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Una proposta industriale importante. E utile anche per altre categorie e altri settori: perché solo crescendo dimensionalmente o aggregandosi le imprese sono in grado di poter oggi competere a livello globale. Così Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, nel suo articolato intervento che ha concluso l’iniziativa organizzata a Roma dalla Fillea “Per un vero sblocca cantieri. Una proposta di politica industriale di sistema”, che ha chiamato a raccolta sindacalisti, economisti ed esponenti del mondo delle banche e delle imprese sulla sua proposta di “sblocca cantieri finanziario”, una società veicolo partecipata da Cdp e banche per far ripartire il settore con un serio progetto di politica industriale in cui il ruolo degli investimenti pubblici sia centrale.
Resta il fatto, per il sindacalista, che il nostro paese sta sempre più arretrando in confronto agli altri paesi e su questa situazione “occorre intervenire”, anche perché “l’Italia appare una realtà sempre più sfiduciata” e bisogna fare presto, perché il tempo per ripartire “è quasi finito, anzi siamo già ai supplementari”.
Bene quindi, ha osservato, pensare al coinvolgimento dei Cdp (“ma le forme di finanziamento potrebbero anche essere altre”) che sostenga “la possibilità che le imprese del paese crescano o si uniscano. Bisogna interrogarsi infatti su cosa significhi oggi un'azione di politica industriale e secondo me un intervento anche pubblico non è più evitabile. Se non lo facciamo, tante imprese rischiano di saltare e si perderanno tanti posti di lavoro, con il paradosso che ciò avviene in un settore in cui il lavoro c’è”.
In una prospettiva che guarda al futuro Landini ha toccato un altro tema che gli sta particolarmente a cuore, quello della partecipazione dei lavoratori: “I lavoratori è giusto che vengano informati e dicano la loro, perché in gioco non c’è solo la paga e il posto, ma il futuro sostenibile del pianeta”.
Il segretario generale della Cgil ha poi rimarcato dei dati gravi per lo sviluppo: il fatto cioè che il rapporto tra la capitalizzazione in borsa e il Pil in Italia è un terzo di quello francese e tedesco, mentre rallentano gli investimenti privati e soprattutto quelli pubblici, con un 30 per cento in meno dal 2008 a oggi. Di fronte a questi dati, in un’ottica anche europea, il governo deve agire, fare la sua parte, “ma se invece ti inventi i minibot stai prendendo in giro le persone e non mi misuri con le cose che potresti fare”.
In Italia il risparmio privato è molto ricco, ebbene “io credo, pur non essendo un economista, che costruire un’offerta per queste persone che con tutte le sicurezze garantite permetta loro di investire per far ripartire il paese potrebbe essere una buona idea”. Stesso discorso può valere per i fondi previdenziali: “Se mettiamo assieme i fondi contrattuali e quelli non contrattuali – e stiamo parlando di più di 100 miliardi di euro –, abbiamo una grande massa di soldi di lavoratori che servono sì per garantirsi un rendimento pensionistico, ma che con le massime garanzie possono essere utilizzati per difendere posti di lavoro in Italia. Non è sovranismo, ma al contrario dare un senso forte all’idea di Europa”.
Dopo aver ribadito il suo giudizio negativo sullo sblocca cantieri del governo giallo-verde, Landini ha sottolineato come la proposta dello sblocca cantieri finanziario lanciata dalla Fillea può essere utile anche in altri settori, “perché ovunque è necessario ingrandirsi per sopravvivere. Penso alla Telecom: vogliamo continuare a spezzettare o proviamo a ragionare su un’idea diversa?”. Anche per la automotive è la stessa cosa, e il tentativo di fusione Fca-Renault dimostra che per sopravvivere bisogna crescere: “Se non fai alleanze non vai da nessuna parte. Su 89 milioni di auto che si fanno nel mondo, 30 milioni vengono dalla Cina: ormai ci si confronta con i capitalismi di Stato. E se prendiamo le auto elettriche, Francia e Germania stanno provando a fare un consorzio, perché lì il futuro è di chi controlla le batterie per le ricariche”.
Insomma, per il numero uno della Cgil i processi di trasformazione in atto nei settori produttivi sono di una tale portata quanto a investimenti “che è molto difficile pensare possano avvenire senza che ci sia un intervento dello Stato”. “Ma per questo – ha attaccato – serve una politica che sia all’altezza della sfida e non che faccia campagna elettorale 365 giorni l'anno. Occorre invece che sia in grado di fare il proprio mestiere: disegnare un futuro”.