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Giornata di mobilitazione nazionale, oggi (9 marzo), in Francia contro il progetto di legge sul lavoro che ha acceso le proteste di sinistra e sindacati. Per il presidente Francois Hollande e il premier Manuel Valls si tratta di un test decisivo, a quattordici mesi dalla corsa all'Eliseo del 2017.
Ostili alla riforma del lavoro, sindacati, lavoratori e studenti sono scesi in strada in tutta il paese, sperando di piegare il governo socialista. Secondo la stampa francese, già si contano 300 km di code nell'Ile de France e numerosi licei fermi. Alla mobilitazione dei giovani si aggiunge infatti anche lo sciopero dei dipendenti di treni (Sncf) e metro (Ratp).
Si tratta della prima delle tre proteste previste nelle prossime settimane contro il progetto di riforma del lavoro voluto dall'esecutivo del premier, una riforma che i sindacati considerano un passo indietro nei diritti dei lavoratori.
Le organizzazioni giovanili e i sindacati hanno quindi convocato manifestazioni in tutto il paese. La marcia è il preludio della grande manifestazione e dello sciopero generale organizzato per il 31 marzo e della protesta del prossimo 12 aprile per mettere pressione al governo durante gli appuntamenti di concertazione bilaterale che si terranno questa settimana e la prossima.
Si allunga, quindi, l'ombra del 2006, quando la rivolta degli studenti costrinse il governo, all'epoca guidato da Dominique de Villepin, a ritirare il Cpe, il contratto di primo impiego che doveva consentire licenziamenti più flessibili.
La pressione sull'esecutivo, in ferretti, aumenta di giorno in giorno. Su internet, la petizione 'Loi travail: non merci' ('Legge lavoro: no grazie') ha già superato un milione di firme. Otto sindacati (Cgt, Fo, Fsu, Solidaires, insieme alle sigle sociali studentesche Unef, Sgl, Unl e Fidl) chiedono il ritiro immediato del testo. Mentre ieri, da Venezia, Hollande ha cercato di placare gli animi dicendo che si tratta solo della bozza di un progetto di legge.
Anche se inizialmente il progetto doveva essere approvato domani, l'esecutivo, consapevole della mancanza di appoggio, ha rinviato di due settimane l'adozione del testo per darsi il tempo di negoziare con i sindacati e gli imprenditori.