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Non era mai successo prima in Italia: l'aspettativa di vita dei cittadini è in calo. I motivi vanno ricercati sopratutto nella mancanza di prevenzione e, secondo la Fp Cgil Medici, nei tagli effettuati e nella pessima gestione del sistema sanitario nel nostro paese.
I dati contenuti nel Rapporto Osservasalute di quest'anno, insomma, appaiono preoccupanti, e raccontano di un paese in cui la crisi si paga cara, anche con la salute. Nel 2015 la speranza di vita per gli uomini è stata 80,1 anni, 84,7 anni per le donne, spiega Walter Ricciardi, direttore dell'osservatorio sulla Salute delle Regioni, che stila ogni anno il rapporto. Nel 2014, invece, la speranza di vita alla nascita era maggiore e pari a 80,3 anni per gli uomini e 85,0 anni per le donne. L'andamento ha riguardato tutte le regioni.
"Anche quest’anno - scrivono i responsabili dell’Osservatorio che ha sede presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma - le analisi segnalano numerosi elementi di criticità, in quanto confermano il trend in diminuzione delle risorse pubbliche a disposizione per la sanità, l'aumento dell'incidenza di alcune patologie tumorali prevenibili, le esigue risorse destinate alla prevenzione e le persistenti iniquità che assillano il Paese e il settore della sanità”.
Non è un caso, perché la spesa sanitaria pubblica è passata dai 112,5 miliardi di euro del 2010 ai 110,5 del 2014. Questo calo ha coinciso con una lenta ma costante riduzione dei deficit regionali. Ma è stata in gran parte determinata dal blocco o la riduzione del personale sanitario e il contenimento dei consumi sanitari. Nel 2014 la dotazione di posti letto negli ospedali è infatti pari al 3,04 per 1.000 abitanti per la componente acuti e allo 0,58 per 1.000 per la componente post-acuzie, lungodegenza e riabilitazione, tutti valori inferiori agli standard normativi. Contemporaneamente, la spesa per il personale in rapporto alla popolazione è diminuita del 4,4% tra il 2010-2013, passando da un valore di 606,9€ a 580,1 euro.
Insomma, i tagli pesano sulla salute dei cittadini. Gli analisti che hanno compilato il rapporto lo dicono chiaro e tondo: “Rispetto alle condizioni di salute della popolazione, nel 2014 sono stati diagnosticati 115,8 nuovi casi di tumore colorettale ogni 100.000 uomini, ovvero circa 34.500 nuovi casi, per l'altro genere tale incidenza è pari a 80,3 per 100.000 donne, corrispondente a oltre 25.000 nuovi casi. Il tumore della mammella ha fatto registrare oltre 55.000 nuove diagnosi, ovvero 175,7 nuovi casi annui ogni 100.000 donne. A fronte di questi dati allarmanti, l'investimento in prevenzione nel nostro Paese è ancora molto scarso. L'Oecd (2013) evidenzia che il nostro Paese destina solo il 4,1% della spesa sanitaria totale all'attività di prevenzione, quota che ci colloca in posizione di rincalzo tra i 30 Paesi dell'area Oecd”.
Dati confermati dal Censis, secondo il quale la sanità è negata a 9 milioni di cittadini italiani. E, anche per questo, il nostro paese è all’ultimo posto al mondo sulla prevenzione. I tagli alla sanità, poi, hanno avuto un grosso impatto su questa situazione.
“Storicamente il nostro paese ha investito poco in questo settore - afferma Massimo Cozza, segretario nazionale della Funzione Pubblica Cgil Medici in un'intervista al quotidiano “Il Manifesto” -. E oggi si riducono i posti letto ospedalieri. Abbiamo circa la metà dei posti della Francia. Finanziando più posti, si potrebbe aumentare la prevenzione. “Ma è una sanità a pezzi, anche perché ci sono ventuno sanità regionali e si viene curati meglio a seconda della città in cui si vive - conclude Cozza-. C’è bisogno di riprendere una politica sanitaria forte e uniforme sul territorio nazionale. È l’unico rimedio per contrastare il fenomeno della migrazione sanitaria da Sud al Nord”.