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Una montagna di 957 pagine, complicata da scalare. E' l'ultima Relazione annuale della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, presentata lo scorso 22 giugno, che riassume l'intensa attività preventiva e repressiva svolta nel periodo luglio 2015 - giugno 2016. Sfogliarla è lungo e pesante ma utilissimo per gli aggiornamenti, gli spunti e la conferma sulle cose da fare nella società e riguardo alle strutture produttive esposte agli affari malavitosi
E la Cgil cerca di stare sul pezzo, ogni giorno, nelle relazioni con i lavoratori e le controparti datoriali ed istituzionali. In questa nota ci limiteremo ad analizzare i numerosi e puntuali riferimenti che il report rivolge all’Emilia Romagna. Perché subito a metà della prima pagina, dopo le presentazioni, la nostra regione è citata per la "presenza della ‘ndrangheta al nord, notevolmente diffusa, che non presenta però ovunque le stesse caratteristiche". E la spiegazione che poi viene fornita è chiara.
Mentre in Veneto e in Friuli Venezia Giulia "l'organizzazione criminale reinveste i cospicui proventi nel settore immobiliare", Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna "sono regioni in cui, invece, vari sodalizi hanno ormai realizzato una presenza stabile, con accordi e sinergie fra le varie mafiosità". Intercettando prestanome, imprenditori e professionisti di riferimento e flussi economici nei territori; radicando la loro presenza capillare nei vari settori ormai conosciuti – edilizia, trasporti, commercio, servizi, ecc. – e cercando di governare "il bisogno di lavoro" fuori dalle regole contrattuali e, a volte, manovrando con "sindacati di comodo" (p. 23).
Tralasciamo l'ampia documentazione e le tante conferme negli atti e sedute in corso del maxi processo Aemilia, che vede anche i sindacati confederali presenti quali parti civili.
L’Emilia Romagna fa registrare, anche in questo ultimo anno considerato, una intensa attività investigativa, sostenuta da segnalazioni trasmesse dalla Dia regionale, con ben 237 citazioni antimafia e 3 di antiterrorismo: è la terza regione, dopo Campania e Lazio, e la prima in tutto il centro-nord. Il capitolo della Relazione dedicato all’Emilia Romagna documenta come nell'anno in questione siano "sopravvenuti 124 procedimenti contro noti" presso il Distretto antimafia di Bologna, descrivendo le evoluzioni delle mafiosità nostrane che hanno gli obiettivi di: "penetrare nella realtà economica locale per riciclare i proventi criminali, lasciando/facendo posto a figure professionali ed imprenditoriali locali"; "mimetizzarsi nel tessuto sociale locale ed investire anche nelle attività economiche legali"; "intestazioni fittizie e false fatturazioni… lavoro irregolare… avvicinamento al sistema degli appalti, subappalti di lavori pubblici e privati, con metodi corruttivi".
A tale proposito, il capitoletto emiliano-romagnolo cita solo alcuni esempi, casualmente in prevalenza modenesi: società Bianchini e Dueaenne (riconducibile al gruppo Bianchini) per il filone ‘ndrangheta; CPL Concordia e Pi.Ca. srl sul filone camorra (p. 508). Un’attenzione e un allarme particolare sono rivolti al possibile "pesante condizionamento dell'attività politico-amministrativa, come dimostrato dallo scioglimento del comune di Brescello… e le preoccupanti interferenze rilevate nel comune di Finale Emilia".
Un particolare rilievo ai nostri territori è rivolto al delicato filone dei "reati spia" riferiti alla "criminalità ambientale". La Relazione nazionale, pacatamente, rimprovera una certa sottovalutazione in tal senso. Ma l'Emilia Romagna è citata positivamente per essere sul podio delle "iscrizioni per delitti ambientali": al secondo posto nazionale con 17 procedimenti e 91 indagati, dopo Campania con 22, e prima del Piemonte con 16. E' questo un fenomeno malavitoso in crescita perché "le imprese delinquono di più in materia ambientale".
Nel terzo capitolo, riguardante la "criminalità organizzata di origine straniera", è interessante il dato relativo alla distribuzione territoriale che vede l'Emilia Romagna collocarsi al sesto posto, tra le regioni italiane, con 26 procedimenti aperti nell'anno e 117 indagati stranieri (38 marocchini e 29 albanesi), dopo Lombardia, Campania, Toscana. Ma siamo pure la quinta regione con otto procedimenti aperti per reati di "riduzione in schiavitù", il peggio del caporalato.
Da due anni, la seconda “a” di Dnaa sta per antiterrorismo, considerata l'attualità e l'urgente necessità di individuare, prevenire e colpire un crescente fenomeno epocale. Il report valorizza e riconosce il merito della Dda-Emilia Romagna quale unica procura distrettuale ad aver attivato due procedimenti di prevenzione antiterrorismo (p. 224). E si potrebbe continuare ancora; gli spunti sono tanti e fondati su dati e fatti concreti, spesso sottovalutati anche in queste nostre realtà locali.
Anche questa "lettura" deve perciò spingere tutte le nostre reti sociali, civili ed economiche - e il sindacato c'è - a fare ancora meglio e di più nei nostri territori. Facendo camminare bene e in fretta l'ottima legge regionale sul Testo unico sulla legalità, a partire dai territori locali. Dalla trasparenza e premialità negli appalti alla solida applicazione delle norme anticorruzione; dai migliori controlli contro il lavoro irregolare alle segnalazioni antievasione fiscale dai comuni; dai pesanti dati regionali sulle operazioni sospette di riciclaggio alla definizione di protocolli con i nostri tribunali per l'utilizzo sociale dei patrimoni sequestrati alle mafie; da investimenti strutturati, per una solida cultura della legalità nelle scuole, imprese e professioni, alla radicata prevenzione di situazioni di degrado per rifugiati ed immigrati.
* Franco Zavatti è coordinatore Cgil Emilia Romagna sicurezze urbane e legalità nel territorio