Ieri la polizia ha iniziato lo sgombero dei manifestanti di Occupy Los Angeles che si erano raccolti nella piazza di fronte al City Hall della città californiana. La polizia, come riporta il sito del 'Los Angeles Times', ha chiesto ai giornalisti e ai fotografi non autorizzati di lasciare l'area. La richiesta ha fatto infuriare i manifestanti che hanno gridato al "black out mediatico". Le forze dell'ordine hanno effettuato un numero molto elevato di arresti, circa 200.

In una conferenza stampa il sindaco di Los Angeles, il democratico Anthony Villaraigosa che in passato aveva espresso simpatia per il movimento, ha voluto sottolineare come a Los Angeles si sia scelta una linea diversa da quella di New York o dalle altre città dove la polizia ha operato degli sgombri violenti dei campi degli indignati.

"Voglio dire che qui a Los Angeles abbiamo scelto un altro cammino e l'abbiamo fatto - ha detto il sindaco - non ho mai visto una polizia più professionale e controllata in una situazione veramente difficile". Da parte sua il comandante della polizia di Los Angeles, Andrew Smith, ha volto "ringraziare i dimostranti che hanno permesso che noi portassimo a termine la nostra operazione senza il ricorso alla forza".

Uno scenario simile si è ripetuto quasi alla stessa ora anche a Philadelphia, dove sempre con 48 ore di ritardo sulla scadenza dell'ultimatum posto dal sindaco Michael Nutter, la polizia è intervenuta per smantellare l'accampamento degli indignati, eretto anche in questo caso nei pressi del municipio.

A due mesi e mezzo dall'inizio del movimento nato nello Zuccotti Park di New York, sono dunque pochi i campi che ancora resistono nelle grandi città degli Stati Uniti. Uno dei più significativi è quello di Washington, allestito nei pressi della Casa Bianca, che però secondo voci sempre più diffuse sembra avere ormai i giorni contati a causa di una crescente insofferenza delle autorità locali.