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Il gip Patrizia Todisco ha firmato nel pomeriggio il provvedimento di sequestro senza facoltà d'uso di 6 impianti dell'area a caldo dell'Ilva di Taranto e misure cautelari per alcuni indagati nell'inchiesta per disastro ambientale a carico dei vertici dell'Ilva di Taranto.Arresti domiciliari per il presidente Riva e altri sette.
SCHEDA: le disposizioni del giudice
Migliaia di lavoratori hanno subito lasciato il lavoro e si sono incamminati verso il centro della città. Si sono fermati per po' nella zona del ponte girevole di Taranto, loccando le strade di accesso e la città si è completamente bloccata. Un corteo imponente come quello che ieri per alcune ore ha invaso le statali 100 e 106, per Bari e per Reggio Calabria. I lavoratori hanno manifestato tutta la loro preoccupazione per il sequestro degli impianti e le inevitabili ricadute occupazionali della la tempesta giudiziaria che si è abbattuta sul loro stabilimento.
In prevalenza si è trattato di operai del primo e del secondo turno, mentre in fabbrica è rimasto un numero di persone superiore a quello previsto dalle comandate. "La decisione di uscire è stata improvvisa - ha detto il segretario provinciale Fim Cisl Cosimo Panarelli - e quindi la produzione non è stata fermata. Tutta la ghisa che è in lavorazione sta seguendo il suo naturale ciclo altrimenti uno stop improvviso avrebbe gravi ripercussioni sugli impianti. Le procedure di sicurezza possono scattare solo dopo che sarà stata smaltita la ghisa in produzione". Il corteo, intanto, dal ponte girevole si sta dirigendo verso la Prefettura.
"Stiamo andando in corteo in prefettura per un incontro con il prefetto, attendiamo di conoscere il merito degli atti del Tribunale di Taranto": spiega il segretario della Fiom di Taranto Donato Stefanelli, raggiunto telefonicamente da Tmnews, sottolineando che al momento non è stato ancora ufficialmente comunicato il sequestro di una parte dell'impianto, quella dell'area a caldo. "Anche l'azienda - prosegue - che abbiamo sentito poco fa ha detto che non è stato notificato alcun provvedimento. Stiamo quindi cercando di capire cosa sta succedendo. E' un corteo assolutamente pacifico e tranquillo, vogliamo solo sapere che cosa sarà del nostro futuro".
La mattinata era passata tra momenti di grande tensione ed attesa per gli sviluppi dell'inchiesta. L'ordinanza del gip era stata depositata ieri sera. Da un paio di giorni lavoratori e sindacati tenevano alta la mobilitazione in vista di una stretta giudiziaria.
Nel frattempo, è stato firmatoa Roma un 'Protocollo d'intesa per interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto', che "identifica in maniera puntuale gli interventi da compiere per un importo complessivo di 336 milioni di euro". A dirlo è stato il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, precisando che "l'attuazione degli interventi è affidata a una cabina di regia coordinata dal presidente della Regione Puglia".
La firma del protocollo è arrivata oggi al termine una riunione al ministero che ha coinvolto anche le istituzioni locali e i sindacati. "Chiederò che il provvedimento di riesame (sulle misure della magistratura ndr) avvenga con la massima urgenza" ha affermato il ministro Clini. "Verrà affrontata l'emergenza - continua - per almeno 15mila persone in seguito a iniziative della magistratura che sta procedendo al sequestro e a altre misure cautelari".
In conferenza stampa col ministro, poi, il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola ha rassicurato: "La notifica di un provvedimento, sia pure senza concessione dell'uso, non significa automaticamente lo spegnimento della fabbrica".
Il sequestro, in ogni caso, disposto non significa automaticamente che gli stessi impianti cesseranno di funzionare nel giro di poche ore. Per spegnere gli impianti in questione, che hanno dimensioni gigantesche e caratteristiche molto particolari, e' necessario seguire una serie di procedure tecniche che richiederanno alcune settimane. Non e' un caso, ad esempio, che l'altoforno - uno degli impianti oggetto di sequestro - viene costantemente tenuto sotto controllo dalle cosiddette 'comandate', squadre di operai e tecnici specializzati che verificano il corretto funzionamento dell'impianto. L'altoforno e' anche uno degli impianti che, se finisse per essere spento, andrebbe praticamente in distruzione e non potrebbe essere riacceso per utilizzarlo di nuovo. Gli impianti dell'area a caldo del Siderurgico sono finiti sotto sequestro anche perché sono quelli che, per caratteristiche produttive, tendenzialmente scaricano nell'aria una quantità notevole di sostanze nocive.
(aggiornato alle 19:22)