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L'articolo che segue è tratto dall’ultimo numero di Idea diffusa, l'inserto sul Lavoro 4.0, che si può scaricare qui.
L’anno che si chiude consegna riflessioni importanti sul tema del cambiamento manifatturiero e sociale che va sotto il nome di Industria 4.0. In primo luogo, va registrato il dato della ripresa degli investimenti fissi da parte delle imprese: per la prima volta dalla crisi, l’Istat segnala un forte incremento negli investimenti in macchine e impianti. Per una ripresa economica robusta la voce degli investimenti fissi delle imprese è una componente essenziale, insieme a consumi delle famiglie ed esportazioni. Il dato dice che il piano Calenda, iniziato con il governo Renzi e continuato con il governo Gentiloni. ha iniziato a produrre effetti positivi. L’incentivo fiscale automatico è una misura di rottura, che ha lo scopo di invertire in breve tempo le aspettative degli agenti economici e avviare effetti a medio termine. Ora si tratta di verificare l’andamento degli investimenti nel momento dell’attenuazione dell’incentivo fiscale. Sarebbe importante far seguire ogni politica pubblica da un percorso di valutazione dell’impatto, anche allo scopo di migliorare in corso d’opera.
Adesso, dopo una fase di avvio incentrata sulla messa in dinamismo dell’investimento in macchine, occorre aprire una riflessione sugli aspetti organizzativi di Industria 4.0 e sull’impatto occupazionale. Gli analisti che hanno iniziato a studiare l’introduzione delle tecnologie 4.0 nelle aziende suggeriscono che siamo di fronte ad un’ambivalenza. Da un lato le tecnologie possono generare effetti di polarizzazione dell’occupazione, sostituendo i lavoratori nelle fasce intermedie di competenza e finendo per impoverire la forza lavoro. In questo scenario le macchine competono con gli uomini e l’automazione viene usata principalmente come strumento di abbattimento dei costi.
Dall’altro lato, al contrario, si trovano le esperienze nelle quali l’introduzione di 4.0 viene utilizzata come una leva per un profondo ridisegno organizzativo fondato sull’aumento di competenze delle persone. Qui l’automazione viene assunta come un’occasione per l’aumento di competenze della forza lavoro, che collabora con le macchine intelligenti. Ai lavoratori viene richiesto un aumento di capacità di controllo, di monitoraggio delle varianze e delle variabilità di produzione, di presa di decisioni a fronte di eventi imprevisti. L’intelligenza delle macchine non sostituisce ma fa da complemento a quella degli uomini.
La condizione perché si affermi il secondo scenario e non il primo è un drastico incremento della formazione e del personale. Si tratta di una buona occasione per ripensare forme e modi di progettazione e erogazione della formazione aziendale. Per farlo serve molto coraggio: serve anche una riflessione sul danno provocato al sistema produttivo dalla debolezza del canale professionale post-diploma di scuola superiore, che è il vero cuore dell’industria tedesca. È necessario quindi avviare una fase due, complementare al piano Calenda, da centrare sulle persone della fabbrica. Formazione, re-skilling, ampliamento dell’autonomia e delle responsabilità, valorizzazione delle competenze: si tratta di definire un’agenda dettagliata e aprire un nuovo cantiere.
Andrea Bonaccorsi è docente all’Università di Pisa e coordinatore dell’Advisory Board Industria 4.0 della Regione Toscana