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Il 27 novembre la Corte d'appello di Napoli ha effettuato, per la prima volta in Italia, un doppio rinvio, investendo sia la Corte costituzionale che la Corte di giustizia europea del giudizio di legittimità riguardante la disciplina dei licenziamenti collettivi dettata dal Jobs Act. "Due pronunce che confermano l'illegittimità del sistema delineato dal jobs act, così come da noi sempre denunciato”, commenta in una nota la Cgil nazionale.
Nel dettaglio, la confederazione fa sapere che “la Corte d'appello si è posta il problema della normativa sanzionatoria applicabile al licenziamento di una lavoratrice. La Corte ha rilevato, infatti, che la lavoratrice era tutelata in forma minore rispetto ai ‘colleghi’ anch'essi licenziati che, in ragione della data di assunzione (antecedente al 7 marzo 2015) potevano rivendicare la reintegra nel posto di lavoro. La lavoratrice, viceversa, poteva aspirare esclusivamente a una modesta tutela indennitaria, compresa tra 4 e 24 mensilità, in ragione della ridotta anzianità aziendale”.
“Nella prima ordinanza, destinata alla Corte costituzionale - spiega la Cgil - il giudice ribadisce le critiche al sistema del Jobs Act rilevando la diversità del caso esaminato rispetto a quello già deciso dalla Corte Costituzionale con la sentenza 194/18 che riguardava un licenziamento individuale. Per queste ragioni, la Corte d'appello napoletana ha sollevato questione di legittimità costituzionale sotto tre profili: disparità di trattamento e inefficacia della tutela accordata dal Jobs Act; violazione di norme fondamentali dell'Unione europea; eccesso di delega”.
Nella seconda ordinanza, sollevata innanzi alla Corte di giustizia, la Corte d'appello di Napoli, prosegue il sindacato di corso d’Italia, sottopone nuovamente a critica il Jobs Act sulla base dei parametri della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione (Cdfue), già Carta di Nizza. Le disposizioni violate sarebbero l'articolo 20 (parità di trattamento), l'art. 21 (non discriminazione), l'art. 30 (tutela avverso licenziamenti), l'art. 34 (tutela all'accesso a sistemi di previdenza) e l'articolo 47 (diritto a un rimedio efficace)".
In questo modo la Corte d'appello “dialoga” con la precedente ordinanza del tribunale di Milano del 5 agosto 2019, integrandone il contenuto, nella quale tra l'altro la Cgil e la Filcams sono presenti direttamente al fine di sostenere le ragioni di una lavoratrice.
“Salutiamo con soddisfazione le due pronunce, che - conclude la Cgil - ribadiscono quanto da noi sempre sostenuto in relazione all'illegittimità del sistema delineato dal Jobs Act. Un sistema che, riducendo sensibilmente la tutela della reintegra delle lavoratrici e dei lavoratori in caso di licenziamento illegittimo e introducendo un regime indennitario inadeguato, ha inferto un colpo pesantissimo al sistema di tutele lavoristiche. Per queste ragioni seguiremo con attenzione le due ordinanze, fiduciosi nel positivo esito delle controversie”.