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I sigilli all'Ilva di Taranto fanno tremare i polsi. Perché il colosso siderurgico pugliese è il più grande d'Italia. Con migliaia di operai e un indotto enorme, non solo in Puglia, ma su tutto il territorio nazionale. Un effetto domino che coinvolgesse gli altri impianti e le aziende che in qualche modo collegate all'Ilva tarantina avrebbe effetti catastrofici.
Come un paese di 12.000 abitanti
Lo stabilimento è una città nella città. 15 milioni di metri quadrati, serviti al loro interno da una rete ferroviaria di 200 chilometri, nastri trasportatori di 190 e strade per 50 chilometri. E' la più grande industria siderurgica italiana per numero di dipendenti diretti. Al 31 ottobre 2010, nello stabilimento erano in servizio 15 dirigenti, 91 quadri, 1.163 impiegati, 854 equiparati e 9.878 operai, per un totale di 12.001 addetti. Aggiungendo i 226 interinali, il personale in forza nella fabbrica ammontava a 12.227 unità, di cui il 98% costituito da uomini. Negli ultimi due mesi del 2010 hanno raggiunto l'età pensionale 306 persone e l'organico si è attestato a fine dicembre a 11.695 unità, mentre gli interinali sono scesi da 226 a 125.
"È da notare – spiega però la Regione Puglia citata dall'agenzia Dire - una componente considerevole di giovani dipendenti assunti in seguito all'applicazione a molti altri più anziani delle agevolazioni previste dalla normativa sui rischi derivanti dall'esposizione all'amianto, che ha comportato il pensionamento di tanti addetti e un fortissimo ricambio generazionale". L'80% dei dipendenti, infatti, è compreso nella fascia d'età tra 20 e 39 anni. Anche le persone impiegate nelle imprese di subfornitura sono inoltre una risorsa importante per lo stabilimento. Oltre ai dipendenti diretti, nell'impianto lavorano abitualmente migliaia di addetti di ditte appaltatrici, che variano secondo i lavori da eseguirsi e che erano pari al 31 dicembre 2010 a 2.702 unità.
Motore del territorio
Lo stabilimento rappresenta il 75% del prodotto interno lordo della provincia secondo Banca d'Italia e il 76% della movimentazione del porto della città, a detta dell'Autorità Portuale. "L'export della regione Puglia nel 2011 ha fatto segnare, record in Italia, una crescita del 19%. E di questo export un buon 50% è rappresentato dall'Ilva e dal suo indotto. Stiamo parlando quindi di un valore straordinario per l'economia". E' quanto afferma un preoccupato Angelo Bozzetto, presidente di Confindustria Puglia, che, in un'intervista a Labitalia, fa il punto sugli effetti che la chiusura dell'impianto potrebbe avere sull'economia regionale. "L'azienda rappresenta un nodo centrale non solo per l'economia di Taranto, ma di tutta la Puglia e anche dell'intero Paese".
Effetto domino
Due-tre giorni di autonomia, stimano i sindacati. Cinque giorni, una settimana al massimo, si allargano le fonti aziendali. Non resisterà comunque a lungo in attività l’acciaieria di Cornigliano, in provincia di Genova, un altro grosso sito dell'Ilva. Con i sigilli a Taranto, l’effetto a catena non è solo la paralisi di una delle più grandi fabbriche d’Europa, ma è la fine di un ciclo integrale che coinvolge anche gli stabilimenti di Genova e Novi Ligure ed è di fatto la parola fine - almeno per il momento - alla produzione italiana dell’acciaio. Solo Taranto, infatti, è in grado di produrre acciaio a partire dalla materia prima, carbone e minerale di ferro, grazie agli impianti a caldo che a Genova sono stati invece dismessi nel 2005, anche a seguito di una sentenza della magistratura. Senza i coils - le grandi bobine d’acciaio - che arrivano in Liguria via nave per poi essere lavorate, lo stabilimento è inattivo”. Il tutto senza contare le 20 milioni di tonnellate all'anno di materie prime acquistate da Taranto. Il blocco totale degli impianti, infatti, avrebbe ricadute pesanti anche sulle aziende che hanno l'Ilva come cliente principale.
Sviluppi
Sui provvedimenti che l'Ilva di Taranto potrebbe prendere per arrivare a una revoca parziale del sequestro, almeno per quanto riguarda la facoltà d'uso degli impianti, "il gip è stato molto dettagliato: si tratta di prendere dei provvedimenti seri che possano permettere una seria valutazione su cosa fare per evitare in futuro un problema ambientale". Lo ha detto il procuratore generale presso la Corte d'Appello di Lecce, Giuseppe Vignola in conferenza stampa a Taranto. Sulla questione, il comandante del comando provinciale dei carabinieri di Taranto, Daniele Sirimarco, ha invece spiegato che gli interventi di cui parla il Gip nel provvedimento di sequestro, sono "interventi tecnici che comportano delle spese e dei costi, da fare all'interno di una azienda che è anche molto grande”. Sono interventi - ha aggiunto - che vanno portati prima all'attenzione degli organismi tecnici competenti che li devono valutare e approvare. L'area è vastissima - ha concluso - e ci sono tanti punti in cui è emerso, sia nell'attività dei 40 giorni di monitoraggio che durante gli accessi fatti in azienda, che è necessario intervenire. Negli accessi, ad esempio, abbiamo riscontrato che in alcuni punti non c'è il rispetto totale della normativa vigente, ad esempio in materia di emissioni".
Il riesame
Si terrà il 3 agosto prossimo l'udienza davanti al tribunale del Riesame di Taranto del ricorso presentato dall'Ilva contro il sequestro degli impianti dell'area a caldo le misure cautelari nei confronti degli 8 indagati da ieri agli arresti domiciliari. In quell'occasione le migliaia di lavoratori coinvolti avranno qualche notizia di più sul loro futuro.