma il ricorso a queste tipologie contrattuali è andato progressivamente aumentando negli anni, mentre le condizioni di lavoro sono diventate sempre più difficili. La realtà quotidiana di questi lavoratori è poco o per nulla conosciuta, sia da parte dei cittadini, sia da parte delle istituzioni, tanto che anche le statistiche ufficiali non consentono di avere una rappresentazione approfondita del settore”.
L’obiettivo della indagine, però, non sarà solo denunciare questo fenomeno. A un momento di riflessione pubblica sui suoi risultati farà seguito infatti un’importante azione sindacale volta a scardinare i meccanismi stessi che rendono possibile tutto questo. Il questionario standardizzato diffuso tra i lavoratori è stato distribuito sia on-line che “sul campo”, e ha indagato i principali aspetti che caratterizzano il lavoro discontinuo e saltuario nelle radio e televisioni italiane: le condizioni di lavoro, gli aspetti economici e retributivi, le difficoltà legate alla condizione di precarietà, gli obiettivi di cambiamento e di miglioramento che gli stessi lavoratori chiedono.
Ma qual è la situazione occupazionale nel settore? Le tv e radio che applicano i contratti collettivi nazionali firmati da Slc (Rai ed emittenza privata) occupano complessivamente circa 25 mila addetti, esclusi i giornalisti. “Nel settore è esteso il fenomeno del contratto a tempo determinato, che coinvolge almeno 2 mila lavoratori, quasi esclusivamente concentrati in Rai e Sky – specifica la Apuzzo –. Il riconoscimento della stagionalità televisiva ha consentito nel tempo di siglare accordi importanti sui ‘bacini di reperimento del personale a tempo determinato e di stabilizzazione’. In Rai, per esempio, sono stati stabilizzati quasi 2.000 lavoratori in base agli accordi del 2008 e del 2011. Grazie poi ad un importante accordo sottoscritto il 4 luglio 2013, con il quale abbiamo previsto l’anticipo di due anni per la stabilizzazione dei contratti a tempo determinato facenti parte dei bacini, entro il 2019 avremo l’esaurimento del bacino degli addetti a tempo determinato”. In Sky, invece, i lavoratori stabilizzati sono ad oggi oltre 400.