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Il Sinagi, il sindacato dei giornalai italiani, ha dichiarato lo stato di agitazione della categoria decidendo anche un pacchetto di 8 giornate di chiusura, la prima delle quali è stabilita per lunedì 1° dicembre dalle ore 8 del mattino a fine giornata. A motivare la protesta è "l’assenza di disponibilità del Governo a riconfermare la validità delle norme contenute nel decreto legislativo 170/2001 - scrive in una nota Giuseppe Marchica, segretario generale del Sinagi - disponibilità già confermata dal precedente Governo Letta che aveva presentato un disegno di legge collegato alla legge di stabilità del 2013, ignorato poi dall’attuale Governo".
"Quando si parla di liberalizzazione della rete di vendita, senza alcuna regola o limitazioni, mantenendo però l’obbligo della parità di trattamento - scrive ancora Marchica - si delinea con chiarezza la volontà politica di annientare un’intera categoria, di promuovere il fallimento di migliaia di micro aziende e di mandare sul lastrico un numero ancora più elevato di famiglie, oltre a ridurre la funzione dei giornali quotidiani e periodici da strumento di informazione pluralista, e quindi un 'bene comune', a mero prodotto commerciale".
Per Marchica "va da sè che una eventuale liberalizzazione della rete di vendita metterà immediatamente in discussione l’attuale obbligo di parità di trattamento per tutte le testate quotidiane e periodiche. Inoltre - rende noto il segretario del Sinagi - si sono già avviate le procedure per trasmettere una segnalazione/denuncia alla Comunità Europea affinché venga accertato se il finanziamento pubblico erogato agli editori di quotidiani e periodici sia in linea con le normative europee, oppure se si tratti, di fatto, di un aiuto di stato, a fondo perduto, al singolo editore. Ad aggravare questa situazione, c’è la totale indisponibilità da parte della Federazione Editori, a rinnovare un accordo Nazionale, scaduto da ormai 5 anni".
"A nulla è valso avanzare proposte, richiedere ripetutamente incontri, offrire disponibilità per ridisegnare un contratto totalmente diverso e al passo con i tempi, rispetto a quello scaduto da 5 anni - conclude Marchica - Da parte editoriale il nulla, silenzio assoluto, intanto quasi dodicimila edicole su quarantamila, hanno chiuso per sempre, e nonostante le denunce continue, nel totale disinteresse di tutti. Questa è la strada che la categoria è costretta a percorrere di fronte alla evidente volontà del Governo e del mondo editoriale di cancellarla completamente".