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“La produttività non è soltanto lavorare e spremersi di più, o essere sfruttati. Questa è una visione sbagliata. La produttività è il segno di quanto un sistema economico è capace di utilizzare al meglio le risorse di cui dispone. Ciò si traduce – non nel breve periodo, ma nell'arco di anni – nella capacità di dare lavoro di qualità a tutte le persone che lo cercano”. In poche parole, è “il segreto della sostenibilità delle imprese e l'Italia ne ha un bisogno enorme, perché la nostra capacità di sviluppo, anche sociale e non soltanto economica, è stata indebolita in maniera straordinaria a partire dalla metà degli anni '90”. A dirlo è Leonello Tronti, docente di economia e politica del lavoro all'Università di Roma Tre, commentando ai microfoni di RadioArticolo1 un recente rapporto dell’Istat. “L’istituto di statistica – aggiunge l’esperto – ha fatto benissimo a richiamare la produttività di lungo periodo, perché abbiamo un divario veramente inaccettabile che chiama la politica e le parti sociali a ragionare su questo tema, cioè a a prendere le misure necessarie per reagire. Io credo che questo sia un tema molto più importante che non il fatto se restiamo nell'euro o non restiamo nell'euro. È un tema di economia reale, non monetaria. Ma se l'economia reale funziona, anche l'economia monetaria si aggiusta in un modo o nell'altro”.
“Ci sono tanti indicatori di produttività – aggiunge Riccardo Sanna, coordinatore del dipartimento politiche di sviluppo della Cgil, nel corso della stessa trasmissione –, ma purtroppo l'attenzione viene concentrata soprattutto sul versante delle imprese e sul costo del lavoro per unita di prodotto. La spiegazione? È molto semplice: abbiamo un sistema economico tendenzialmente indirizzato verso le esportazioni e quindi esposto alla concorrenza globale. Non a caso – aggiunge l’economista – anche la soluzione di uscita dall'euro guarda a una nuova stagione di svalutazione competitiva. In questi anni l'hanno fatta sul versante del lavoro, dei diritti anche per via fiscale; in realtà, se guardiamo ad altri indicatori di produttività, a cominciare dalla quantità di capitale che viene impiegato come fattore produttivo, ci rendiamo conto che i nostri punti di debolezza strutturale vengono da molto lontano e hanno caratterizzato il declino dell'economia italiana e moltiplicando gli effetti negativi della crisi. Ma riguardano ben altri versanti, che non davvero l'intensità del lavoro impiegato, bensì gli investimenti e l'innovazione. Queste sono le due parole d'ordine”.