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L'autore di questo articolo ha appena pubblicato “Lavoro senza padroni” (Baldini&Castoldi), Un reportage alla Michael Moore nel mondo delle imprese recuperate, tra le vite di lavoratori “scartati” dalla globalizzazione che si sono reinventati un futuro sostenibile.
L’ultima arrivata, in ordine di tempo, nella galassia delle aziende recuperate è una cooperativa quasi tutta al femminile. Si tratta della lavanderia industriale di Porto Garibaldi a Comacchio, chiusa nel 2013 a causa della riorganizzazione della Servizi ospedalieri spa e ora in procinto di riaprire. Quando la società, che come si può facilmente intuire serviva gli ospedali della zona, chiuse, i lavoratori furono ricollocati all’interno delle società del gruppo Manutencoop, che controllava la Spa al 100 per cento. Ma in quindici decisero di opporsi e di mettersi in proprio e provare a ripartire, con l’obiettivo, una volta avviati, di crescere e far rientrare anche altri ex colleghi.
La cooperativa Il Girasole servirà da lavanderia non solo per ospedali e cliniche, ma anche per i campeggi della zona. I 15 soci lavoratori della cooperativa, 12 dei quali donne, hanno investito il Tfr e la mobilità e ripartiranno da gennaio, facendo salire a 17 il numero delle fabbriche riavviate dai lavoratori nella sola Emilia Romagna, a 253 in tutta Italia e a un numero non precisato nel resto del continente.
Nella sola Francia, la lotta degli operai della ex Fralib di Gémenos, in Provenza, ha fatto scuola. Le tisane biologiche autoprodotte dagli ex dipendenti dismessi dall’Unilever sono disponibili nelle grandi catene di supermercati dagli inizi di settembre, e l’esempio vincente dei “fralibiens”, tornati padroni del loro lavoro dopo 1336 giorni di occupazione dello stabilimento, è stato seguito a ruota da numerose altre aziende in crisi, a cominciare dai “gelatai” dell’ex Pilpa di Carcassonne, che alla fine di maggio hanno ricevuto persino una visita del presidente della Repubblica Francois Hollande.
Si potrebbe continuare a lungo: dai mobili della Cuin Factory catalana, dove persino il padrone si è lasciato recuperare dagli operai, entrando in cooperativa con loro, al caso Grecia, dove il network Solidarity4all, sotto il cui cappello gravitano decine di ambulatori e farmacie sociali, ha creato una sezione apposita per il movimento dei “workers buyout” (a partire dalla Vio.Me. di Salonicco, definita dalla giornalista-scrittrice canadese Naomi Klein, autrice di un documentario sulle fabbriche recuperate in Argentina, un “esempio anti-shock”), mentre il governo Tsipras ha nel suo programma, troika permettendo, una legge per le fabbriche recuperate.
In Italia, solo negli ultimi mesi, da nord a sud sono nate diverse esperienze interessanti
E in Italia? Solo negli ultimi mesi, da nord a sud sono nate diverse esperienze interessanti: dal centro commerciale di Partanna Mondello, in provincia di Palermo, recuperato alla mafia, alla prima birra autoprodotta. E’ quella dello storico Birrificio Messina (presentata all’Expo di Milano), passata dalla Dreher all’Heineken e a un tentativo di recupero degli eredi dei proprietari originari, fino agli ex lavoratori. La cooperativa Il Girasole è l’ultima arrivata, grazie al finanziamento di Coopfond (il fondo mutualistico alimentato dal tre per cento degli utili annuali delle cooperative aderenti a Legacoop, di Cooperazione finanza sviluppo (il fondo partecipato dal ministero dello Sviluppo economico) e da Banca Etica. In totale si tratta di 900 mila euro, che sono serviti ad acquistare impianti e macchinari all’avanguardia. Ora, il business plan prevede un fatturato di un milione per il primo anno di attività.
Ma è tutto oro quel che luccica? Non sempre. I dati dell’Eurisce (l’Istituto di ricerca europeo sulle cooperative e sulle imprese sociali) spiegano che il tasso di sopravvivenza, a oggi, delle fabbriche recuperate negli anni ’80 e ’90 è del 36 per cento, ma bisogna tener conto che “si trattava in tutti i casi di salvare imprese in gravi difficoltà al momento della loro conversione”. Conclusione: “quando adottata, questa forma cooperativa è effettivamente in grado di superare situazioni di crisi e di stabilizzare e sviluppare l’attività produttiva a beneficio non solo dei soci lavoratori, ma anche del contesto socio-economico di riferimento”.
La difficoltà maggiore è forse quella di ripartire
Insomma, la cura appare efficace ma non sempre il paziente si salva. Ma la difficoltà maggiore è forse quella di ripartire: un mega centro commerciale del napoletano è stato dato alle fiamme prima dell’apertura, mentre all’altro capo d’Italia, nella pasoliniana Orcenico, il tentativo di recupero della Ideal Standard segna il passo. Dopo la lotta, è necessario non solo trovare i capitali ma banche disposte a fare credito e commesse in grado di far stare sul mercato la nuova attività. In buona sostanza, per le barchette recuperate l’importante è riuscire a prendere il largo, poi sarà più facile galleggiare.