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Nel documentario Indebito, che andrà in onda oggi (venerdì 6 giugno) in prima serata sul canale Rai 5, non c’è solo la crisi economica, ma il ritratto di un disfacimento identitario che investe l’intera vita andando oltre l’aspetto puramente finanziario. Il film – diretto da Andrea Segre, co-firmatario della sceneggiatura insieme a Vinicio Capossela – è stato presentato in occasione dell’apertura della 66° edizione del Festival di Locarno e poi proiettato in contemporanea, solo per una sera lo scorso 3 dicembre, in una settantina di sale italiane.
Ottantasette minuti girati nelle strade e nelle taverne greche alla scoperta della musica come antidoto alla recessione. Perché oltre alla crisi, la principale protagonista del film è proprio la musica. In particolare il rebetiko, il genere folk che per i greci rappresenta il corrispettivo del tango per gli argentini, del fado per i portoghesi o del blues per gli americani. Indebito riporta agli occhi degli spettatori le conseguenze della povertà: la marginalità, la disperazione, il disagio sociale che si traduce nell’alcolismo e nel consumo di droga. Attraverso le immagini il regista Andrea Segre descrive la rabbia del popolo greco e tutta la frustrazione riassunta nelle scritte sui muri e nelle vetrine spoglie dei negozi.
Vinicio Capossela, invece, è sia autore che protagonista del documentario. Nei panni del viandante ripercorre la tradizione musicale e poetica dei rebetes, incontrando però i ribelli contemporanei, quelli che accompagnati dal suono del bouzouki narrano le storie di emarginazione con passione e malinconia. “Se l’uomo capisse che si vive soltanto una volta e mai più, probabilmente non sarebbe disposto a passare la vita come la passa. Allora questa musica è rivoltosa perché accende in noi la consapevolezza che ogni attimo è eterno, perché è l’ultimo. È quello che ci invidiano gli dei”, afferma Capossela. Le tematiche affrontate nelle canzoni toccano le esperienze più disparate: dalla miseria all’amore, dalla prigione alla ricerca di una alterazione che consenta di dimenticare i problemi. Tutto questo per comunicare con autenticità una sofferenza dell’animo che trova sollievo solo nella condivisione. Ma soprattutto per riattivare la ribellione sopita nel cuore di coloro che cantano e ascoltano.
Come dichiara Andrea Segre: “Nel nostro paese si è persa la tradizione della canzone popolare come strumento di protesta, a parte la taranta in Salento e alcune altre piccole realtà del meridione. Il percorso del rebetiko è più urbano e nazionale. La sua diffusione popolare è molto forte. Abbiamo fatto questo viaggio perché la Grecia è diventata il paese simbolo della crisi economica”. In questo film si parla di diseguaglianza e di indigenza materiale che si trasformano in una fuga da se stessi perché in debito di qualsiasi prospettiva.
“Negli anni – prosegue Segre – abbiamo assistito alla crescita della povertà intesa come incapacità di raggiungere la felicità sulla base del potere d’acquisto. Con la voracità del consumo ci hanno fatto credere che potevamo comprare la felicità. Ma non era vero. Per questo dobbiamo, tutti, rivedere il significato di quello che realmente conta nella vita. E dobbiamo anche esprimere tutta la rabbia per la diseguale distribuzione della ricchezza. Ecco, mi aspetterei di vedere in giro più eventi e concerti contro la ricchezza, piuttosto che contro la povertà”.