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Pubblichiamo l’intervento di Amos Andreoni al Convegno in ricordo di Massimo D’Antona, “Rappresentanza e rappresentatività nel sistema delle relazioni industriali”, organizzato dalla Consulta Giuridica della Cgil, insieme alla Rivista Giuridica del Lavoro, e con la collaborazione della Sapienza Università di Roma. Il convegno si tiene presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione, Sapienza Università di Roma, il 20 maggio 2009
Il programma del Convegno
Ricordare Massimo non è mai opera rituale. Non lo era allora, e non lo è oggi, a distanza di dieci anni dalla sua scomparsa. Un tempo lungo che, al ricordo, ritorna improvvisamente come un tempo breve. Non è un appuntamento rituale innanzitutto per l’amicizia che noi tutti gli portavamo; e qui veramente ringrazio di cuore i relatori e coloro che interverranno dopo, molti dei quali hanno condiviso con Massimo un lungo itinerario.
Massimo, poi, era una figura in continuo divenire e quel suo sorriso ironico ci ammonisce sulle virtù della cautela, necessaria ad affrontare la complessità del reale, e ponderare le ragioni di ogni ipotesi e del suo contrario, scontando la provvisorietà degli equilibri, ed affidando alla dimensione del tempo l’indispensabile convalida degli assetti.
Ricordare Massimo è sempre un’opera complessa anche sotto il profilo del metodo della ricerca. Un metodo aperto alle riflessioni di economisti e sociologi, intese come linfa del ragionamento sistematico.
Il confronto costituisce, di poi, un’opera complessa perchè il fluire del tempo, a distanza di 10 anni, ripropone molti dei problemi con cui Massimo si era cimentato nelle sfide di fine secolo: la globalizzazione e la fine dello Stato nazione, la deconcentrazione della grande fabbrica, l’occupazione fluttuante, il pluralismo degli interessi e la difficile mediazione sindacale, la riforma della p.a. D’altro canto persistono i valori che hanno accompagnato Massimo nel suo sforzo ricostruttivo; per usare le Sue parole “un sistema di regole condivise e una cornice pubblica che assicuri la socializzazione di certi rischi sono elementi di stabilità per il sistema economico, favoriscono il controllo negoziale dei conflitti, normalizzano le condizioni di concorrenza e, dove la concertazione funziona, possono perfino coinvolgere le grandi organizzazioni sindacali nelle politiche dei redditi e contribuire ad una crescita senza inflazione”, (in Diritto del lavoro di fine secolo: una crisi d’identità? in RGL 1998).
E tuttavia quei valori vanno ora declinati in un contesto ancora più complesso di quello di 10 anni fa. Allora si celebravano le magnifiche e progressive sorti del capitale finanziario; oggi assistiamo sgomenti al baratro economico e sociale prodotto da quello stesso capitale; un baratro che ha indotto James Galbraith jr. ad un j’accuse contro lo Stato predatore, dietro al quale operano i grandi centri economici, con forme nuove di saccheggio e di accumulazione originaria, a danno non più solo dei salari bensì anche dei risparmi accumulati. Insomma diventa davvero più difficile quell’opera di composizione degli interessi, quel nuovo patto sociale, equo e condiviso, su cui Massimo aveva ripetutamente lavorato.
Ne è una dimostrazione l’accordo separato sui livelli negoziali del 22 gennaio, poi variamente replicato. Un accordo che sembra depotenziare la tenuta del salario reale e del contratto nazionale, senza d’altro canto incentivare adeguatamente la contrattazione territoriale ed aziendale. Un accordo apparentemente senza progetto, che può costituire il viatico ad un particolarismo delle tutele; il tutto in una situazione dove la tenuta della domanda aggregata e l’incremento medio dei salari non sono più soltanto un problema macro economico ma assurgono ad una questione cruciale di coesione sociale e di ordine pubblico.
D’altra parte l’accordo separato ripropone i temi della validità e della efficacia della contrattazione collettiva; temi su cui Massimo si era cimentato con successo, specie nel settore pubblico; un successo che sembra messo in discussione dalle ultime rivisitazioni del decreto Brunetta.
Insomma dall’accordo separato alle regole per misurare la rappresentatività sindacale dell’agente negoziale il passo è breve. Ed è un passo ineludibile ove giunga a compimento il progetto governativo sulla proclamazione degli scioperi nel settore del trasporto da parte di sindacati effettivamente maggioritari.
In definitiva ci ritroviamo oggi ad affrontare gran parte dei problemi su cui rifletteva Massimo, con un grado maggiore di complicazione, ma con la consapevolezza della bontà del suo approccio e del suo metodo di ricerca. Per questo abbiamo cercato di organizzare un Convegno in un dialogo a più voci. Il ricordo di Massimo è dunque funzionale alla soluzione dei problemi attuali. E questi ultimi sono affidati, oltreché ai cultori del diritto del lavoro e delle relazioni industriali, a sociologi ed economisti, di diverso orientamento.
Il tema prescelto è assai impegnativo ma comunque ineludibile. L’augurio che possiamo fare è quello di un avvio di un’analisi approfondita dei problemi nello sforzo di enucleare proposte che possano rifondare un contropotere sindacale all’altezza della sfida di inizio millennio, in termini di coesione sociale, di giustizia distributiva e di nuovo progresso economico. Proposte che ovviamente presuppongono un diverso modello di sviluppo per l’Italia e per l’Europa.
* docente di Diritto della sicurezza sociale nell’Università La Sapienza di Roma