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Era un po' difficile intitolare un congresso“Voglia di riscatto” e poi sostenere che in sostanza non c'è nulla da fare, se non sperare che dal governo piovano scelte coerenti per quel“riscatto” del mondo del lavoro. È spiegabile anche così l'apertura dell’assise Uil con la notizia di una condivisione della scelta di uno sciopero generale. È il biglietto da visita del nuovo segretario Carmelo Barbagallo, un modo, forse, per dare uno scossone a un’organizzazione guidata per 14 anni da Luigi Angeletti, un modo per stabilire meglio una rinnovata identità.
La Uil era conosciuta nel passato un po’ come il sindacato di molti socialisti, dei repubblicani, dei socialdemocratici. Era nata nel 1953 con Italo Viglianesi per battere “l'offensiva combinata della classe padronale e del comunismo". Etichette via via disperse e trasformate con Giorgio Benvenuto che, dopo l’importante ruolo svolto tra i metalmeccanici nell’autunno caldo, batte strade nuove attraverso un ambizioso “sindacato dei cittadini”. Nel 2000 Angeletti, eletto dopo la lunga gestione di Pietro Larizza, raccoglie questa eredità difficile, non solo per la Uil. L’intero movimento sindacale, via via affievolendosi le diverse sponde politiche, cerca di affermare in questi anni tormentati la propria autonoma capacità di elaborazione e di scelte organizzative. Un proposito non facile di fronte al frantumarsi del mondo produttivo e al formarsi di un esercito di atipici e precari spesso difficili da recuperare a un impegno sindacale. Nonché di fronte a governi sempre più intenzionati a disfarsi del condizionamento sindacale. Con qualche eccezione rappresentata, ad esempio, dal confronto con i governi prima di Giuliano Amato poi di Azeglio Ciampi.
Ora tocca a Carmelo Barbagallo prendersi la responsabilità di guidare la Uil. Suona a suo favore una biografia di tutto rispetto avendo egli vissuto sulla propria pelle non solo esperienze precarie, ma perfino di lavoro minorile. Ha cominciato a 8 anni la sua trafila operaia, passando poi all'apprendistato e quindi ad una serie di esperienze (barbiere, pastificio, cooperativa ittica, poste) fino ad approdare alla Fiat di Termini. Ora, a 67 anni, dopo aver fatto il vice di Angeletti, eccolo di fronte al nuovo impegno. Non più alle prime armi, perché qui non si rottama nessuno. Lui, però, alle possibili critiche risponde (leggiamo sul Sole-24 Ore):“Io non sono anziano, ho solo iniziato prima”.
E concorda, quindi, sulla necessità di uno sciopero generale. Una buona notizia per quanti sono convinti che non basti fare da soli, che l’unità sindacale, non è un vezzo opportunistico, non è una ricerca impossibile, ma è un impegno vitale se si vuole incidere davvero nelle scelte di chi, come l’attuale governo, considera il movimento sindacale un oggetto da museo. Se davvero si vuole ottenere rispetto, ascolto di proposte possibili. Non è vero che così facendo si operi, come ha scritto Marcello Sorgi su “La Stampa” (ma non è certo il solo) a favore del “muro contro muro”, negando l’interlocuzione con i pubblici poteri. Sono stati i pubblici poteri a costruire il muro, a negare un confronto serio. E anche la stessa Cisl che pure ammette la necessità di una scesa in campo del pubblico impiego, dovrebbe ammettere che quella della Cgil e della Uil non è una scelta improvvisata e avventurista.
Con la consapevolezza che, certo, lo sciopero generale non sarà una specie di colpo di cannone risolutivo, ma il momento alto di una mobilitazione che, come ha sostenuto il segretario Cgil Nino Baseotto, dovrà continuare con altre forme, magari anche con scioperi alla rovescia capaci di stabilire più ampi consensi, soprattutto nei servizi ai cittadini. Quella in atto, insomma, non è la partita di un giorno visto che riguarda certo i contratti bloccati del pubblico impiego, ma anche norme che rivoluzionano l’assetto sindacale nel mondo del lavoro non solo per via dei licenziamenti facili, ma, ad esempio, per il demansionamento, per i controlli, per le sorti del contratto nazionale, per il ruolo dei patronati. Senza contare le richieste relative a un ritorno a una politica industriale efficiente, atta a ristabilire fonti di ricchezza.
Del resto gli scioperi e le manifestazioni in corso hanno dimostrato di non essere inutili. Hanno contribuito a diffondere tra i governanti più attenti il timore di una progressiva perdita di consensi elettorali. Hanno contribuito a determinare sia pure modestissime e insufficienti correzioni al pacchetto di norme sul lavoro. È chiaro che la partita resta aperta e troverà nuovi sviluppi quando si passerà ai cosiddetti decreti attuativi del Jobs Act.
Il sindacato non può rimanere a guardare, sperando in un mutamento di rotta. Le tesi congressuali Uil (ben 186 pagine che susciterebbero lo stupore del velocista Matteo Renzi) animano del resto la volontà di reagire. Con dettagliate proposte su tutti i temi possibili e con una sensibilità particolare, ci pare, sulle questioni relative alla democrazia economica, a quella “partecipazione” nelle aziende non amata dalla Confindustria, nonché alla“agenda digitale”, via maestra del rinnovamento produttivo.
Il tutto sostenuto da riflessioni di carattere generale che in qualche modo spiegano la decisione di assumere la scelta di uno sciopero generale. C’è la constatazione di una realtà nuova da affrontare essendosi ridotta “la consistenza e la forza della classe operaia” mentre si è accentuata la divisione all’interno del mercato del lavoro tra ceti proletari esposti al declino e l’esercito di riserva di origine straniera”, tra “disoccupati cronici” e “giovani precari”. Sono fenomeni che “rischiano di minare la rappresentatività e la tradizionale forza democratica” del sindacato. Così come è“oltremodo evidente che la classe politica in generale ritenga superato e di ostacolo il ruolo del sindacato”. Esso comunque deve “rivendicare il rispetto” di tale ruolo “parte essenziale della democrazia”.
Uno sguardo e un ammonimento sul presente e sul futuro che vale per tutti. “Noi riteniamo”, dicono ancora le tesi, “che si stiano accumulando grandi tensioni sociali che chiamano le istituzioni a risposte nuove e urgenti. Il movimento sindacale deve assolutamente trovare la chiave giusta per affrontare questa realtà e trovare la forza sufficiente per contrastare i processi in corso”. Insomma la “voglia di riscatto” deve potersi affermare. Il Congresso Uil, con le presenze delle segretarie Cgil e Cisl, potrebbe rappresentare un buon viatico.