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In Italia sono un milione e mezzo i lavoratori in nero nel 2017, lo Stato perde 20 miliardi di euro in entrate fiscali. Lo rivela la Fondazione studi dei consulenti del lavoro. “C’è pochissima attenzione per un fenomeno che, nel nostro Paese, ha una preoccupante caratteristica strutturale”. Così il segretario confederale della Cgil, Tania Scacchetti, esordisce ai microfoni di RadioArticolo1.
Molto preoccupante, in particolare, che la tendenza sia tornata in crescita negli ultimi anni. “Non se ne parla abbastanza – dice la sindacalista – e quando se ne parla in trafiletti si evidenziano i costi economici dei miliardi sottratti al fisco. Ma c'è anche un costo sociale che ricade sulle singole persone: lavorando in nero si vive una condizione ricattabile, con salari bassi, nessun contributo assicurativo, sicurezza molto scarsa”.
C’è infatti una relazione tra questi dati e l’aumento degli incidenti sul lavoro: “Siamo il Paese dei paradossi: abbiamo una legislazione molto forte in tema di sicurezza, penso al Testo unico migliorabile ma solido, e un’incidenza degli infortuni altrettanto forte. Il nero e il sommerso sono alcuni fattori che li determinano, insieme a molti altri: servono investimenti in infrastrutture materiali e immateriali, una migliore organizzazione del lavoro. In Italia si continua a morire come cinquanta anni fa, segno che le regole più basilari sulla sicurezza non vengono applicate”.
Il mancato gettito equivale a una legge di bilancio. “La ricchezza prodotta ma nascosta al fisco è aumentata negli ultimi anni di oltre il 30%, pari a 400 miliardi - prosegue Scacchetti -. Non si possono leggere i dati slegati dalla condizione del Paese, soprattutto quando affronteremo la discussione sulla legge di bilancio e saremo ingabbiati dai vincoli”.
Chi lavora in nero, poi, avrà un grave problema con la pensione. “Questo non si dice mai: è un tema molto sottovalutato, ed ecco che si torna ai costi sociali. Sulla previdenza stiamo misurando la distanza tra il livello demagogico della campagna elettorale e ciò che vedremo – probabilmente – nella legge di bilancio. Sono quattro milioni i lavoratori che operano non in piena regolarità: senza versamenti contributivi, non hanno tutto l’orario riconosciuto, sono in condizione di grigio e semisommerso. Inoltre avranno un impatto deleterio sull’equilibrio generazionale, perché sono soprattutto giovani".
"Saranno pensionati poveri, che raggiungeranno la pensione allo scoccare dell’età anagrafica, quindi molto avanti con gli anni secondo le nuove leggi: il loro assegno sarà poverissimo, non in grado di sostenerli. A questo si aggiunge il cambiamento demografico del Paese, con un forte invecchiamento della popolazione e quindi un calo delle persone in età da lavoro”. Il “default sociale” è molto vicino, spiega Scacchetti, e “questo non dipende dalle politiche europee, ma dalle scelte sbagliate che abbiamo fatto a casa nostra”.
In tal senso non convincono le ricette attualmente sul tavolo. “Si ragiona in modo demagogico sulla flat tax – a suo avviso -, ovvero una riduzione di tasse che porta benefici solo ai più ricchi, che già hanno tratto vantaggio da dieci anni di crisi e polarizzazione della ricchezza. Invece occorre una seria politica di contrasto all'illegalità, contro evasione ed elusione, che deve avere un obiettivo preciso: recuperare risorse. Fondi che potranno essere utili per le infrastrutture, un volano per l’attrazione di capitale e per l’internazionalizzazione del Paese. Sulla situazione infrastrutture materiali, la tragica conferma ci è appena arrivata dal crollo del ponte a Genova. Sulle immateriali – conclude -, serve una vera banda larga, l’agibilità dei trasporti, la velocità della giustizia e una pubblica amministrazione valida ed efficiente”.
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