Bergamo - Il reddito di cui dispone ciascuna famiglia, sebbene non sia di certo l’unico, è sicuramente uno tra i fattori più rilevanti nell’analisi delle condizioni di vita della popolazione. Utilizzando gli ultimi dati provinciali disponibili su redditi e loro distribuzione, tassi di attività, inattività e disoccupazione della cittadinanza, la Cgil di Bergamo tenta di scattare una fotografia della ricchezza delle famiglie del territorio provinciale. A commentare cifre e tendenze è Gianni Peracchi, segretario generale della Cgil di Bergamo, con l’ausilio di dati Istat elaborati dall’Istituto di ricerche economiche e sociali Ires Lucia Morosini.

“Le considerazioni che accompagnano le tabelle qui di seguito sono un’anticipazione di un lavoro più analitico che stiamo portando avanti”, spiega Peracchi. “I dati sono sostanzialmente focalizzati sulla dimensione regionale ma, come si può evincere dalle tabelle, si possono cogliere i primi spunti per qualche riflessione che riguarda il territorio bergamasco. Ad esempio, Bergamo è prima, a pari merito con Mantova, per l’incidenza percentuale dei redditi da impresa e seconda a pari merito con la Brianza e dopo Lodi, per quelli da lavoro dipendente. Si colloca invece al settimo posto per quanto riguarda il reddito medio pro capite”.

Altro aspetto interessante è che Bergamo ha il tasso di disoccupazione più basso della regione ed è seconda, dopo Pavia, per il minor tasso di disoccupazione giovanile. Un dato, invece, preoccupante è che quasi un quarto della popolazione ha redditi inferiori ai 10 mila euro all’anno. Un ragionamento più compiuto – precisa Peracchi – e, soprattutto, articolato sulla situazione reddituale della nostra provincia (che si attesta, comunque, su un buon livello) dovrebbe essere pronto entro metà dell’anno”.

“La Lombardia e con essa la nostra provincia – rileva Peracchi – si colloca in una posizione tutto sommato favorevole in Europa e nel mondo. Questi presupposti fanno ben sperare nel contesto in cui tutti gli attori del territorio, politici, istituzionali, economici, culturali e sociali stanno provando a rimediare ai danni che la crisi ha lasciato sul terreno e ad affrontare, cercando di governarli al meglio, i profondi processi di cambiamento socio economico che stanno tumultuosamente venendo avanti”.

I dati: prospettiva regionale, cifre anche provinciali
Dal punto di vista economico, nel 2015, la Lombardia appare, in termini assoluti, come la regione italiana con il maggior prodotto interno lordo (oltre 359 milioni di euro, il 22% del Pil nazionale) e la seconda, dopo il Trentino-Alto Adige, in termini di Pil pro capite (35.885 euro).

In linea con quanto appena detto, dai dati diffusi dall’Istat 2016c si evince come, a livello nazionale, Milano sia la provincia più ricca in termini di valore aggiunto prodotto per abitante (circa 45mila euro), seguita da quella di Bolzano (36mila) e da Bologna (34mila).

Anche dal punto di vista occupazionale, la Lombardia si colloca tra le regioni italiane che presentano maggiore vitalità nel mercato del lavoro. In particolare, il tasso di disoccupazione della regione, pari a 7,4% nella popolazione attiva complessiva e 18,7% in quella giovanile (15-29 anni), risulta inferiore sia alla media nazionale sia a quella delle regioni del Nord-Ovest, anche se rimane comunque ad un livello superiore rispetto alle regioni del Nord-Est che presentano in assoluto i tassi minori a livello nazionale (1). Per quanto riguarda la situazione sub-regionale, le province che registrano i tassi di disoccupazione minori sono quelle di Bergamo e Lecco (rispettivamente 5,3% e 5,8%).

Tabella 1. Principali indicatori del mercato del lavoro. Lombardia e Province.
Anno 2016

 

Tasso di Attività

Tasso di Inattività

Tasso di Occupazione

Tasso di Disoccupazione

Tasso
Disoccupazione Giovanile

Varese

71,2

28,8

65,3

8,2

23,8

Como

71,3

28,7

65,8

7,4

15,1

Sondrio

70,7

29,3

65,5

7,2

18,0

Milano

74,1

25,9

68,4

7,5

18,6

Bergamo

68,1

31,9

64,4

5,3

14,9

Brescia

70,0

30,0

63,9

8,6

20,9

Pavia

70,1

29,9

65,3

6,9

14,3

Cremona

69,9

30,1

64,6

7,4

16,4

Mantova

72,3

27,7

65,8

8,7

23,6

Lecco

72,6

27,4

68,3

5,8

15,8

Lodi

72,5

27,5

67,0

7,4

21,1

Monza e Brianza

71,0

29,0

65,7

7,4

19,5

Lombardia

71,6

28,4

66,2

7,4

18,7

Nord-Ovest

71,3

28,7

65,4

8,1

20,7

Italia

64,9

35,1

57,2

11,7

28,4

Fonte: elaborazione IRES Lucia Morosini su dati Istat

In questo contesto la popolazione lombarda, nel 2015, ha prodotto redditi per un ammontare complessivo pari a circa 172 miliardi di euro, quasi 9 miliardi in più rispetto al 2012. Il 56,3% di questi redditi deriva dal lavoro dipendente e il 27,6% dalle pensioni, mentre il lavoro autonomo e quello imprenditoriale incidono per circa l’8,5%. La restante parte è costituita da redditi da fabbricati, circa il 2,9%, e da quelli di partecipazione, 4,8%.

Tabella 2. Distribuzione delle fonti di reddito. Lombardia e Province.
Anno 2015.

 

Reddito fabbricati

Reddito lavoro dipendente

Reddito lavoro autonomo

Reddito
Impresa

Reddito
partecipazione

Reddito pensione

Bergamo

2,5

57,6

3,8

4,7

4,7

26,8

Brescia

2,8

56,9

4,1

4,5

5,2

26,4

Como

3,3

53,7

4,4

4,3

5,7

28,5

Cremona

2,5

54,4

3,2

4,1

5,1

30,7

Lecco

2,9

54,9

3,7

4,5

5,8

28,3

Lodi

2,3

59,3

2,9

3,8

3,7

27,9

Monza e Brianza

2,8

57,6

3,7

4,1

4,9

26,9

Milano

3,2

56,9

5,8

3,1

4,5

26,5

Mantova

2,4

54,8

3,4

4,7

5,1

29,6

Pavia

2,8

53,5

4,0

4,2

4,1

31,5

Sondrio

3,1

52,4

3,7

4,6

6,7

29,5

Varese

2,8

54,9

4,0

3,8

4,4

30,1

Lombardia

2,9

56,3

4,6

3,9

4,8

27,6

Fonte: elaborazione IRES Lucia Morosini su dati MEF

In termini di reddito medio pro capite i valori lombardi risultano leggermente superiori a quelli riscontrati nel complesso delle regioni del Nord-Ovest e oscillano tra un massimo di 26.412 euro nella provincia di Milano e un minimo di 18.610 euro in quella di Sondrio.

Guardando alla distribuzione delle realtà provinciali lombarde nelle diverse classi di reddito si può notare come, in tutte le province, la classe di reddito preponderante sia quella media, compresa tra i 15.000 e i 26.000 euro. Nonostante questo, una quota non indifferente di popolazione, almeno 20% in tutte le province, si trova nella parte più bassa della distribuzione, con un reddito inferiore a 10.000 euro annui. Questi dati, sebbene mostrino delle prime differenze territoriali, non sono di per sé un indicatore di disagio sociale poiché i nuclei famigliari possono avere, in realtà, a disposizione diverse fonti di reddito che, sommandosi, possono comunque portare ad avere le risorse per un buon tenore di vita.

Tabella 3. Reddito medio e classi di reddito. Lombardia e Province.
Anno 2015.

 

Reddito medio

Fino a 10.000

10.000
15.000

15.000
26.000

26.000
55.000

55.000
75.000

75.000
120.000

Oltre 120.000

Bergamo

21.217

23,1

13,0

35,0

23,1

2,2

1,5

0,8

Brescia

20.274

25,1

14,0

33,9

21,5

2,0

1,5

0,7

Como

21.277

24,6

12,0

33,1

22,8

2,5

1,7

0,9

Cremona

20.887

22,4

13,7

35,8

22,7

2,1

1,5

0,6

Lecco

22.804

21,0

11,6

34,7

25,6

2,9

1,9

1,0

Lodi

21.590

21,0

12,7

36,3

24,6

2,3

1,4

0,6

Mantova

19.748

24,0

15,0

35,1

21,1

1,8

1,3

0,6

Milano

26.412

22,0

11,1

30,0

26,9

3,8

2,8

1,8

Monza e Brianza

23.439

20,8

11,6

33,5

26,5

3,1

2,1

1,1

Pavia

21.057

23,5

13,6

34,6

22,1

2,4

1,7

0,7

Sondrio

18.610

27,2

13,7

32,8

20,6

1,6

1,2

0,5

Varese

21.811

22,9

12,1

34,0

23,9

2,5

1,8

0,9

Lombardia

22.979

22,8

12,4

32,9

24,4

2,8

2,0

1,1

Nord-Ovest

22.105

23,5

12,8

32,9

23,9

2,6

1,9

1,0

Italia

19.384

29,8

14,0

29,6

20,6

2,1

1,5

0,7

Fonte: elaborazione IRES Lucia Morosini su dati MEF

Ultime due dimensioni prese in considerazione in questo sguardo d’insieme, che verranno maggiormente approfondite in seguito, sono quelle dell’ampiezza demografica dei comuni lombardi e del loro grado di urbanizzazione. Maggiore è la dimensione del comune, maggiore risulta essere il reddito percepito: esso varia, infatti, tra un minimo di 17.796 euro annui nei comuni sotto ai 1.000 abitanti e un massimo di 27.503 in quelli con una popolazione superiore ai 50.000 abitanti. Relazione inversa si riscontra, invece, tra redditi e grado di urbanizzazione: nelle aree ad elevata densità di popolazione il reddito medio annuo ammonta a 18.808 euro mentre in quelle a bassa urbanizzazione esso è pari a 26.105 euro.

(1) Nel 2016, il tasso di disoccupazione è 5,2% in Trentino, 6,8% in Veneto, e 6,0% nel Friuli Venezia Giulia e 6,9% in Emilia Romagna, mentre quello della popolazione tra i 15 e i 29 anni è, rispettivamente, 11,5%, 15,6%, 20,2%, 16,7% .