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Oggi, 29 marzo, a Firenze in via della Ninna (tra Palazzo Vecchio e la sede della Soprintendenza) si è svolto un presidio dei lavoratori espulsi dal settore restauro in questi anni (prima della crisi erano oltre 400, oggi sono circa 150). Hanno partecipato i lavoratori della ditta Decoart (in crisi aziendale dal 2012, oggi in liquidazione con 18 dipendenti licenziati), Ermira Behri (Fillea Cgil Nazionale), Linerina Villa (restauratrice Rsu Decoart), Gianluca Lacoppola (Cgil Firenze).
Una protesta “contro l’uso continuo degli appalti con massimo ribasso ’mascherato’ e contro l’utilizzo strumentale e retorico del patrimonio artistico da parte delle istituzioni, a cui seguono investimenti irrisori”. La Fillea Cgil ha proposto al Comune di istituire per il settore un apposito tavolo in cui i soggetti interessati alla materia (sovrintendenza, rappresentanze dei lavoratori e dei datori di lavoro, istituti di formazione) si possano coordinare per valutare il livello degli investimenti annuali programmati e il livello di quelli dell’anno precedente, in modo da garantire una programmazione di restauro continuo e diffuso della città. Durante il presidio, una delegazione di sindacalisti è stata ricevuta in Comune dall’assessore Federico Gianassi.
Fillea Firenze: troppi precari esposti al ribasso
Ma dove è il restauro a Firenze? Mentre da anni si continua a far campagna e promozione politica sul patrimonio artistico della nostra città, solo con eventi e progetti di restauro ad effetto, la realtà è molto più amara, nel silenzio complice delle istituzioni stiamo perdendo lavoro, aziende, conoscenze ed esperienze del settore vanto e risorsa di Firenze. Le imprese di restauro rimaste a Firenze si contano sulle dita di due mani e così anche i dipendenti per ciascuna. "Molti restauratori sono stati costretti a passare alla partita Iva (andando a lavorare in condizioni peggiori), altri hanno dovuto proprio cambiare mestiere disperdendo un patrimonio di esperienza e professionalità) - scrive la Fillea di Firenze, in una nota -. Come se non bastasse, è da oltre 13 anni che il ministero deve provvedere per legge al riconoscimento della qualifica di restauratore, tramite pubblicazione di un elenco nazionale. Negligenza e ritardi del ministero hanno trasformato questi lavoratori in precari perennemente esposti a contratti al ribasso. Questo, sommato agli stanziamenti pubblici a dir poco ridicoli, ha fatto collassare il settore. In questo contesto si inserisce la vicenda della storica ditta fiorentina Decoart srl in crisi aziendale dal 2012, oggi in liquidazione con 18 dipendenti licenziati. Le restauratrici e i restauratori della Decoart non si rassegnano a pensare di non poter continuare a “prendersi cura di Firenze”.
Behri (Fillea nazionale): chi tutela il patrimonio sia una priorità
A fare il punto della situazione è Ermira Behri, della Fillea Cgil nazionale. Con i suoi oltre 3.400 musei, circa 2.100 aree e parchi archeologici, 53 siti Unesco (tra cui il centro storico di Firenze), l’Italia possiede uno dei più grandi patrimoni culturali a livello mondiale e si pone in testa alla classifica mondiale del patrimonio dell'umanità. Dai dati Istat si evince che gli investimenti per la sua tutela del patrimonio culturale sono a livelli bassissimi con una spesa pubblica pro capite in diminuzione. "Mentre si continua a ripetere che il patrimonio monumentale, storico e artistico del nostro Paese è una risorsa inestimabile - dice Behri -, moltissime persone che lavorano alla sua salvaguardia, a causa di ritardi e incuria del Ministero, ancora non possiedono alcuna attestazione ufficiale della loro qualifica e competenza professionale come restauratori e sono per questo perennemente esposti a contratti al ribasso e precari, e al ricatto di datori di lavoro che se ne approfittano. È da oltre 13 anni (2004 Dl. 42 Codice dei beni culturali) che il ministero dei Beni culturali deve provvedere per legge al riconoscimento della qualifica di restauratore tramite la pubblicazione di un elenco nazionale dei restauratori".
"L’articolo 182 e sue modifiche del Codice dei beni culturali e del paesaggio, con l’istituzione del Bando di selezione delle qualifiche per il profilo professionale del restauratore e del tecnico del restauro, ha voluto mettere ordine nella normativa sulle qualificazioni del settore, per fare chiarezza e mettere fine alle discriminazioni di una disciplina poco chiara. Solo nel 2015 si sono avviate le procedure con un apposito bando pubblico. Circa 6400 le domande presentate, e il Mibact ha costituito una Commissione apposita per esaminarle. Da allora sono passati più di due anni e ci sono stati ben quattro rinvii del termine dei lavori della Commissione, di cui l’ultimo il 29 dicembre 2017. Oltre a questi 6.400, altri 11.000 stanno attendendo la prova di idoneità, anch'essa prevista dalla legge, per ottenere la qualifica attraverso quest'altro canale".
Da parte sua, la Fillea "è sempre stata al fianco delle lavoratrici e dei lavoratori del restauro, sostenendoli sia nel supporto materiale per la presentazione delle domande di qualifica, che nel rappresentare le loro istanze al Mibact, interloquendo con il ministero rispetto alle norme ed alle linee guida. È per questo motivo che il 26 gennaio 2018 abbiamo protestato insieme a tanti lavoratrici e lavoratori del restauro davanti al ministero dei Beni culturali e lo abbiamo fatto oggi in piazza a Firenze, per ribadire la necessità del giusto riconoscimento di chi lavora nel restauro e per affermare una tutela che salvaguardi e valorizzi veramente il nostro patrimonio e chi se ne prende cura. Basta essere fantasmi dei cantieri del restauro. È così che lo Stato e il ministero si occupa del suo immenso patrimonio monumentale, del nostro patrimonio? Chiediamo la pubblicazione dell'elenco nazionale dei restauratori, così come stabilito dalla legge perché essi abbiano il giusto riconoscimento e perché la salvaguardia e la tutela del nostro patrimonio e di chi se ne prende cura sia una priorità a cui lo Stato non può più sottrarsi".