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Negli ultimi giorni ci sono state due novità di rilievo in Europa: l’operazione di quantitative easing decisa dalla Bce e la vittoria di Syzira in Grecia. Due episodi importanti nel persistere della crisi e delle difficoltà del mondo del lavoro. Così il segretario confederale della Cgil, Nino Baseotto, intervenuto questa mattina ai microfoni di Radioarticolo1 (qui il podcast): “Quella decisa dalla Bce è un'operazione necessaria che stempera il rigore della politica monetaria seguita dall'Unione europea per volontà precisa soprattutto del gruppo di paesi che fanno riferimento la Germania. La vittoria di Tsipras è un'altra novità importante, credo che il segno politico di questa vittoria sia un colpo pesantissimo, una bocciatura sonora alle politiche dell'austerità e del rigore fin qui perseguite. Naturalmente ci sono delle specificità greche, specificità attinenti alla durezza e crudezza delle operazioni di risanamento decise dal precedente governo che hanno portato a una situazione di esasperazione e di insostenibilità sociale di grande parte della popolazione. Non cederei quindi a facili entusiasmi sul fatto che questo cambiamento si possa propagare automaticamente nel resto dell'Europa. Certo dobbiamo lavorare affinché Tsipras da primo ministro possa essere nelle condizioni di ottenere quanto promesso” (ascolta il podcast integrale).
Meno rosee le analisi se si passa alla situazione interna dell’Italia dove, ha aggiunto Baseotto, “a differenza di Tsipras Renzi fa solo propaganda contro il rigore e per un cambio di verso”, mentre poi le scelte concrete vanno in altra direzione. E si pensa naturalmente subito al Jobs Act che la Cgil oggi, nell’audizione alla Camera, ha di nuovo bocciato. “Il governo è partito dicendo che c'era il problema dei licenziamenti individuali e che per alcune fattispecie di questi bisognava cancellare l’articolo 18 – ha osservato il sindacalista –. Poi però, con un vero e proprio colpo di mano, si è passati anche ai licenziamenti collettivi. E così il Jobs Act sempre di più assume i tratti di un ritorno al passato: altro che rottamazione o innovazione. Il governo e la maggioranza del Parlamento hanno scelto un equilibrio legislativo che dà pienamente vigore alle ragioni dei datori di lavoro e toglie forza, dignità e valore a quelle dei lavoratori. Credo fermamente che Jobs Act e legge di stabilità, perdipiù, rappresentino per le imprese un disincentivo a investire in innovazione e qualità del lavoro”.
Il disincentivo rispetto a qualità e innovazione sono per la Cgil chiaramente legati al tema dei licenziamenti: “Le professionalità si costruiscono anche con l'esperienza maturata in un percorso lavorativo di un certo tipo – ha argomentato il segretario confederale della Cgil –. Se prevalgono invece le ragioni di cassa, se si preferisce mandare via l'operaio quarantenne per assumere, con un qualche contratto precario, un giovane, con chi si formerà questo giovane? Nel passato tanti giovani lavoratori hanno imparato a essere ottimi lavoratori grazie anche al fatto di essere stati accanto a lavoratori più esperti di loro che hanno potuto trasmettere il proprio sapere”. Per l’Italia in particolare una politica di questo tipo sarebbe letale, “perché la nostra sfida nella competitività globale si gioca sulla qualità del lavoro – ha continuato Baseotto –. Non credo che possiamo competere su una sfida quantitativa”.
Il segretario confederale della Cgil non ha parole tenere neanche per il provvedimento più sbandierato dal premier, gli 80 euro: “Sono un grande tweet. Mi spiego: sono stati una scelta giusta, ma per avere effetti dovevano essere accompagnati da una politica economica coerente, da altri provvedimenti tesi a rafforzare la domanda interna, il potere di acquisto di pensioni e retribuzioni. Renzi, invece, ha fatto un grande spot mediatico ma, insieme, una politica in assoluta continuità con il suo grande amico e predecessore Berlusconi. Una politica che considera il lavoro un costo e non una risorsa e una potenzialità per questo paese”.
Infine, il lavoro povero, la precarietà. “La Cgil “è impegnata nella raccolta di firme a sostegno di una legge di iniziativa popolare per regolamentare gli appalti. Credo che questo sia un terreno davvero importante, perché nel mondo degli appalti si annidano non solo grandi e piccoli fenomeni di illegalità e infiltrazioni mafiose, ma anche sacche enormi di lavoro povero e precario. Portare a casa una legge che ridia legalità e dignità al lavoro negli appalti sarebbe un grande traguardo. Trovo però triste che in un paese tra i più industrializzati del mondo debba essere il sindacato a farsi promotore di una legge così importante”.