Per artigiani e commercianti le tutele previdenziali dei coniugi saranno estese anche ai partner di una Unione civile, ma non ai conviventi di fatto. Con la circolare n. 66 del 31 marzo, l’Inps fornisce le prime istruzioni in merito all’incidenza delle disposizioni normative, introdotte con la legge sulle Unioni Civili e convivenze (l. n. 76/2016) sulla disciplina degli obblighi previdenziali posti a carico degli esercenti attività d’impresa.
Ne dà notizia il patronato Inca Cgil nell'ultimo numero di Esperienze.
L’equiparazione tra il coniuge e ognuna delle parti dell’Unione Civile – spiega l’Inps - comporta la necessità di estendere le tutele previdenziali in vigore per gli esercenti attività autonoma anche ai coadiuvanti uniti al titolare da un rapporto di unione civile, regolarmente registrato. Ne deriva che, in sede di comunicazioni di eventi che il titolare è tenuto ad effettuare mediante il sistema ComUnica, introdotto dalla legge n. 40/07 e in vigore a partire dal 1/4/2010, egli potrà indicare come proprio collaboratore colui al quale è unito civilmente, identificandolo, nel campo relativo al rapporto di parentela, quale coniuge. Anche con riferimento al campo di applicazione dell’istituto dell’impresa familiare, deve intendersi che il soggetto unito civilmente al titolare dell’impresa familiare deve essere equiparato al coniuge, con tutti i conseguenti diritti ed obblighi di natura fiscale e previdenziale.
Per quanto riguarda, invece, le convivenze di fatto, la nuova normativa estende al convivente alcune tutele, espressamente indicate, riservate al coniuge o ai familiari, ma non introduce alcuna equiparazione di status, né estende al convivente gli stessi diritti/obblighi di copertura previdenziale previsti per il familiare coadiutore. “Pertanto – precisa l’Inps -, il convivente di fatto, non avendo lo status di parente o affine entro il terzo grado rispetto al titolare d’impresa, non è contemplato dalle leggi istitutive delle gestioni autonome quale prestatore di lavoro soggetto ad obbligo assicurativo in qualità di collaboratore familiare”. “Le sue prestazioni – avverte l’Istituto - saranno quindi valutabili, in base alle disposizioni vigenti ed alle elaborazioni giurisprudenziali, al fine di individuare la tipologia di attività lavorativa che si adatti al caso concreto”.