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La fotografia del sistema dell'istruzione e della conoscenza che l'Istat ci consegna conferma in larga misura quel che come Flc Cgil diciamo ormai da anni. Nonostante alcune buone notizie sui progressi effettuati, le forme della disuguaglianza sociale restano praticamente intatte. Infatti, scrive l'Istat nel suo Rapporto, "le condizioni di partenza continuano a incidere sui percorsi e i risultati dell'istruzione, attribuendo maggiori chance relative a chi proviene da famiglie più istruite". Un dato confermato anche dalle ultime statistiche dell'Ocse. Infatti, sostiene Istat, la strada dei figli appare tracciata già prima dell'università, nella scelta del tipo di scuola superiore: nel 2016, "ha conseguito un diploma liceale quasi il 60% dei diplomati con genitori laureati, il 30% di quelli con genitori in possesso di un titolo di istruzione secondario superiore e appena il 21% dei figli i cui genitori hanno al più la licenza media".
Sembrano risuonare nella loro attualità le parole profetiche di don Lorenzo Milani sulla immobilità sociale dell'istruzione, che resta uno dei fattori chiave per comprendere il fenomeno delle differenze e delle disuguaglianze tra aree del paese, depresse e ricche, tra sud e nord. Si tratta di fratture reali e drammatiche, tra scuola e scuola, tra studenti, tra famiglie, alle quali avrebbe dovuto porre rimedio una giusta riforma della scuola. Al contrario, la Legge 107 del 2015, ha puntato sull'ideologia della competizione e ha colpevolmente riportato nella scuola forme di autoritarismo, di cui avremmo volentieri fatto a meno. Sono stati ignorati e aggravati i problemi reali della scuola a partire dalla difficoltà nelle transizioni degli studenti che non hanno alle spalle famiglie istruite.
Dinanzi alle conferme dei dati Istat, per cui chi nasce in una famiglia educativamente povera tale è destinato a restare, occorre immediatamente dare seguito a una rifondazione costituzionale della scuola, a partire dall'articolo 3 per finire all'articolo 33. Non possiamo restare soddisfatti dei sia pur minimi progressi effettuati in questi anni. Restiamo il fanalino di coda tra gli stati europei, e non solo per le risorse, ma soprattutto per l'offerta di opportunità che forniamo alle nuove generazioni in termini di futuro, emancipazione, speranze di vita migliore. Non è migliore il quadro sulla ricerca a partire della spesa che continua a essere inferiore a quella delle altre maggiori economie europee (nel 2015, 1,3% del Pil contro una media poco superiore al 2,0% per l'Ue), con eccezione della Spagna.
Un paese come l’Italia con una profonda debolezza degli investimenti privati avrebbe dovuto fare della ricerca il primo degli investimenti a partire dalla stabilizzazione dei precari e da nuove assunzioni. La Flc Cgil conferma il suo impegno a lavorare duramente per un sistema di istruzione e ricerca costituzionale, democratica e inclusivo che finalmente riesca a ridurre le fratture e non sia più elemento essa stessa delle disuguaglianze sociali.
Francesco Sinopoli è segretario generale della Flc Cgil