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Il ministro Di Maio non c'è (a quanto pare impegnato come testimone in un matrimonio) e la piazza, gremita, fischia per la sua assenza. Ma il confronto, che da tre voci passa a due - quella del presidente di Confindustria Vincenzo Boccia e quella del segretario confederale della Cgil Maurizio Landini - entra comunque subito nel vivo e parte da una questione di grande attualità e sulla quale l'assenza del governo pesa: Ilva. “Un accordo importante - esordisce Boccia - in cui si vede un grande livello di responsabilità dei sindacati e degli investitori, ma pure il buon senso del governo”, anche se, aggiunge poi il leader degli industriali, “per sbloccare la trattativa c'è voluta la minaccia dello sciopero da parte dei sindacati e l'evocazione della piazza da parte nostra”, perché le forze politiche che sono alla guida del paese, continua Boccia, “sono molto sensibili a tre parole: piazza, popolo e sondaggi. E se usi il loro vocabolario allora la cosa funziona”.
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“L’intesa sull’Ilva ci dice che la difesa dei diritti dei lavoratori può stare insieme alla difesa della sicurezza sul lavoro e dell’ambiente – afferma Maurizio Landini - Ora, però, quell’accordo va applicato, perché prevede 4 miliardi di investimenti e pone una serie di questioni importanti. Al governo – continua - abbiamo chiesto che nella nuova azienda entri anche una quota pubblica, per garantire i patti e ricostruire un rapporto di fiducia con la città e con i dipendenti. Perché il settore siderurgico è strategico per una paese che vuole rimane industriale”. Per Landini è necessario dunque “convocare un tavolo sulla siderurgia, per ragionare su ciò di cui abbiamo bisogno per ricostruire”. “Dal 2009 ad oggi – osserva l'ex segretario Fiom - c’è stato un crollo degli investimenti pubblici , e ormai siamo di fronte a un deserto industriale”.
Se si vuole risalire la china, però, per Landini, c’è bisogno di un coordinamento, e “l’accordo sull’llva indica che questa strada si può seguire”. Così come dimostra che non è vero che la cancellazione dell’articolo 18 è la condizione per portare gli investimenti in Italia: “Mittal è il più grande gruppo siderurgico al mondo e ha firmato un accordo che prevede l’articolo 18”. Gli investimenti, insomma, “arrivano se c’è una prospettiva non se mancano i diritti”.
Il dibattito dalla questione Ilva si sposta poi su un piano più generale e Gianni Del Vecchio, giornalista di Huffington Post che coordina il dibattito, chiede quali siano le difficoltà, per Confindustria e sindacati, nell'interfacciarsi con un governo che ha fatto della disintermediazione il suo cavallo di battaglia. “La precondizione per ogni tipo di rapporto è il rispetto reciproco – risponde il presidente Boccia – dopodiché, come fai a dire di sapere cosa vogliono i lavoratori se non parli con la Cgil, la più grande organizzazione sindacale d'Italia?”. Per il presidente di Confindustria, “con un'opposizione già debole, se si indeboliscono anche i corpi intermedi, in nome del popolo, non si dà un'idea di democrazia forte per questo paese”.
La legge sulla rappresentanza può essere utile in questo senso? “Per noi sì, con i sindacati siamo d'accordo – continua Boccia – bisogna capire cosa vuole fare il governo. È chiaro che servono dati oggettivi, serve misurarsi, e chi ha tanti iscritti si siede al tavolo. Se dall'altra parte qualcuno non è d'accordo – aggiunge il presidente di Confindustria – allora si capisce che c'è la volontà di scegliersi gli interlocutori”. Ma per Boccia è necessario andare anche oltre la legge sulla rappresentanza: “Serve un grande piano per l'occupazione – afferma – non si può continuare a parlare solo di pensioni, Europa e immigrazione. Per questo sono orgoglioso di aver firmato il Patto per la Fabbrica, perché in quel patto c'è un elemento importante: si parla di occupazione come precondizione per la crescita”.
Anche per Landini “il Patto è stato un passaggio decisivo in un Paese ormai frantumato e diviso”, perché “parti sociali diverse si sono confrontate su temi fondamentali”. E allora, il passaggio successivo, “se Confindustria fosse d’accordo”, può essere per la Cgil quello di sedersi “domani stesso con le altre organizzazioni rappresentative per parlare di rappresentanza”. La difficoltà di costruire degli accordi nasce infatti proprio dalla difficoltà di misurare la rappresentanza. “Solo contandoci possiamo affrontare le innovazioni che stanno cambiando il mondo del lavoro e della produzione, perché rappresentanza vuol dire giustizia sociale e qualità del lavoro”. Anche qui serve una serve una logica di sistema, “per affrontare i problemi di oggi”. Questo è il messaggio molto chiaro che la Cgil manda al governo: “Si fanno chiamare il governo del cambiamento, ma non si cambia un paese senza il contributo delle persone che lavorano e di coloro che permettono a queste persone di lavorare. Chiediamo quindi di accelerare e di aprire una le discussione sulla legge sulla rappresentanza”.
Anche perché, secondo Landini “l’elemento principale che garantisce la democrazia in un Paese è la giustizia sociale, che si ottiene attraverso l’uguaglianza”. In Italia e nel mondo, però, ci si trova “a fare i conti con una situazione che va in una direzione diversa. Le disuguaglianze aumentano e così aumentano anche i rischi per la convivenza civile”. “Quando lavori e sei povero – conclude il segretario Cgil - vuol dire che c’è qualcosa che non funziona. Oggi non basta discutere su come creare nuovi posti di lavoro, bisogna discutere anche di cosa si produce e di come si produce. Siamo di fronte a un processo di cambiamento in cui la qualità del lavoro diventa fondamentale”.