In che modo sarà possibile governare la quarta rivoluzione industriale in una regione come la Puglia, che vanta eccellenze della produzione e della ricerca, ma che per gran parte presenta un tessuto fatto di piccola e media impresa, in cui l’orientamento verso innovazioni tecnologiche basate sulla digitalizzazione appare poco diffuso? “Bisogna partire dalla centralità del lavoro e dalle necessarie competenze che servono per stare al passo con questa trasformazione dei metodi di produzione – spiega Salvatore Arnesano, del dipartimento Attività produttive della confederazione regionale –, soprattutto per non esserne travolti. In uno scenario come il nostro va detto che quasi la metà dei lavoratori dispone di competenze tecnologiche basse, appare dunque problematico far decollare con facilità il concetto di Industria 4.0. Per questo la priorità è per noi innalzare i livelli di competenze: l’investimento nella formazione sarà la condizione necessaria per governare il cambiamento tecnologico in atto”.

Esemplificativi alcuni dati di questo gap che vive il sistema produttivo regionale: la Puglia esprime solo il 2 per cento dei brevetti high tech italiani, il 3,7 per cento delle start up innovative, il 7,3 per cento delle piccole e medie imprese innovative. Ma “Industria 4.0”, espressione dal copyright tedesco, non indica solo la tendenza all’integrazione delle nuove tecnologie per migliorare la produttività e la qualità delle imprese, è anche il nome della risposta italiana alla rivoluzione in atto, ovvero il Piano nazionale predisposto dal ministero dello Sviluppo economico, 13 miliardi di impegno pubblico per incentivare e sostenere gli investimenti privati per tecnologie, ricerca, innovazione. “Noi siamo tra quelli che credono ci possa, anzi ci debba essere un governo per questa rivoluzione, senza che si lasci mano libera al potere economico – osserva Arnesano –. Per questo la Cgil ha lavorato a livello nazionale per costruire un suo progetto e una sua proposta, affinché questa rivoluzione sia al servizio dell’uomo e dei suoi bisogni e affinché nella cabina di regia del Piano nazionale si possa prevedere l’ampio coinvolgimento e la rappresentanza delle forze sociali, delle imprese come dei lavoratori”.

Una cabina di regia, quella predisposta dal Mise nel Piano nazionale Industria 4.0, che vede la Puglia partecipare con la presenza del Politecnico di Bari tra i poli della ricerca pubblica, assieme a Milano e Torino e alla Scuola superiore di Pisa. “C’è bisogno di una consapevolezza e di una visione che tenga conto della complessità del fenomeno – afferma ancora Arnesano –, che si collega anche all’invecchiamento strutturale della forza lavoro nel nostro Paese, sia per effetto dei mutamenti demografici, sia per l’allungamento della vita lavorativa. Nella quarta rivoluzione industriale va messo in conto anche questo: si dovrà rimodellare il sistema di welfare”.

Per Vito Sandro Leccese, docente di Diritto del lavoro all’Università di Bari, “la tematica pone una pluralità di questioni. Al giurista, che con il contributo di altre scienze ha il compito anzitutto di delimitare il campo d’indagine, dalle attività da remoto allo smart worker, dal lavoratore che utilizza dispositivi tecnologici indossabili all’uberizzato, e quello di enucleare i problemi realmente nuovi che la digitalizzazione pone sul piano della regolazione giuridica dei rapporti di lavoro, concernenti orario e salario, formazione, sicurezza, qualificazione dei rapporti, in alcuni casi. Ma anche al sindacato, che deve interrogarsi sia su questi aspetti, sia sulle modalità attraverso cui accrescere la propria capacità di entrare in contatto con un mondo del lavoro che è dislocato altrove rispetto alla tradizionale struttura organizzativa, intercettare i nuovi bisogni anche individualizzati, senza dimenticare la propria ineludibile opera di sintesi, di mediazione degli interessi”.

Un insieme complesso e articolato di questioni, cui la Cgil della Puglia ha deciso di rispondere mediante la costituzione di un gruppo di lavoro a livello regionale. “Anche il sindacato è chiamato a innovarsi, a pensare a strumenti e pratiche nuove che vanno condivise – conclude Pino Gesmundo, segretario generale della Cgil pugliese –. Un obiettivo che dobbiamo perseguire, sviluppare ed estendere a partire da una forte relazione con i territori, assieme ad associazioni, istituzioni, università. Dobbiamo evitare che, soprattutto nel Mezzogiorno e in particolare in Puglia, le opportunità che derivano dal Piano nazionale non si trasformino in beffa o danno. I lavoratori e le loro rappresentanze devono avere un ruolo forte. Al centro della rivoluzione industriale per la Cgil non può che esserci il valore del lavoro”.