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Hanno già formato una cooperativa per prendere in gestione la società Agrigas, nata sulle spoglie di due aziende confiscate alla mafia. Ma l'Agenzia nazionale dei beni confiscati non risponde. Da agosto bussano alla porta della sede di Palermo, mandano richieste con la posta certificata alla direzione nazionale dell'Agenzia e al presidente del Tribunale, inviano sollecitazioni alla Prefettura, ma nessuno li convoca. Ieri una delegazione di lavoratori, assieme alla Filctem Cgil Palermo, si è recata nella sede palermitana di via Vann'Antò per chiedere spiegazioni. Ma anche questa volta non li hanno potuti ricevere.
A denunciare i fatti sono gli 11 lavoratori di due imprese dell'area industriale di Carini di produzione e ingrosso di gas compressi e liquefatti, l'ex Centralgas, appartenuta a Francesco Paolo Bontate, e la Vigorgas serbatoi, poste in liquidazione e assorbite dalla Agrigas con un contratto di affitto stipulato nel settembre del 2011. L'Agrigas, dal febbraio scorso, su decisione della Procura della Repubblica, nel procedimento penale e di sequestro, è seguita dall'amministratore giudiziario Carlo Catalano.
A luglio 2017, il contratto d'affitto di Agrigas è scaduto. I giudici a ottobre hanno stabilito che la gestione dell'azienda non era più remunerativa e beni e dipendenti dal primo novembre sono tornati nelle aziende madri. Ma nel frattempo la Vigorgas è fallita e la Centralgas è in liquidazione. Quattro lavoratori si sono ritrovati così disoccupati e i sette di Centralgas da novembre stanno in azienda, nella disponibilità del liquidatore, ma non percepiscono lo stipendio: il sindacato chiede che gli venga dato quantomeno un acconto.
L'Agenzia per i beni confiscati nel frattempo ha presentato un piano industriale per mettere all'asta l'azienda. Da qui la decisione dei dipendenti di avanzare la loro proposta per garantire la continuità dell'attività produttiva. “L'Agenzia ha nominato due coadiutori per predisporre un piano industriale, che è stato consegnato il 28 dicembre per le valutazioni. A tutt'oggi questo piano non è mai stato mostrato ai sindacati e non sappiamo cosa contiene – dichiarano il segretario generale della Filctem Cgil Palermo, Francesco Lannino, e Pietro La Mattina della Filctem -. I lavoratori si sono organizzati in cooperativa e hanno comunicato a dicembre la disponibilità alla gestione. Hanno maturato una lunga esperienza, nessuno meglio di loro potrebbe subentrare alla guida dell'impresa. L'impressione è che l'Agenzia prenda tempo: saremo contattati appena verrà a Palermo la direttrice nazionale per i beni confiscati Matilde Pirrera. Anche la Prefettura, dopo una richiesta inviata il 9 agosto e una sollecitazione il 4 ottobre, è rimasta finora in silenzio”.
Sulla vicenda interviene la Cgil Palermo. “Davanti a un muro di gomma, come sta accadendo in questo specifico caso, chiediamo che la Prefettura diventi luogo di confronto, come prevede la legge. La costituzione di una cooperativa di lavoratori è un fatto raro e per questo importante. Merita la dovuta attenzione”, dichiarano il segretario generale Cgil Palermo Enzo Campo e Mario Ridulfo, responsabile del settore delle confische per la Cgil Palermo.
“Su Palermo – aggiungono Campo e Ridulfo - stiamo riscontrando l'impossibilità di attivare un confronto con l'Agenzia nazionale dei beni confiscati. Non viene garantita all'organizzazione sindacale la possibilità di un luogo dove discutere con l'azienda e i lavoratori. Ormai da diverso tempo l'Agenzia non comunica e non sente l'esigenza di confrontarsi con i sindacati".
"Cominciamo a pensare che esista un problema di direzione dell'Agenzia. Sia pur con i cambiamenti in corso, dovuti al nuovo codice antimafia, negli ultimi mesi il confronto con la direzione non è stato all'altezza delle esigenze poste. Constatiamo che in quella che resta una delle aree in Italia con la concentrazione più alta di aziende confiscate, non c'è un livello sufficiente di interlocuzione”, concludono i sindacalisti.