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Con le proposte contenute nel “Job Italia”, cioè con sgravi fiscali ben mirati sul costo del lavoro, si genera un circolo virtuso che può creare centinaia di migliaia di posti, oltre il doppio di quelli previsti dalle stesse imprese. Lo afferma Luca Ricolfi, editorialista del Sole24Ore, illustrando il suo progetto (messo a punto assieme alla Fondazione Hume) nel corso di un seminario della Cgil dedicato alle politiche del lavoro oggi (21 gennaio) a Roma. Una proposta avanzata a marzo e perfezionato poi a settembre 2014 "che ha avuto più eco nel sindacato, soprattutto da parte della Cgil. È piaciuta a Unioncamere, Unione Industriale di Torino e Confartigianato. Registra invece un assordante silenzio del governo della Confindustria”.
Nella società italiana, ha spiegato, ci sono tre grandi porzioni. Chi ha garanzie (i dipendenti pubblici e quelli di grandi aziende, circa 10 milioni); chi è a rischio (gli autonomi e i dipendenti delle piccole imprese, altri 10 milioni); infine gli esclusi, quelli che non trovano lavoro, che non lo cercano più, compreso chi è finito nel lavoro nero, in totale sono oltre 10 milioni di persone. “Questo è il nostro problema: nessun paese Ocse, eccetto la Grecia, ha una concentrazione del lavoro su così poche persone come avviene in Italia. Nel paese Ocse medio lavora 1 su 2, in Italia 1 su 3. Per stare nella media dovremmo avere quasi 30 milioni di posti di lavoro, invece ne abbiamo 22-23. Non ci si può permettere il lusso di programmare per il 2018 un tasso di disoccupazione di oltre l'11% come fa il governo. Perciò la priorità assoluta non è la trasformazione da precario a stabile, è creare posti per gli esclusi e ridurre l'area del lavoro nero”.
L'idea del Maxi job, poi trasformata in Job Italia, parte dal fatto che il costo del lavoro in Italia è eccessivo. “Molte imprese - afferma - pianificano di incrementare l'occupazione a lungo termine, ma nessuno sa quanti posti di lavoro verranno creati. Secondo le nostre stime, il nostro ordine di grandezza è di 300-400.000 in un anno. Ma se ci fossero gli sgravi contenuti nel Job Italia, se pianificano 300 diventano 340, cioè un aumento del 40% dell'occupazione addizionale, che assicura la parità di gettito. In tal modo, la pubblica amministrazione non solo non avrebbe perso un euro, ma avrebbe avuto un gettito occupazionale cospicuo. Ciò significa che se le imprese pianificano 300.000 posti di lavoro questi diventano quasi un milione, cioè circa 700.000 nuovi posti di lavoro in più di quanto ha pianificato il Governo”. Ancora un esempio numerico. "Se abbiamo 100mila assunzioni - sostiene l'economista -, lo Stato spende in contributi sociali 1 miliardo di euro; se le assunzioni diventano 200mila, ci costano 2 miliardi. Ma queste assunzioni generano anche altre tasse, per la precisione 2 miliardi di tasse, con le quali puoi pagare i contributi sociali a tutti”.