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Argomento, la legge di Stabilità 2016, appena approvata in Parlamento. Il commento è di Morena Piccinini, presidente dell’Inca, intervenuta a Italia parla, la rubrica di RadioArticolo1.
“Attraverso una mobilitazione intensissima e con l’ausilio di esponenti delle istituzioni, siamo riusciti a limitare i danni, riducendo i tagli per i patronati dai 48 milioni iniziali ai 15 attuali – ha esordito la dirigente sindacale –. Ma il sacrificio rimane enorme, perché va ad aggiungersi ai 35 milioni di tagli dell’anno scorso, con ricadute molto pesanti sule attività delle Camere del lavoro. A questo punto, temo venga snaturata l’idea dell’assistenza, della tutela gratuita ai cittadini, e penso che l’accanimento nei nostri riguardi, da parte del Governo, abbia diverse motivazioni: da un lato, c’è un aspetto culturale, prima ancora che economico, cioè si fatica a comprendere l’importanza di offrire un servizio gratuito ai cittadini per accedere ai servizi pubblici. Certo, se la pubblica amministrazione fosse efficiente come dovrebbe, non ci sarebbe bisogno di un servizio di mediazione come il nostro. Invece, il bisogno c’è, perché non siamo davvero nelle condizioni ottimali. In secondo luogo, vi è una motivazione economica, che fa dire al Governo che tutti devono fare sacrifici, compresi coloro che utilizzano i servizi di tutela. A mio giudizio, c’è anche una terza motivazione, quella di voler indebolire ulteriormente le organizzazioni sindacali attraverso i loro servizi di tutela. La metto per ultima, non perché credo sia meno importante, ma perché faremo di tutto per contrastare questa idea, e faremo di tutto per evitare che le persone subiscano danni o abbiano contraccolpi dai tagli imposti”.
“Ulteriori danni possono arrivare dai decreti applicativi della riforma dei patronati – ha continuato la responsabile dell’Inca –: sono decreti fatti male e in fretta, data anche la mancanza di confronto e di competenza in materia. Chiediamo al Governo di ricostituire il tavolo negoziale e di prendersi l’impegno, assieme ai patronati, di costruire un perimetro di regole per evitare approssimazioni o libere interpretazioni in materia. Noi vogliamo arrivare a regole certe e chiare per tutti. La riforma dei patronati ha tre finalità: in primis, razionalizzare il panorama dei patronati, cosa che, in realtà, non è avvenuta, perché non è stato fatto alcun cambiamento rispetto al quadro iniziale, tranne accorpamenti tra piccoli patronati; in secondo luogo, prevedere nuove possibilità di attività di riconoscimento del valore del patronato, attraverso convenzioni con le pubbliche amministrazioni e soggetti pubblici e privati, così da divenire un agente del welfare non solo verso Inps, Inail o ministero dell’Interno, ma in senso lato, per quanto riguarda il welfare locale, a sua volta poco o nulla regolamentato. In terzo luogo, c’era la previsione di poter applicare un contributo su alcune prestazioni, e ciò sembra quel che interessa di più alla maggior parte dei patronati, con una grande sollecitudine e ansia di arrivare a mettere a pagamento prestazioni che prima erano del tutto gratuite. Su questo, siamo decisamente poco interessati; invece, vorremmo che l’efficientamento fosse fatto attraverso una riorganizzazione delle regole per i patronati e una maggior trasparenza per tutti, anziché facendo pagare i cittadini. Certo, con i tagli rischiamo di avere una scelta imposta dal Governo e non ci pare la soluzione migliore”.
"Nel dettaglio dei decreti applicativi della riforma – ha concluso Piccinini –, si parla di convenzioni con la pubblica amministrazione: supponiamo che la pa decida di convenzionarsi con soggetti esterni, per quanto concerne una gamma di servizi pubblici, ad esempio l’anagrafe informatizzata, e supponiamo che la stessa anagrafe attribuisca quel rapporto convenzionato a un solo patronato e che non ci sia alcun elemento dovuto di pubblicizzazione di quegli atti: ciò significherebbe che un servizio universale verrebbe gestito in convenzione con un unico soggetto, a fronte di 28 patronati che fanno tutti le stesse attività sul panorama nazionale. Dunque, noi diciamo che c’è un gap di trasparenza nei decreti applicativi della riforma. Quando si tratta di servizi universali, ci devono essere atti di evidenza pubblica, perché non può essere che, nei rapporti con la pa, chi prima arriva ad acquisire una convenzione gestisce poi il servizio per tutti. Finora, la caratteristica dei patronati è stata quella di avere una gamma di attività che tutti quanti dovevano fare, con regole generali uguali per tutti, ma nel momento in cui le convenzioni lasciano il posto alle differenziazioni tra un patronato a l’altro, possono lasciare il posto anche a forme di ridotta trasparenza, e, a volte, pure di arbitrio, e non credo sia una prospettiva giusta, perché si esce dall’universalità del servizio offerto”.
"Su questi aspetti, continueremo a mantenere un atteggiamento che mira a sensibilizzare il Governo. Proprio oggi, abbiamo ricevuto dal ministero dell’Economia, con grosso ritardo, il compenso per il nostro lavoro, che è risultato inferiore di 50 milioni rispetto alla somma stanziata nel bilancio dello Stato: vorrei sapere a che gioco si sta giocando, perché quei soldi erano un diritto acquisito, dato dal fatto che l’attività è già stata svolta. Da un lato, quindi, siamo riusciti a contenere le decurtazioni inizialmente previste; dall’altro, il Governo, senza spiegazioni, ha trattenuto una parte dei soldi a noi destinati: questa è davvero un’ingiustizia, vogliono provocarci fino al punto di rompere ogni legame con il lavoro fatto finora. Su tale piano non cederemo, e faremo di tutto per far capire a Renzi che sta sbagliando”.