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Sciopero della scuola venerdì 6 marzo: lo hanno proclamato i sindacati più rappresentativi del comparto “istruzione e ricerca”, Flc Cgil, Cisl Fsur, Uil Scuola, Snals e Gilda, che hanno messo al centro di questa “prima” mobilitazione i temi del precariato e degli amministrativi facenti funzione Dsga.
“L’emergenza precari nella scuola ha assunto termini e dimensioni di vera e propria patologia del sistema e va contrastata con decisione; a tale obiettivo vanno aggiunti il rinnovo del ccnl e l’incremento degli investimenti in istruzione – spiegano in una nota i sindacati che hanno promosso lo sciopero –. Finora, da parte di tutti i governi che si sono susseguiti negli ultimi anni, non abbiamo visto un solo provvedimento che abbia messo nero su bianco un piano di investimenti consistente per far uscire l’istruzione e la formazione dallo stato di abbandono in cui si trovano, contrastando la precarizzazione del lavoro e garantendo retribuzioni adeguate agli insegnanti”.
E proprio sulla questione risorse i sindacati lanciano un ulteriore allarme: “Leggiamo ancora una volta che la ministra Azzolina indica nel taglio del cuneo fiscale e nei fondi stanziati per il rinnovo del ccnl le condizioni per riconoscere un aumento di 100 euro mensili netti al personale della scuola”. Ma per i sindacati, “sommare impropriamente i benefici del taglio del cuneo fiscale agli aumenti del ccnl significa giocare con la realtà dei fatti”.
“Il punto – insistono i sindacati – è che finora i fondi stanziati per gli aumenti contrattuali nel triennio 2019-2021 comportano un aumento di 80 euro medi mensili lordi, elemento perequativo compreso. Come si può sostenere che si tratti di aumenti dignitosi per una categoria su cui grava la responsabilità di formare le future generazioni, che tutti riconoscono di importanza fondamentale per il futuro del Paese, ma che continua ad essere schiacciata e pervicacemente tenuta, sul piano stipendiale, sulla dimensione di un lavoro impiegatizio, peraltro ai livelli iniziali?”, chiedono i sindacati.
Le cinque sigle sindacali ricordano che l’attuale presidente del Consiglio, il 24 aprile 2019, in un testo sottoscritto con i sindacati si è impegnato a stanziare risorse per avvicinare gli stipendi del personale scolastico a quelli della media europea. “Chi assume l’incarico di ministro dell’Istruzione – dicono ancora i sindacati – deve sentirsi investito della responsabilità di onorare quegli impegni istituzionali che appartengono alla precedente e all’attuale maggioranza e al medesimo presidente del Consiglio”.
Da qui parte la piattaforma rivendicativa dei sindacati: “16 miliardi di investimenti in più anni, il punto di Pil che ci separa dall’Europa, per dire basta al lavoro precario, per superare il divario tra organico di diritto e situazioni di fatto, per aumentare il tempo scuola, per rinnovare il contratto con aumenti a tre cifre che vadano ben oltre i 100 euro mensili. Se il governo continuerà a fare orecchie da mercante non ci fermeremo con lo sciopero del 6, ma proseguiremo con altre iniziative di mobilitazione per rivendicare più scuola, stipendi più alti e più ampi spazi negoziali”.