PHOTO
Con oltre 14 milioni di persone l'Italia si aggiudica la maglia nera europea per numero di inattivi. Sono studenti, casalinghe, ritirati dal lavoro, ma anche giovani, donne e uomini che si dichiarano disoccupati e che si concentrano nella fascia di età tra i 25 e i 54 anni. Non è un fenomeno solo italiano, ma nel nostro Paese assume proporzioni eclatanti. E' quanto emerge da uno studio dell'Associazione Bruno Trentin della Cgil, realizzato elaborando i dati Istat tratti dalla 'Rilevazione Continua sulle Forze di Lavoro'.
Lo studio mette a confronto il mercato del lavoro italiano con quello europeo, evidenziando un'anomalia: nella penisola, a fronte di un tasso di disoccupazione di circa un 1 punto superiore alla media europea (12,7% in Italia e 11,6% nell’Eurozona a 18, secondo i dati del 2014), il tasso di occupazione è inferiore di oltre 8 punti rispetto alla stessa media (55,7% in Italia e 63,9 nell’Eurozona). L'incongruità tra i tassi di disoccupazione e di occupazione italiano nel contesto europeo, secondo l’ABT Cgil, si spiega con l’altissima percentuale di popolazione inattiva, che nel nostro Paese ha superato il 36%, dato che in Europa si ferma al 27,7%.
Analizzando le forze di lavoro potenziali (indicatore europeo di quanto potenzialmente potrebbe crescere la popolazione attiva), si evince che i 2/3 degli inattivi si dichiarano disoccupati, senza però soddisfare le due condizioni necessarie per rientrare nella definizione standard di disoccupazione (ricerca attiva di un lavoro e disponibilità di iniziarlo a breve). Si tratta, nell'ultimo trimestre del 2014, di 2,2 milioni di persone che non vengono conteggiate ai fini del calcolo del tasso di disoccupazione
“Recenti dati europei - sottolinea l'ABT Cgil - stimano che l'Europa tornerà all'occupazione pre-crisi tra il 2017 e il 2018. In ogni caso non si ridurrebbe apprezzabilmente il divario del tasso di occupazione italiano, che era di circa 8 punti inferiore alla media dell'Eurozona anche nel 2007”. Infine, secondo l'Associazione Bruno Trentin "per superare questa anomalia occorre generare in Italia una domanda di lavoro in grado di assorbire gran parte degli attuali disoccupati, e favorire una contestuale emersione della disoccupazione potenziale che si trova nell'inattività”.