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La Carta dei diritti universali del Lavoro è "una proposta di straordinario valore innovativo: è la prima volta che un sindacato prova a rimettere al centro il tema del lavoro, dei suoi diritti, in una logica universale rispetto a un quindicennio nel quale l'ideologia dominante ha messo al centro l'impresa". Lo afferma il segretario generale del Nidil Cgil, Claudio Treves, ai microfoni di RadioArticolo1 nella trasmissione "Italia Parla" (ascolta il podcast integrale).
"Dalla Costituzione in poi - riflette Treves - il rapporto di lavoro è una relazione diseguale tra due soggetti diseguali: il compito del diritto della legislazione è quello di tutelare il contraente debole, ovvero il lavoratore". I risultati delle politiche di questi anni, che hanno agito in senso contrario "li vediamo sotto gli occhi proprio in questi giorni". Il testo della Cgil dunque "ha lo straordinario coraggio di provare a ribaltare questa impostazione, attraverso una Carta che dice che bisogna riconoscere i diritti di tutti, a prescindere dal lavoro svolto, dalle dimensioni dell'impresa e dalle caratteristiche del lavoro. Una grande novità che è il cuore della Carta".
Il segretario del sindacato degli atipici parla poi della natura della Carta. "E' un lungo documento di 64 pagine e 97 articoli - spiega -, è fatto sinteticamente di tre parti: la prima di rango costituzionale, che prevede il riconoscimento dei diritti a prescindere dalla modalità con la quale la prestazione lavorativa viene svolta. Si afferma il diritto al lavoro, al lavoro dignitoso, il divieto di discriminazione, il riconoscimento in caso di malattia, maternità, infortunio, e il diritto all'aggiornamento che è nuovo rispetto ai diritti 'storici'". La seconda parte riguarda lo strumento per esercitare questi diritti: "Si stabilisce la disciplina dell'attività di contrattazione, con un punto di approdo rilevantissimo che è quello dell'applicazione degli articoli 39 e 46 della Costituzione, ovvero il riconoscimento del valore universale della contrattazione svolta da soggetti che operano in un regime democratico. Si afferma il diritto al ruolo che i lavoratori possono svolgere nei confronti della loro impresa, che va sotto il titolo "partecipazione"".
La terza parte si applica a declinare le nuove forme di impiego, contratti e tipologie occupazionali. "C'è un punto che di solito è assente nella discussione pubblica - così Treves -, ovvero che questa parte affronta le forme con cui l'impresa si è trasformata. Negli ultimi anni le aziende sono diventate sempre più una coabitazione tra forme di lavoro diverse, e qui torniamo al nostro sindacato degli atipici. Oggi un'impresa è un insieme di imprese: ci sono quelle che lavorano in appalto, le esternalizzate, le cessioni di un ramo d'azienda e molte altre. All'interno troviamo lavoratori dipendenti, autonomi, a tempo indeterminato, precari. Tutelare queste persone - conclude - è il vero nodo che il sindacato ha di fronte".