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L’AQUILA - La zona rossa di Paganica è deserta. Un cumulo di macerie. A ridosso del prezioso borgo – fino a qualche anno fa meta delle gite scolastiche di tutto il circondario – sorge la scuola media chiusa dopo il terremoto. La parte sinistra della facciata a prima vista sembra in buono stato. L’altro lato no, è pericolante. E allora i progettisti hanno deciso di buttare giù tutto: saranno le ruspe a completare l’opera demolitoria iniziata sette anni fa dal sisma. Pesa, però, l’incognita dei tempi per la ricostruzione. La burocrazia, si sa, ha le sue lungaggini; i fondi ci sarebbero, ma la coperta è sempre troppo corta e prima del 2020 – dicono da queste parti – non si tirerà su nemmeno un nuovo mattone.
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Proprio qui, sulla facciata dell'ex scuola abbandonata, spicca la grande opera di StencilNoire, gigantografia dei volti di due anziani che paiono innamorati, rugosi eppure sorridenti. Non fai in tempo a girare l’angolo sulla provinciale ed ecco spuntare l’altro imponente murales che quasi si fonde col primo tra gli spigoli del palazzo. L’ha disegnato Solo, un giovane artista romano – poco conosciuto dai noi, negli Stati Uniti è praticamente una star – , il quale ha voluto dipingere sulla parte di muro a lui assegnata una giovane donna in lacrime, perfetto contraltare dell’altro disegno con i due vecchi. Il colpo d’occhio è da brividi. Sono sette in totale i murales che impreziosiscono le case diroccate di Paganica, periferia dimenticata tra le macerie del 6 aprile 2009. L’idea di farne una mostra a cielo aperto è stata dello Spi Cgil insieme ai ragazzi del Re_Acto Fest (qui gli artisti che hanno aderito).
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Il sindacato dei pensionati abbraccia così una nuova forma artistica e comunicativa – riprendendo l'antica usanza della Cgil di collaborare con l'arte contemporanea – e sperimenta il linguaggio forte e incisivo della cultura urbana. Il nome scelto è “Effimera Edition” per rimarcare il carattere momentaneo delle opere realizzate su muri da abbattere o da restaurare. Il fine ultimo è ricordare che a Paganica il processo di ricostruzione è allo stato embrionale e migliaia di persone (per la maggior parte anziani) sono costrette ancora nelle new town. Un segnale, un monito, un invito a fare presto. “La street art ha di per sé una natura effimera, soggetta com’è alle intemperie o al vandalismo o ad essere ricoperta”, spiega l’ideatore del Re_Acto Fest Luca Ximenes: “Si spera che la fine delle nostre opere d’arte coincida con la la ripresa della vita nell’edificio: il nostro obiettivo, sembrerà strano, è vederle distrutte per lasciare il posto alle case ricostruite”.
La festa nazionale di LiberEtà, il mensile dello Spi, ha fornito l’occasione giusta. Non soltanto a uso e consumo della classe dirigente e degli attivisti, bensì pensata e poi realizzata in alleanza con le persone del luogo. Le pareti messe a disposizione, eccetto il caso citato della scuola media, sono tutte di privati cittadini. Qui è entrato in gioco lo Spi Cgil con i suoi attivisti. Uno di loro, Giovanni Panepucci, operaio ex Alcatel con la passione per l’orto, si è messo di buzzo buono ed è andato in giro casa per casa a chiedere l’autorizzazione, a spiegare – lui, anziano – cos’è la street art e perché sarebbe stato giusto concederle uno spazio. Alla fine è anche grazie al suo impegno, in sodalizio con i giovani writers, che l'idea si è concretizzata. E qualche risultato concreto è già arrivato: non è forse un caso che, dopo la recente visita di una delegazione comunale nella zona dei murales, si sia sbloccata qualche pratica che era rimasta impigliata nelle pastoie burocratiche.
Il più grande cantiere d’Europa
Gli aquilani dicono che qui in città c’è il cantiere più grande d’Europa. Se è vero che ogni campanile tipicamente si intesta i più strampalati record continentali o addirittura mondiali, questa volta c’è da crederci. Non c'è dubbio che rispetto all'anno scorso – quando nella zona rossa i palazzi erano quasi tutti a pezzi – il passo avanti è stato notevole. Lungo i corsi principali e i vicoli tutto intorno c’è un frastuono continuo, ovunque operai edili con imbracature e caschi, ingegneri che studiano progetti nei (pochi) bar riaperti. La polvere dei frullini al lavoro in decine, forse centinaia di palazzi, ti entra nelle scarpe. Anche l’odore è forte, come quello di una città intera in ristrutturazione, mentre i camioncini con i materiali di risulta corrono veloci e puzzolenti per le viuzze. Qui in città – siamo a circa un quarto d’ora di macchina da Paganica – il colpo d’occhio è ben diverso rispetto alla periferia. Alla rassegnazione degli ultimi tempi, raccontano gli aquilani stessi, ora si è sostituita la speranza di rivedere la luce in fondo al tunnel. Un tunnel che tra l’altro c’è davvero, nel centro storico: lo stanno scavando per cablare la città modello smart city. E non mancano altri segnali positivi, vedi il recente stanziamento di tre anni destinato al Gran Sasso Science Institute.
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Tutto bene, dunque? Non proprio. Se il grande cantiere è partito – questa è certamente la buona notizia – non mancano i ritardi, i rimpalli di responsabilità fra i tecnici nel completare la lista degli edifici destinatari dei fondi, i giochi non sempre chiari per cercare di ottenere il bonus sulle seconde case (non si potrebbe), e via discorrendo. Ciò che manca di più, però, mi spiegano gli ospiti aquilani, è la ricostruzione sociale. Perché se quella fisica vedrà il suo compimento non prima di una decina d’anni, loro si domandano cosa faranno nel frattempo. Vivranno in una bellissima e funzionale città-fantasma? Nessuno vuole questo, è chiaro, tuttavia senza un progetto il rischio c’è. L’università ha dimezzato i propri iscritti (si è passati da oltre 30mila agli attuali 15mila circa) e sta facendo una scelta precisa verso un modello d'eccellenza (numero chiuso per alcune facoltà, tasse che ora si pagano di nuovo, dopo la sospensione).
Tra dieci anni sarà una bellissima e funzionale città-fantasma?
Il fallimento del Progetto Case è sotto gli occhi di tutti: ha fornito un tetto nell’emergenza, ma dai mesi si è passati agli anni; ancora oggi drena risorse malgestite; la mancata manutenzione fa crollare i balconi; il contenzioso tra Comune e Acea su chi deve pagare le utenze è l’ultimo tassello di un progetto nato male e finito peggio. Neppure il turismo decolla e l’incombente campagna elettorale (si voterà l’anno prossimo) per forza di cose rallenterà la corsa. Ecco perché è importante riaccendere i riflettori come sta facendo lo Spi. A Paganica grazie all'arte urbana, in città con le tante iniziative culturali (visite guidate, premi letterari, concerti gratuiti, mostre fotografiche, degustazioni). Senza dimenticare il sostegno economico giunto con la sottoscrizione di oltre mezzo milione di euro per il centro anziani. Vari, piccoli, aiuti proprio per la ricostruzione sociale che gli aquilani chiedono a gran voce. “Siamo con la città e per la città”, ha detto il sindacato presentando la sua festa nazionale. Per far risplendere al più presto la grande bellezza dell’Aquila e degli aquilani.