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"Proviamo a guardare l'altro non come nemico della nostra condizione di lavoro, ma come persona che sta affrontando gli stessi problemi. Proviamo a riconoscerci tra di noi". Il lavoro deve essere "un grande luogo collettivo in cui trovare una sintesi che rappresenti tutti e non faccia sentire nessuno isolato: se agiamo insieme siamo più forti, divisi ci si può dividere". Così il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, ha spiegato il senso della Carta dei Diritti universali del Lavoro, oggi (16 marzo) in assemblea con i lavoratori dell'ospedale Gaslini di Genova. Prima di lei è intervenuta Rossana Dettori, segretario generale della Fp Cgil.
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Illustrando la proposta di nuovo Statuto, Camusso ha osservato: "La politica degli appalti e del cambiamento di appalto determina oggi che per molti lavoratrici e lavoratori è indifferente se il lavoro sia a tempo indeterminato o determinato: per loro il lavoro è sempre a tempo. A ogni cambiamento di appalto, infatti, si è esercitata la modalità del massimo ribasso: è successo negli ospedali e nelle scuole, ovvero nei luoghi dove la qualità del lavoro diventa anche prestazione di un servizio".
Nel corso degli anni l'azione dei governi ha portato alla situazione attuale. "E' stata un'operazione che ha agito in due versanti: da una parte dichiarare sempre che c'era bisogno di rendere flessibile il mondo del lavoro, dall'altra sostenere la necessità di ridurre i costi. Applicata diversamente nei vari settori - secondo il segretario -, la filosofia è stata sistematicamente la stessa: si è propagata l'idea che queste modalità potessero favorire lo sviluppo del paese, determinando il successo della politica economica. Quando abbiamo iniziato a ragionare su come uscire dalla stagione difensiva della crisi, noi come organizzazione abbiamo cominciato a dire che con quel modello non c'è nessuna prospettiva".
Con la Carta dei diritti, dunque, "vogliamo dire che quell'impostazione non va da nessuna pare, non risolve i problemi. La centralità e qualità del lavoro sono le ragioni intorno alle quali costruire investimenti, innovazione, cambiamento e quindi immaginare un modello di sviluppo". Per fare questo "c'è bisogno di rompere una condizione che si è determinata, ovvero il mondo del lavoro estremamente frantumato e diviso". Dietro a questa frammentazione "c'è stata un'esplicita operazione legislativa: ogni lavoratore ha visto il suo pezzo, sentendosi in competizione con l'altro pezzo. I lavoratori sono stati messi in concorrenza tra loro: così ognuno si sente in solitudine, non riconosciuto e non solidale rispetto al resto". Qui si inserisce la Carta: "E' una frantumazione tale che ha bisogno di una grande iniziativa per ricostruire una dimensione identitaria collettiva".
Non si può tornare al passato, a tutti i lavoratori a tempo indeterminato, né aspettare una legge che migliori la loro condizione. "Quella legge non c'è - ha detto Camusso -, smettiamo di aspettarci che qualcuno la faccia per noi: al contrario siamo proprio noi, come sindacato, a dire come si ricostruire un punto di identità e solidarietà. La nostra proposta cambia cento anni di storia del sindacato: cambia l'idea di rappresentanza del lavoro, il modo in cui fare contrattazione, come si affrontano i problemi". Una sfida che arriva in una stagione delicata. La Carta "è non solo un progetto di legge tradizionale, è frutto di un lungo confronto anche sui temi della contrattazione inclusiva. Vogliamo sconfiggere la solitudine e ripristinare la solidarietà tra i lavoratori, ricostruire l'idea di un orizzonte condiviso".
Un'idea che passa da una diversa concezione di chi lavora. "Torniamo a lavorare di lavoratori e lavoratrici come persone, non come tipologie di contratti, orari e appalti". Per il lavoro pubblico "occorre ricostruire l'orgoglio di sé, e insieme rifondare un grande patto con i cittadini". Il nostro dibattito, ha concluso Susanna Camusso, "dovrà parlare con i mondi non rappresentati, uscire nel territorio e tra i cittadini. Dobbiamo costruire una capacità di egemonia sui temi del lavoro: non deleghiamo a nessuno la rappresentanza, anzi rilanciamo la nostra capacità di esercitarla".
LA VOCE DI RICERCATORI E DELEGATI
Diversi lavoratori e delegati sono intervenuti all'assemblea. “Non ci rassegniamo al fatto che lo sviluppo passi per un continuo abbassamento di diritti e tutele del lavoro. In Liguria, abbiamo perso mille posti di lavoro nella sanità, un centinaio qui dentro, e i tagli ricadono inevitabilmente sui lavoratori, soprattutto quelli precari degli appalti, e sugli utenti. Assieme ad altre categorie sindacali, abbiamo fatto tante iniziative per la stabilizzazione dei precari della ricerca. Ma è necessario avere strumenti più incisivi per colmare le tante differenze e ingiustizie nel mondo del lavoro. In tal senso, la Carta dei diritti può dare davvero una mano. Come lavoratori del pubblico impiego, portiamo avanti le proposte della Carta, ad esempio, incentivando i contratti di filiera, per tutelare i precari, dando loro parità di lavoro e parità di salario. Dobbiamo altresì coniugare lavoro pubblico e lavoro privato, dal lato dei diritti e delle condizioni di lavoro. Tutto questo, nell’interesse dei cittadini. Facciamo camminare insieme la Carta e il rinnovo dei contratti per rimettere al centro il tema del lavoro con la nostra idea d’inclusività. L’impresa è oltremodo difficile, ma non vogliamo sottrarci”. È quanto ha affermato Piero Aloisi, della Funzione pubblica Cgil del Gaslini.
“Lavoriamo 2-3 ore al giorno, e per il 70% siamo donne, nelle scuole, ospedali, strutture pubbliche come addetti alle pulizie o nella ristorazione – ha ricordato una delegata della Coop servizi di Genova –. Per noi, cambio d’appalto significa ogni volta perdere qualcosa, per effetto dei meccanismi al massimo ribasso. Siamo lavoratori invisibili e abbiamo bisogno di visibilità, di diritti e la nuova Carta della Cgil ci potrà ridare la dignità, una vera rivoluzione rispetto ai decreti legislativi dell’ultimo decennio. È sempre più netta la volontà di non rinnovare i contratti e flessibilizzare sempre di più, con lo smantellamento della legge 300/1970. Siamo arrivati ai voucher, altro che contratti a tempo indeterminato! Sono contenta di essere qui oggi, perché ho potuto finalmente esprimermi al pari di medici, infermieri, ricercatori, con la stessa dignità”.
Alessandro Raso, è un biologo molecolare e delegato Nidil. “Lavoro al Gaslini da quindici anni, con contratto a somministrazione. Sono un lavoratore precario, svolgendo un’attività di ricerca che mi obbliga a superare esami ogni anno. Qui coesistono tante persone che, a parità di lavoro, hanno i contratti più disparati. Il tema dell’inclusività è per me assai importante, ed è un bene che la Cgil si sia impegnata su questo documento: meglio tardi che mai. Qui non c’è mai stato un piano di stabilizzazione per i ricercatori precari: ogni volta l’istituto lo rimanda a data da destinarsi. Manteniamo a convivere sotto lo stesso cielo, ma con orizzonti diversi”.
È stato poi il turno di Patrizia De Marco, ricercatrice precaria. “Dal 1995 sto al Gaslini come ricercatrice, e ho avuto i contratti più disparati, cococo, cocopro e tanti altri, sempre come precaria. Ormai siamo invecchiati, ma i nostri diritti sono sempre rimpallati, rinviati, elusi. Ultimamente, facciamo scioperi alla rovescia per portare avanti le nostre rivendicazioni, anche contro le dichiarazioni del ministro del Lavoro Poletti, che ha detto che i ricercatori non sono lavoratori come gli altri. Abbiamo fatto tanti presìdi, manifestazioni di ogni tipo, ma oltre a Nidil, le altre categorie sindacali della Cgil non ci hanno mai appoggiato: siamo soli. E forse anche il sindacato dovrebbe fare autocritica per il mancato riconoscimento dei nostri diritti. Auspico che si possano mettere in atto e sanare un precariato storico della ricerca, che non riguarda solo il Gaslini, ma tutta la sanità e la ricerca italiana”.
Infine, ha preso la parola un’altra delegata Fp Cgil del Gaslini. “È in atto il tentativo di privatizzare il sistema sanitario e noi operatori siamo in una situazione difficile, soprattutto per noi che siamo un istituto di eccellenza. Perciò, aderiamo a un’iniziativa popolare come la Carta dei diritti, che tutela i principi fondamentali del lavoro e spero sia in grado di riaprire una nuova stagione, fonte di benessere e di crescita del Paese”.